«La Rete un Far West: così si legittimano le scorrettezze»

Nel 2017 ha fatto parte di un Comitato scientifico su iniziativa di Igersitalia, l’Associazione degli Instagramers nazionali, che ha stilato un primo Codice per regolamentare il fenomeno dei content creator. Vatinee Suvimol, foodwriter con 97,7mila follower, vive a Bergamo ed è un avvocato.

Cosa pensa delle norme Agcom?

«Ammetto la delusione, sembra sia stata scoperta l’acqua calda: le operazioni commerciali sono sempre state regolamentate. Come avvocato e foodblogger, ero già stata interpellata. L’obiettivo era quello di contribuire alla crescita qualitativa del digitale».

Ci sono le norme relative alle prassi commerciali scorrette e sulla trasparenza della pubblicità sulla stampa.

«Nel 2017 il problema era già noto e “Report” lo aveva portato alla ribalta. Non esisteva una normativa mirata ai social, ma alcuni player del mondo digitale, me compresa, avevano avviato un progetto di autoregolamentazione all’insegna della legalità: il riferimento erano appunto le regole dei settori delle telecomunicazioni e dell’editoria, unitamente a quelle del Codice del consumo».

Un Codice di autodisciplina?

«Esatto, e quindi con queste regole e i corretti hashtag, è impossibile incappare nell’errore. Tali linee guida vengono già applicate dalle agenzie digitali, dalla maggior parte dei content creator e dai brand sui social».

Regole anche molto semplici.

«Infine è intervenuto lo Iap, l’Istituto dell’autodisciplina pubblicitaria, con la sua “digital chart”, un regolamento chiaro. Tuttavia l’Iap non è una autorità e c’è ancora una parte degli influencer che non si sente vincolata a questo Codice (o ne ignora l’esistenza): di fatto chi opera sui social, usa sempre gli hashtag: #ad e #adv, #incollaborazione, #sponsored per i progetti che rappresentano attività di comunicazione e promozione, veicolate tramite i contenuti; #gifted per regalìe nell’ambito di operazioni “seeding”; #invited per gli inviti presso eventi o strutture; #supplied per le attività concordate su base “barter”, cioè i cambi merce».

Ora l’Agicom parla di linee guida per influencer con oltre un milione di follower. E tutti gli altri?

«Questo il punto: la stretta deve essere per tutti e i controlli sono troppo pochi. Le nuove linee rischiano di legittimare il Far West delle micro influencer, fuori controllo anche nelle relazioni con piccole attività, senza il filtro delle agenzie che spesso fanno da garanti e che rischiano a loro volta di violare le norme».
Fabiana Tinaglia

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