Scontro tra treni a Corato: solo due condanne. Morirono anche due bergamaschi

IL PROCESSO. Fu un errore umano: assolti 14 imputati e Ferrotramviaria. I famigliari: non è giustizia. Tra le vittime anche Salvatore Di Costanzo di 56 anni – affermato allenatore del calcio dilettantistico provinciale – e Michele Corsini di 61, nato a Barletta (dove ancora gestiva un locale) ma trasferitosi da vent’anni a Cologno al Serio.

Fu un errore umano. E non era doveroso, come sosteneva l’accusa, l’investimento di 664mila euro per evitare il disastro ferroviario del 12 luglio 2016, che provocò 23 morti e 51 feriti, sulla tratta a binario unico tra Andria e Corato. Tra le vittime, quel giorno, anche due bergamaschi: Salvatore Di Costanzo di 56 anni – affermato allenatore del calcio dilettantistico provinciale – e Michele Corsini di 61, nato a Barletta (dove ancora gestiva un locale) ma trasferitosi da vent’anni a Cologno al Serio.

Per evitare la tragedia non sarebbe stata indispensabile quella piccola somma per installare il sistema del blocco conta assi - in sostituzione del vecchio blocco telefonico - che avrebbe fatto scattare elettronicamente il semaforo rosso in caso di pericolo alla circolazione dei treni su tutta la rete Corato-Barletta. Perché quella tragedia, come detto, fu provocata da un errore umano e non dai mancati investimenti sulla sicurezza che avrebbero smantellato il sistema del blocco telefonico ritenuto dalla pubblica accusa «non sicuro e obsoleto».

È questa - per quanto è possibile ricostruire dal dispositivo - la verità processuale che la sentenza del Tribunale di Trani restituisce, sette anni dopo la tragedia: due sole le condanne, del capostazione di Andria, Vito Piccarreta, e del capotreno del convoglio Andria-Corato, Nicola Lorizzo, e 14 assoluzioni, oltre a quella di Ferrotramviaria imputata per l’illecito amministrativo. Ma, soprattutto, la non conferma di tutto l’impianto accusatorio che è letteralmente naufragato. «È una vergogna, non è giustizia questa, li avete uccisi due volte. Come fanno a dormire la notte?» hanno urlato alcuni familiari delle vittime in lacrime alla lettura della sentenza. «Non è una sentenza giusta», hanno ribadito.

I due imputati condannati, in solido con Ferrotramviaria (che è responsabile civile), dovranno risarcire i danni versando provvisionali per 800mila euro ai parenti delle quattro vittime costituitesi parte civile. Quello del blocco telefonico è un sistema in base a quale i capistazione si scambiano dispacci per autorizzare la partenza dei treni verso la stazione successiva.

Fu così che dalla stazione di Andria (da Piccarreta) fu concesso alle 10.45 il via libera per la partenza dalla stazione di Corato dell’Et1016 e, senza aspettare l’arrivo di questo convoglio nella stazione di Andria, fu fatto partire alle ore 11:00 l’Et1021 verso Corato (sul quale di trovava il capotreno Lorizzo). L’impatto ad alta velocità tra i due convogli fu inevitabile. Dopo la strage, la circolazione sulla tratta fu bloccata ed è ripresa solo il 3 aprile scorso. I binari ora sono due e sono dotati di moderni sistemi di sicurezza automatizzati, blocco conta assi compreso.

Il pm aveva chiesto 15 condanne a pene comprese tra i 12 e i 6 anni di reclusione e un’assoluzione. Ai vertici della società erano contestate una serie di violazioni dei doveri di coordinamento, organizzazione, direzione e controllo che avrebbero contribuito al verificarsi del disastro ferroviario.

Per Ferrotramviaria era stata chiesta la sanzione amministrativa di 1,1 milioni, oltre alla revoca delle autorizzazioni, licenze e concessioni per l’esercizio dell’attività (fra cui il certificato per la sicurezza) per un anno, oltre alla confisca di 664.000 euro, somma che - secondo l’accusa - la società avrebbe dovuto investire per mettere in sicurezza la tratta con la realizzazione e l’uso del blocco conta assi sulla Corato-Barletta. Accuse che sono state respinte dalle difese che hanno ribadito che Ferrotramviaria ha sempre operato all’interno delle regole mettendo la sicurezza del servizio al centro delle sue scelte. Il Tribunale ha dato ragione alla difesa. In aula ci sono state scene di disperazione dei parenti delle vittime che speravano - hanno detto - «in una giustizia giusta».

© RIPRODUZIONE RISERVATA