Traffico internazionale di droga dalla Spagna: arresti anche nella Bergamasca

L’OPERAZIONE. 58 gli arresti eseguiti nella giornata di martedì 17 ottobre dalla Guardia di Finanza di Milano anche a Bergamo.

Le indagini della Guardia di Finanza di Milano su un traffico internazionale di droga tra l’Italia e la Spagna e che ha portato a 58 provvedimenti tra fermi e arresti, ha scoperto canali di approvvigionamento di una rete di spaccio di marijuana e hashish per circa 30 tonnellate e hanno ricostruito traffici per 42 milioni di euro con un giro di contante di 26 milioni di euro in poco più di un anno.

Le misure sono state emesse dal Gip di Milano su richiesta della D.D.A. e riguardano residenti e domiciliati di tutta la Penisola, nelle province di Milano, Bergamo, Brescia, Monza, Varese, Mantova, Torino, Alessandria, Asti, Prato, Roma, Teramo, Catania, Salerno e all’estero, in Spagna.

Sequestrati 52 immobili

Sono stati sequestrati dieci società, 52 immobili in Lombardia e altre regioni italiane e beni mobili e somme per nove milioni di euro. Gli arrestati sono di nazionalità italiana, spagnola, albanese e cinese. Questi ultimi, in particolare, offrivano «servizi bancari» abusivi e raccoglievano il denaro da trasferire in Spagna con un sistema simile alla hawala islamica.

La «banca» illegale cinese

I commercianti cinesi ricevevano contante che trasferivano in modo anonimo dietro il pagamento di una commissione. In particolare, l’indagine si è focalizzata sulla ricostruzione delle modalità di pagamento utilizzate dai narcotrafficanti, i quali, per saldare gli acquisti delle partite di droga, si avvalevano di «servizi bancari» abusivi gestiti da soggetti di etnia cinese, che fungevano da veri e propri «centri di raccolta» del denaro da trasferire in Spagna. Il sistema in questione si basa su un meccanismo di rimessa informale di denaro denominato fei’chi en, simile alla hawala islamica. I soggetti cinesi (nella quasi totalità titolari di esercizi commerciali) ricevevano contante da trasferire in Spagna, in modo anonimo, veloce e non tracciabile, dietro pagamento di una commissione variabile dall’1,5% al 2%. Il metodo di pagamento dello stupefacente individuato si basava sulla compensazione senza trasferimento fisico di valuta, secondo partite di credito/debito bilanciate tra connazionali cinesi inseriti in un circuito criminale transnazionale e che offrono analogo servizio all’estero. Per l’accettazione del controvalore “nominale” della somma versata in Italia veniva utilizzato un codice di riconoscimento (tipo token), solitamente rappresentato dal seriale di una banconota di piccolo taglio, consegnata dal corriere al collaterale spagnolo. Solo in caso di coincidenza tra il seriale della banconota e il numero comunicato dal punto di raccolta in Italia, la compensazione poteva considerarsi andata a buon fine

L’inchiesta è una prosecuzione di quella dello scorso novembre che aveva portato a 42 misure cautelare. Tra gli indagati finiti in carcere nell’indagine su un traffico internazionale di droga tra Italia e Spagna, c’era anche Rosario D’Onofrio, ex militare 42enne e anche ex procuratore capo dell’Aia, l’associazione italiana arbitri.

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