Cronaca / Bergamo Città
Lunedì 22 Dicembre 2025
«Niente smartphone prima dei 13 anni, sono troppo dannosi»
LE NUOVE LINEE GUIDA. I pediatri: «Più salute e meno ansie senza dispositivi». L’obiettivo: Imparare a usare la tecnologia senza interferenze nelle relazioni.
Crescono con uno schermo in mano, ma perdono pezzi di infanzia. Dormono meno, si muovono meno, parlano meno. E sono più ansiosi e soli. È il prezzo invisibile della vita digitale che entra troppo presto nelle case e nei giochi dei più piccoli. A lanciare l’allarme è la Società italiana di Pediatria (Sip), che ha recentemente aggiornato le raccomandazioni sull’uso delle tecnologie in età evolutiva: no allo smartphone personale almeno fino ai 13 anni, evitare l’accesso non supervisionato a Internet e ritardare il più possibile social media e videogiochi. Ogni anno guadagnato senza digitale, spiegano i pediatri della Sip, è un investimento sulla salute mentale, emotiva, cognitiva e relazionale dei bambini. I numeri parlano chiaro. Trenta minuti in più al giorno davanti a uno schermo possono raddoppiare il rischio di ritardo del linguaggio sotto i due anni; ogni ora aggiuntiva riduce il sonno di circa 15 minuti tra i 3 e i 5 anni; oltre 50 minuti quotidiani aumentano il rischio di ipertensione pediatrica e, già in età prescolare, di sovrappeso.
Dati che emergono da una nuova revisione sistematica della letteratura internazionale: oltre 6.800 studi analizzati, 78 inclusi nell’analisi finale. Un lavoro reso ancora più urgente dall’eredità della pandemia, che ha fatto crescere l’esposizione agli schermi di 4-6 ore al giorno rispetto al periodo pre-Covid. Le nuove indicazioni Sip delineano un percorso educativo condiviso tra famiglie, scuola e professionisti: niente dispositivi sotto i due anni, meno di un’ora al giorno tra i 2 e i 5 anni, meno di due ore dopo i 5, sempre con la supervisione di un adulto. E poi regole chiare: niente schermi a tavola o prima di dormire, più sport, gioco all’aperto, lettura e creatività. «Il cervello dei bambini e degli adolescenti è in piena costruzione – sottolineano i pediatri della Sip in una nota stampa – e una stimolazione digitale precoce e prolungata può interferire con attenzione, apprendimento e regolazione emotiva». Un messaggio che trova piena sintonia anche nel nostro territorio. «Da oltre un decennio ci occupiamo con particolare attenzione dell’aspetto relazionale tra bambini, adolescenti e genitori – spiega Luigi Greco, pediatra e tesoriere dell’Ordine dei Medici di Bergamo – e delle conseguenze fisiche legate a un uso eccessivo della tecnologia, come la miopia o la riduzione dell’attività motoria che può portare all’obesità». La tecnologia, aggiunge Greco, è ormai parte integrante della vita quotidiana, «ma è fondamentale imparare a usarla con consapevolezza, evitando che interferisca nelle relazioni interpersonali».
L’iperconnessione
Basta osservare ristoranti o momenti di socialità: «Situazioni che dovrebbero favorire il dialogo vengono spesso mediate o interrotte dai dispositivi digitali». La relazione, ribadisce sempre la Società italiana di Pediatria, nasce fin dalla primissima infanzia. «Il contatto visivo durante l’allattamento rappresenta la prima connessione tra madre e bambino – aggiunge Greco –. Lasciare i più piccoli abbandonati a se stessi in una sorta di piazza virtuale li espone a rischi reali, dal cyberbullismo agli adescamenti online». Senza contare che abituarsi a relazioni veicolate solo da piattaforme digitali o videogiochi sempre più frenetici può aumentare aggressività e isolamento.
A preoccupare i pediatri è anche la normalizzazione dell’iperconnessione: l’89% degli adolescenti dorme con il cellulare in camera, con effetti diretti sulla qualità del riposo e sulla capacità di concentrazione durante il giorno. L’eccesso di schermi è inoltre associato a un aumento di ansia, fragilità emotiva e perdita di autostima, soprattutto tra le ragazze, più esposte ai meccanismi di confronto sociale e al timore di restare escluse. Non mancano i rischi legati alla vista, con un aumento di miopia precoce e affaticamento oculare, aggravati dalla scarsa esposizione alla luce naturale. «Ogni ora davanti allo schermo – conclude Greco – è un’ora sottratta all’esperienza reale: al gioco libero, al movimento, alla relazione. La tecnologia non va demonizzata, ma governata, restituendo centralità all’adulto come guida e modello educativo. Servono patti sociali, obiettivi condivisi e collaborazione per privilegiare i contatti umani autentici». In prima linea c’è anche il pediatra di famiglia.
Un mondo sempre più digitalizzato
«Viviamo in un mondo sempre più digitalizzato, che va usato in modo consapevole e responsabile – sottolinea Anna Barabani, pediatra di Bergamo che opera in stretta collaborazione con l’Asst Papa Giovanni XXIII –. Il nostro compito è educare i genitori affinché l’infanzia resti centrata su gioco, relazioni, movimento e fantasia». Proteggere l’infanzia significa intervenire presto: «Più tardi si agisce, più è difficile cambiare abitudini consolidate», sottolinea la specialista. Internet, ricorda Barabani, «è un universo concepito per adulti».
Per questo scuole, oratori ed educatori hanno un ruolo cruciale nell’educazione digitale. Ma tutto parte dall’esempio degli adulti: «Non esistono genitori cattivi, ma solo poco consapevoli. Se una mamma allatta guardando lo schermo del cellulare, la relazione con il bambino ne risente». Studi nord-europei hanno evidenziato anche una correlazione tra abuso di tecnologia e difficoltà specifiche di apprendimento; al contrario, strumenti semplici come pastelli, costruzioni e giochi di società stimolano creatività e sviluppo cognitivo. La battaglia educativa, concordano i pediatri, va combattuta insieme. «Intervenire solo in adolescenza, intorno ai 12 o 13 anni, spesso è troppo tardi – puntualizza la pediatra – Serve una comunità alleata tra famiglie, scuola e sanità per restituire ai bambini tempo per annoiarsi, muoversi, giocare e dormire. Perché meno schermi oggi significa più salute, relazioni e futuro domani».
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