
Cronaca / Bergamo Città
Venerdì 19 Settembre 2025
Tribunale, Di Vita nominato presidente. Ma c’è il nodo di fratello e figlia avvocati
GIUSTIZIA. Il Plenum del Csm l’ha votato a larga maggioranza. Due consiglieri hanno sollevato la questione dell’incompatibilità. Lui: «Non c’è, altrimenti non avrei mai presentato domanda».
A luglio era stato proposto all’unanimità dalla quinta commissione del Csm. Mercoledì 17 settembre il Plenum del Consiglio superiore della magistratura ha approvato la nomina a presidente del tribunale di Vito Di Vita, 64 anni, attuale presidente della sezione Gip-Gup nonché presidente reggente del palazzo di giustizia da quando, nel marzo scorso, è andato in pensione Cesare de Sapia.
Sul suo nome stavolta non ci sono stati giudizi unanimi, nonostante sia stato votato a larga maggioranza: 29 favorevoli e 4 astenuti. Questo perché, nel corso della discussione (durata quasi un’ora), sono state sollevate delle questioni di incompatibilità. I familiari di Di Vita esercitano infatti la professione forense: in particolare il fratello Antonio e la figlia Francesca lavorano in studi professionali che si occupano per lo più del ramo amministrativo, ma in alcuni casi anche di quello civile, mentre il figlio Federico è impegnato esclusivamente come legale di diritto sportivo.
Eletto a larga maggioranza
Due consiglieri del Plenum hanno chiesto di approfondire la questione, valutando quante pratiche del settore civile trattate dalla figlia e dal fratello di Di Vita pendono al tribunale di Bergamo e che incidenza possono avere. Per questo motivo i due consiglieri avevano chiesto il ritorno della pratica alla Quinta commissione e il rinvio del voto del Plenum. Ma l’istanza è stata rigettata con 24 voti contrari, 5 astenuti e i soli due consiglieri favorevoli. La questione dell’incompatibilità è però materia della prima e non della quinta commissione del Csm, cui spetta pronunciarsi esclusivamente sui meriti e sulle attitudini del candidato. La valutazione sull’incompatibilità verrà operata nelle prossime settimane. Non avviene infatti al momento della presentazione della domanda, ma dopo la nomina.
La questione incompatibilità
«Se io avessi anche solo ipotizzato un’incompatibilità, è certo che non avrei presentato la domanda – spiega Di Vita al nostro giornale –. Nella quale ho dichiarato un’incompatibilità generale. Il Csm deve ora valutare se questa incompatibilità esiste o no, deve cioè valutare, in base all’articolo 18 dell’ordinamento giudiziario, se l’attività dei congiunti è incidente o
«Se io avessi anche solo ipotizzato un’incompatibilità, è certo che non avrei presentato la domanda – spiega Di Vita al nostro giornale –. Nella quale ho dichiarato un’incompatibilità generale».
rilevante. Se non lo è, salta l’incompatibilità».
L’iter burocratico prevede ancora un paio di mesi prima che la nomina diventi ufficiale. Se la prima commissione giudicasse la carica incompatibile con l’attività dei suoi familiari, Di Vita potrebbe sempre impugnare la decisone producendo documenti. Nel caso invece non si rilevasse l’incompatibilità, il nuovo presidente del tribunale dovrebbe lasciare la presidenza della sezione Gip-Gup, perché gli incarichi semidirettivi nel penale durano al massimo otto anni, che per Di Vita sono scaduti mercoledì, proprio nello stesso giorno in cui il Csm lo ha nominato a capo del palazzo di giustizia bergamasco. Diventerebbe anche presidente di una sezione del civile, come lo era il suo predecessore de Sapia.
«Valuterò che cosa fare»
«Il decreto di nomina per me è già un successo – confida il magistrato –. Se scatta l’incompatibilità vedrò che fare. Sono vicino ai 67 anni, l’età pensionabile. Io sono sempre stato felice di fare il mio lavoro, non mi è mai pesato. Ma negli ultimi sei mesi, da quando ho assunto l’incarico di presidente reggente, ho passato i sabati e le domeniche a dedicarmi all’organizzazione del tribunale. Non è stato facilissimo».
Tra le prime cose da fare a palazzo di giustizia, dice Di Vita, c’è la riorganizzazione dell’Ufficio per il pubblico. E continuare la battaglia sulla carenza di organico, che - a fronte di qualche raggio di sole – continua a essere impegnativa. «All’Ufficio del giudice di pace attualmente sono in otto, cinque al civile e tre al penale. Ora ne arriveranno altri cinque che saranno destinati al civile. Una boccata d’ossigeno, ma c’è sempre bisogno di personale amministrativo».
Quanto ai giudici del dibattimento penale e del civile, il problema, confessa Di Vita, «è l’esodo da Bergamo. Se ne vanno in quattro, ne arriverà solo uno. L’ingresso previsto di cinque magistrati non è andato in porto perché Bergamo era stata da loro indicata come seconda sede. E, quindi, potete vedere che navighiamo a vista, non si riesce mai a fare un programma definitivo».
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