Mafie favorite dalla crisi: in crescita usura, frode fiscale e riciclaggio

Il report. La criminalità organizzata nella Bergamasca non controlla il territorio ma investe proventi illeciti. Negli ultimi anni sono aumentati gli episodi di infiltrazioni criminali nel tessuto economico in difficoltà.

Sono presenze carsiche, sotterranee e poco visibili, ma che – di fronte all’affare giusto – emergono dall’ombra per allungare i tentacoli. Così si muovono i clan in Bergamasca, ormai da tempo. L’ultima conferma è arrivata ieri, condensata tra le oltre 200 pagine di un report redatto dall’Osservatorio sulla criminalità organizzata (Cross) dell’Università di Milano e da Polis Lombardia per conto della Commissione Antimafia del Consiglio regionale.

«La provincia di Bergamo non pare subire un controllo del territorio e un radicamento familiare ‘ndranghetista in pianta stabile. Piuttosto si coglie una predisposizione dei clan a dominare alcuni pezzetti del mondo criminale, con il tentativo di inserirsi in svariati settori dell’economia legale. La provincia sembra in tal senso terreno fertile per la criminalità organizzata per investire e riciclare denaro nel settore immobiliare», si legge nel capitolo dedicato alla Bergamasca.

Ma le presenze – anche strutturate – di mafiosi non mancano. Anche perché alcune caratteristiche puramente geografiche possono dare un assist ai clan: in terra orobica si rilevano «peculiarità storicamente favorevoli al radicamento di clan mafiosi: ad esempio la moltitudine di piccoli comuni e frazioni, tradizionalmente adatti per latitanze e primi insediamenti, o le discrepanze morfologiche, con l’alternanza di zone rurali a zone industriali, agglomerati urbani e piccoli comuni».

Tra frodi e riciclaggio

Oltre la rassegna storica dell’arrivo delle mafie in Bergamasca, c’è poi il focus sul presente. Meno militare e più propensa al cash, la criminalità organizzata è una presenza ricorrente: «Analizzando questi fatti di cronaca e le indagini giudiziarie concluse negli ultimi anni nella provincia di Bergamo – prosegue il report -, si è più propensi a parlare di criminalità economica, con l’usura che diventa il pericolo maggiore per gli imprenditori in crisi di liquidità. Tuttavia, ciò che si nota è una certa facilità da parte di una fetta dell’imprenditoria locale a entrare in contatto e ottenere servigi dalla criminalità organizzata, salvo poi essere strozzata perdendo la propria libertà e i propri beni. Emergono dunque i tipici reati di criminalità economica, frode fiscale, riscossione crediti, riciclaggio».

Pagina dopo pagina vengono messe in fila operazioni di polizia e indagini che hanno fatto luce su racket, frodi fiscali, tentativi di ripulire denaro di provenienza illecita. Ma ci sono anche i risvolti più legati agli effetti della pandemia, tra prestiti a strozzo e ripartenza dell’economia sporca: in Bergamasca, evidenzia il report, «oltre a quello relativo alla voce “usura” spicca anche il dato del riciclaggio che nell’ultimo biennio ha fatto registrare una impennata, specie nel 2020, forse spiegabile anche le dinamiche della crisi nel periodo di lockdown».

Gli effetti della pandemia

Il dossier – presentato venerdì 28 ottobre a Palazzo Pirelli – traccia una fotografia complessiva della Lombardia. «Un documento essenziale per il lavoro di prevenzione e di contrasto della criminalità organizzata nella regione», sottolinea Monica Forte, presidente della Commissione Antimafia del Consiglio regionale. Per Marco Alparone, sottosegretario alla presidenza di Regione Lombardia, il documento «è parte di un processo di costruzione di un modello che deve essere operativo sul territorio e richiede quindi analisi di contesto reali ed attualizzate».

Nando dalla Chiesa, sociologo dell’Università degli Studi di Milano e direttore dell’Osservatorio sulla Criminalità organizzata, ha diretto il gruppo di ricerca: «La crisi senza precedenti prodotta dal lockdown – scrive nell’introduzione – ha aperto varchi veloci e inaspettati in aree vitali dell’economia lombarda. Aree di penetrazione, di allargamento degli interessi e della presenza mafiosi, nelle quali si vanno accumulando i segni di un possibile effetto di sostituzione dell’impresa sana, indebolita e fiaccata dagli eventi, con una tipologia di impresa assai diversa: insofferente della legalità, in grado di mobilitare proprie e opache risorse di capitali, titolare di collaudati strumenti di scoraggiamento verso la concorrenza».

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