«Lavoriamo all’unità nella diversità»

IL PELLEGRINAGGIO. I pellegrini col vescovo Beschi hanno visitato il Parlamento europeo e incontrato la Chiesa di Bruxelles: la pluralità delle lingue si scioglie in un senso comune. «Non trasformiamo le comunità in un ghetto».

L’Europa è lontana dalla gente? È un’istituzione che nei singoli Stati membri viene data per scontata e a volte fastidiosa? C’è un sentimento di distanza? A valutare dalla curiosità con la quale i pellegrini bergamaschi lunedì hanno visitato il Parlamento europeo, forse prima ancora di porci queste domande che rimbalzano spesso nei nostri Paesi – Italia compresa – sarebbe opportuno far conoscere meglio le istituzioni europee, gli obiettivi e l’importanza delle scelte fatte su delicatissimi equilibri internazionali, a partire dal motto «Unità nella diversità». I 200 bergamaschi sono potuti entrare nell’emiciclo del Parlamento dove si riuniscono 705 deputati per una rappresentanza di circa 450 milioni di persone.

La visita al Parlamento Europeo

All’ingresso le foto di rito e i selfie davanti alle 27 bandiere degli Stati membri. Una visita agevolata dal fatto che lunedì tutti gli europarlamentari erano riuniti nell’altra sede a Strasburgo in Francia. Nonostante l’assenza dei deputati, i bergamaschi sono rimasti sorpresi dall’imponenza degli edifici modernissimi e soprattutto dal rispetto che è previsto per ogni lingua madre degli Stati: nelle cabine che circondano l’emiciclo lavorano interpreti che in diretta traducono gli interventi dei parlamentari in 23 lingue (a cui si aggiunge il gaelico). Questa pluralità di lingue è stata più volte sottolineata nella presentazione dell’attività del Parlamento da parte di una giovane stagista di Como, una lezione di educazione civica che ha reso chiara l’importanza delle decisioni che si prendono in Europa e che ha posto l’accento sull’impegno dell’Unione europea perché le molte e diverse culture siano una ricchezza da valorizzare per un Continente sempre più unito. L’emozione di respirare l’importanza dei luoghi, dove si fanno scelte che impattano sulla vita di tutti i cittadini europei, è stata accompagnata dalla scoperta in città di una serie di gioielli architettonici, partendo dalla sua cattedrale dedicata a San Michele e Santa Gudula, la più importante chiesa del Belgio.

La vista alla chiesa di Nostra Signora del Sablon

La giornata si è conclusa in un altro edificio sacro, la chiesa di Nostra Signora del Sablon, dove i pellegrini bergamaschi hanno incontrato il vescovo ausiliare di Bruxelles, monsignor Jean Kockerols. Il suo intervento ha riportato l’attenzione dei bergamaschi sull’impegno delle Chiese locali e dei vescovi per far comprendere il progetto europeo e rafforzare l’unità. E non potrebbe essere diversamente quando si vive in una città con un milione e duecentomila abitanti, dei quali solo un quarto ha genitori belga, gli altri sono di origine straniera. «All’inizio – ha ammesso il vescovo Kockerols – è sempre una sfida. Vescovo e Chiesa sono chiamati all’impegno di costruire ponti e legami tra queste numerose comunità. Ma qui ho imparato a dire grazie in 23 lingue». Il vescovo ha raccontato ai pellegrini di essere «molto felice di poter lavorare con comunità straniere perché sono vera testimonianza della gioia di credere. Sono un esempio». Un elemento particolare che è emerso dal discorso del vescovo è che a Bruxelles la Chiesa lavora con tante famiglie: «C’è una tensione particolare sulle famiglie, così numerose e allo stesso tempo così fragili». Ma ciò che spicca è «la cattolicità della nostra Chiesa, qui è realtà perché le persone arrivano da un universo intero e si incontrano nell’unità. Ciò deve diventare un segno.

È una missione: lavoriamo insieme per evangelizzare, lavoriamo per costruire una Chiesa di testimonianza». Bruxelles è una città secolarizzata e lo stesso vescovo ha dichiarato che solo il 2-3% della popolazione va a Messa «ma chi va, lo fa per convinzione e non per tradizione. Cerca un senso. Ed è importante fare omelie che parlino alla gente». Monsignor Kockerols ha ricordato che inizialmente gli italiani sono arrivati in Belgio per lavorare nelle miniere, poi nelle istituzioni e ora giungono coloro che non trovano un impiego in Italia. «Il lavoro di accoglienza che qui fa il vostro don Claudio Visconti è prezioso. E infatti – dice sorridendo – ha firmato per almeno 25 anni!». Un attestato di riconoscenza che ha strappato il lungo applauso dei pellegrini bergamaschi. Il vescovo ausiliare di Bruxelles ha concluso ricordando che il motto dell’Europa è parte anche del lavoro della Chiesa: «Lavoriamo all’unità nella diversità. Non trasformiamo le comunità in ghetto, ma facciamo in modo che si conoscano e stiano insieme».

E ha aggiunto che pure le diversità di genere sono state superate nella Chiesa di Bruxelles: «Il mio consiglio è composto da 4 chierici e da 9 laici, di questi 7 sono donne e 6 uomini. E sapete chi considero il decano? Una donna. È la migliore. Perché sa ascoltare. Ai preti ho restituito il tempo del ministero, ai laici ho dato il coordinamento organizzativo. Per me è un’esperienza positiva». Parole concilianti, di unità, che il vescovo di Bergamo Francesco Beschi ha raccolto donando una copia anastatica dell’enciclica di Giovanni XXIII «Pacem in Terris» al vescovo ausiliare di Bruxelles Jean Kockerols e a monsignor Hrvoje Skrlec, incaricato dalla Nunziatura Apostolica presso l’Unione Europea.

© RIPRODUZIONE RISERVATA