Sempre sulla notizia, oggi pomeriggio i funerali di Giangavino Sulas

I funerali di Giangavino Sulas si terranno lunedì alle 15, nella chiesa di Sant’Alessandro della Croce in via Pignolo.

Tanti gli attestati di stima e affetto arrivati da amici e colleghi alla famiglia dopo la notizia della sua scomparsa, così come le visite alla camera ardente allestita alla Casa del Commiato di via San Bernardino. Tra i primi a pubblicare un post, la redazione di «Quarto Grado», dove Sulas era ospite fisso il venerdì sera, portando il suo contributo di conoscenze sui casi più dibattuti.«La passione per il confronto. Le carte di un processo tra le mani. La notizia prima di tutto come atto di rispetto per i suoi lettori e per i telespettatori. Ci mancherà tantissimo. Ciao caro amico», scrive il gruppo della trasmissione. Anche da TuttoAtalanta un pensiero: «Stavolta sei tu che ci hai lasciato senza parole. Grazie per quello che ci hai dato davanti e dietro le telecamere».

Giangavino Sulas è morto a 77 anni: il 22 agosto sarebbero stati 78. Cronista riconosciuto sia sulla carta sia in televisione, sempre sulla notizia, è stato un grande amico e collega, una fonte d’ispirazione per i figli Roberta, avvocato, e Marco, massoterapista giramondo, un punto di riferimento per la moglie Anna, un tenero nonno per il nipotino Lorenzo, il fratello maggiore per la sorella Rosalba. «Ci ha insegnato – dicono i figli – l’onestà e l’importanza di seguire i propri sogni. Ciò che più abbiamo ammirato di lui è la capacità di avere un pensiero completamente indipendente, originale e non condizionato, ma soprattutto la vulcanica passione per il lavoro». E l’immagine preferita non può che essere una: «Il Gianga immerso nella lettura, con gli occhiali appoggiati sulla fronte: era incredibilmente curioso e perciò divorava libri e giornali senza stancarsi mai».

Le sue giornate erano così, da giornalista vecchia maniera, scandite dalla lettura dei quotidiani, dalla ricerca (la scrivania e lo studio pieni di carte) e dagli incontri, fino a tarda notte. Ai palazzi, infatti, preferiva la strada. Una parola con tutti, anche in centro e in via Locatelli, dove abitava. Prima di arrivare alla ribalta del grande schermo (conosciuto dal pubblico come opinionista nelle trasmissioni Mediaset, con l’appuntamento fisso del venerdì a Quarto Grado, ad Iceberg su Telelombardia e a TuttoAtalanta su Bergamo Tv), Giangavino si è fatto tutta la gavetta. Nel 1943 la mamma Luisa Ligabue lo mette al mondo a Bergamo, primo di tre (poi arriveranno le sorelle Rosalba e Laura). Dopo quindici giorni il papà Angelo Sulas, di stanza con i Lupi di Toscana alla Montelungo, viene fatto prigioniero dai tedeschi. Dopo due anni di prigionia viene liberato, e nel 1945 la famiglia si trasferisce a Nughedu, paese d’origine del padre. Proprio al liceo di Ozieri un professore nota le doti di scrittura dell’allora studente e lo sprona a scrivere i primi articoli, sul calcio locale. Dopo la morte del padre, la famiglia torna a Bergamo nel 1964. Passa poco tempo e Giangavino mette per la prima volta piede in una redazione. A 21 anni diventa correttore di bozze all’allora Giornale di Bergamo. Un colpo di fulmine, quello per le rotative. E il salto arriva con La Notte, il quotidiano del pomeriggio fondato dall’industriale bergamasco Carlo Pesenti, che tra gli Anni Cinquanta e Sessanta raggiunge 250 mila copie. Il direttore Nino Nutrizio chiama Giangavino Sulas nella sede di Bergamo, e da lì la carriera è un crescendo. Inanella una serie di «colpacci», come l’intervista alla mamma di Felice Gimondi, al bar di Sedrina dove lavorava, mentre il ciclista diventava campione del mondo a Barcellona.

Lo sport è stato un filo rosso (indimenticabili, diceva sempre, le cavalcate europee dell’Atalanta con Cesare e Achille Bortolotti, famiglia a cui era molto legato), ma la cronaca nera e giudiziaria sono stati i fronti di una vita, soprattutto durante gli anni d’oro di «Visto» e da inviato per «Oggi». Sulas sapeva quasi a memoria tutte le sentenze dei processi (testimone degli Anni di piombo a Bergamo, documentò il sequestro di Mirko Panattoni nel ’73 e l’omicidio dell’appuntato dei carabinieri Giuseppe Gurrieri nel ’79: collegato in redazione con la radio delle forze dell’ordine, fu tra i primi ad arrivare in Città Alta). Talvolta diventava lui stesso protagonista delle cronache: come nel caso della Circe della Versilia (’89), quando si trovò in mezzo alla sparatoria tra il complice e i carabinieri. Oppure durante il rapimento di Farouk Kassam (’92), quando strinse un legame con Graziano Mesina, il più famoso esponente del banditismo sardo del dopoguerra. Sulas infatti non disdegnava le relazioni scomode e le posizioni controcorrente. Nota la sua tesi innocentista su Massimo Bossetti (che dal carcere gli ha scritto molte lettere anche in questo periodo). «È stata una vita piena», ha sussurrato nell’ultimo incontro, con la luce negli occhi e il sorriso accennato.

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