Quando Paolo VI aprì all’ipotesi del Conclave aperto al Sinodo dei Vescovi

VERSO IL CONCLAVE. Nel 1973 davanti ai Cardinali appena creati nel Concistoro, pronunciò un discorso «per prendere in considerazione la possibilità di associarlo al Sacro Collegio delle porpore».

Città del Vaticano

La questione la pose Paolo VI. E se non fossero solo i Cardinali ad eleggere il Papa? Oggi dopo la morte di Jorge Mario Bergoglio, il Papa che ha indirizzato tutto il cammino della Chiesa secondo uno stile sinodale, può essere utile ripercorrere un dibattito che vide Montini aprire la porta all’ipotesi di ricollocare anche l’elezione del Pontefice all’interno di un quadro, che tenesse conto della struttura collegiale e sinodale della Chiesa, così come era stata elaborata dal Concilio Vaticano II.

«Apostolica sollicitudo»

Paolo VI istituì il Sinodo dei Vescovi il 15 settembre 1965 con il motu proprio «Apostolica sollicitudo» per favorire la collaborazione dei vescovi di tutto il mondo con la Santa Sede, un’ assemblea di delegati eletti dagli episcopati mondiali che rimandi un’immagine più collegiale circa le scelte pastorali e teologiche della Chiesa all’insegna della corresponsabilità. Otto anni dopo Paolo VI davanti ai Cardinali appena creati nel Concistoro del 5 marzo 1973 pronuncia un discorso e lancia un’ipotesi che fa tremare i conservatori. Montini rivela di essersi chiesto «se non convenga prendere in considerazione la possibilità di associare al Sacro Collegio dei Cardinali, in questa importante funzione dell’elezione papale, coloro che il Sinodo dei Vescovi, emanazione dell’episcopato mondiale, ha eletto come suoi rappresentanti».

Paolo VI aggiunge poi che anche i Patriarchi delle Chiese cattoliche d’Oriente potrebbero essere integrati nei grandi elettori del Conclave. Dopo l’istituzione del Sinodo dei Vescovi, il primo che ventilò l’ipotesi fu il Card. Joseph Suenens, tra i protagonisti dell’ala progressista del Concilio, come provocazione alla versione montiniana del Sinodo, che riteneva troppo timida nella sua funzione di organo solo consultivo. A Suenes rispose severamente il Card. Giuseppe Siri, campione dei conservatori su «Renovatio» la sua rivista teologica: «Nessuna idea di costituzione democratica o federalista per l’elezione del Romano Pontefice».

Nel 1967 la questione viene riproposta dall’arcivescovo di Torino Michele Pellegrino, appena creato cardinale da Paolo VI. Nel 1973 a sorpresa Paolo VI riprende l’idea di Suenens e di Pellegrino. E tre settimane dopo il 24 marzo 1973 insiste e propone che siano 15 i membri del Consiglio del Sinodo abilitati durante il loro mandato a partecipare ad un eventuale Conclave. E spiega che tutto ciò è in perfetta linea e «armonia» con la storia del Sacro Collegio e con il desiderio del Concilio. Già l’anno prima sull’Osservatore Romano, Jean Guitton, il filosofo cattolico francese che Montini nominò primo uditore laico al Concilio, aveva scritto un articolo approvato dal Papa nel quale criticava l’elezione in segreto del Pontefice e proponeva una sorta di elezione pubblica nella basilica di San Giovanni in Laterano, sede della cattedra di Pietro, presieduta da un confronto con le comunità ecclesiali di Roma di cui i cardinali portano il titolo e seguita dalla deposizione segreta della scheda nell’urna. Evidentemente Montini era d’accordo che l’istituto del Conclave avesse molti limiti e fosse giunto alla fine. Siri andò su tutte le furie, ribadendo l’assoluta chiusura del Conclave per evitare che l’elezione del Pontefice fosse esposto «alle pressioni di poteri esterni».

Le capacità di mediazione

La sapienza di Montini e le sue straordinarie capacità di mediazione ebbero il sopravvento e abbandonò il progetto di allargare il Conclave ai vescovi del Sinodo. In pratica la discussione si polarizzò tra chi riteneva che dovesse essere la Chiesa universale ad eleggere il Papa o solo la Chiesa di Roma, che elegge il suo vescovo attraverso i cardinali che la rappresentano nel Sacro Collegio, ognuno titolare di una chiesa romana. Montini trova un altro modo per diminuire il peso del cardinalato romano non più allargando ad altri vescovi il Conclave ma elevando alla porpora cardinalizia vescovi residenti in diverse parti del mondo.

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