Rsa, in 5 anni rette cresciute del 14%. In Bergamasca resta la penuria di posti

I DATI. L’Osservatorio della Cisl Lombardia: una famiglia spende 26mila euro l’anno, leggermente sotto la media regionale. Le case di riposo: aumento dei costi, c’è il problema della sostenibilità.

Le rette crescono, anche se meno di quanto preventivato, mentre i posti restano pochi a fronte di un bisogno sempre crescente. È la sintesi della nuova edizione dell’Osservatorio sulle Rsa promosso dalla Fnp Cisl Lombardia, che ha passato in rassegna gli ultimi dati sulle case di riposo nei diversi angoli della regione. In Bergamasca la retta media nel 2023 si è attestata a 71,41 euro al giorno (circa 2.140 euro al mese), contro i 68,07 euro al giorno del 2022 (circa 2.040 euro al mese); si è così osservato un aumento di 3,3 euro al giorno (+4,9%), un centinaio di euro in più al mese. Bergamo è leggermente sotto il trend regionale, visto che in Lombardia si viaggia a 72,93 euro al giorno in media (quasi 2.190 euro al mese). Così, stando alla media calcolata dalla Cisl, una famiglia bergamasca spende 26.064 euro all’anno per sostenere le rette di un parente in Rsa, mentre in Lombardia si arriva in media a 26.619 euro.

Gli aumenti

Nelle 67 Rsa bergamasche (46 delle quali sono onlus, senza scopo di lucro) la situazione è ovviamente differenziata, dunque la Fnp Cisl ha comparato anche le rette minime e massime. Sempre in Bergamasca, le rette minime sono passate dai 61,01 euro al giorno del 2022 ai 67,94 euro al giorno del 2023 (+3,9 euro al giorno, +6,1%), mentre le massime si «spostano» dai 72,12 euro al giorno del 2022 ai 74,89 euro al giorno.

Allargando lo sguardo all’ultimo lustro, tra l’altro segnato dal susseguirsi di crisi pandemica, crisi energetica e crisi inflattiva, le rette medie in Bergamasca sono aumentate tra il 13% (per le massime) e il 14% (per le minime), in questo caso con il più alto rialzo in Lombardia.

Rispetto a una popolazione di 244.584 residenti oltre i 65 anni d’età (dato riferito al 1° gennaio 2023), Bergamo è in proporzione tra i territori con meno posti letto in Rsa

I posti restano però pochi. Rispetto a una popolazione di 244.584 residenti oltre i 65 anni d’età (dato riferito al 1° gennaio 2023), Bergamo è in proporzione tra i territori con meno posti letto in Rsa: equivalgono solo al 2,64% degli over 65, contro una media regionale del 2,85%; il tutto nonostante tra il 2019 e il 2023 i posti letto autorizzati siano diventati 231 in più (+3,71%).

«Le tariffe sono molto differenziate – è la sintesi tracciata dalla Cisl nel report–. I dati sono in costante aumento se confrontati con il trend degli ultimi cinque anni. L’auspicio è che la delibera di fine anno della Regione Lombardia, che accanto a un ulteriore aumento della quota sanitaria a favore delle Rsa per i casi maggiormente complessi, inizi a produrre effetti anche per le persone assistite: la norma prevede che le Rsa con una retta superiore del 2% rispetto alla media dell’Ats di ubicazione non possano aumentare la propria retta, quindi non possono operare aumenti a carico della famiglia a partire del 1° gennaio 2024».

I gestori

Nei periodi di massima sofferenza per la sostenibilità delle Rsa erano stati ipotizzati rincari fino a 10 euro al giorno: i dati indicano che il rialzo è stato dunque più contenuto del previsto. «Le rette ormai si sono calmierate, la cifra media si sta standardizzando – rileva Cesare Maffeis, presidente dell’Acrb, l’Associazione case di riposo bergamasche –. Più di così non si possono alzare, ne va della sostenibilità delle famiglie. Il problema è però la sostenibilità delle Rsa: dobbiamo fare i conti con gli adeguamenti contrattuali e gli aumenti dei fornitori, gli aumenti che abbiamo applicato sulle rette sono stati proporzionalmente più bassi rispetto ai nostri aumenti di costo».

«Da un lato i rappresentanti dei pensionati ci accusano di applicare ingiustamente aumenti di rette, cosa peraltro ormai regolamentata in Lombardia con una delibera che impedisce aumenti se non rispettosi di certi limiti dati dalle medie per Ats. Dall’altro lato – ragiona Fabrizio Ondei, presidente di Uneba Bergamo – i rappresentanti dei lavoratori ci accusano di non volere dare aumenti del livello da loro preteso, dimenticandosi che i nostri ricavi sono dati dalle rette chieste alle famiglie e dal contributo regionale, e pertanto in assenza o in mancato adeguamento dell’uno dobbiamo agire o provare ad agire sull’altro. Per ciò che è di nostra competenza, possiamo dire che gli aumenti tanto denunciati non sono sufficienti a coprire i maggiori costi sostenuti. E ci sono diversi enti che per non gravare sulle famiglie stanno continuamente intaccando il proprio patrimonio».

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