Un museo per il Manzù: la strada è in salita, ma Bergamo spera

IL PUNTO. Sgarbi: «Buona idea, la città deve sostenerla». Gori: «Ad oggi possibilità non esclusa ma piuttosto remota».

L’importanza dell’artista non si nega, Manzù è uno dei principali esponenti della scultura del Novecento, riconosce il sottosegretario al Ministero della Cultura, Vittorio Sgarbi, «e l’idea di dedicargli un museo nella sua città è decisamente buona», continua lo storico dell’arte, ma realizzarla non sarà facile, avverte il professore. La messa in vendita, da parte degli eredi, della casa di Aprilia, con annesso studio, riaccende i riflettori su un artista che a Bergamo ha lasciato tracce profonde. «Sono del parere che le case degli artisti andrebbero tutelate ma in questo caso nessuno ha chiesto tutele né vincoli», quindi nulla osta alla vendita della proprietà.

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La posizione di Sgarbi

Questo, dice Sgarbi, non esclude che si possa pensare di realizzare un museo bergamasco, evitando però passi falsi «come quelli fatti a Milano, dove il museo dedicato a un altro grande scultore, Francesco Messina, è finito per essere trascurato. E lo stesso accade ad Ardea, anche in questo caso il museo di Manzù andrebbe potenziato», sottolinea il sottosegretario. Bergamo può giocare altre carte, spiega il critico d’arte, e ha la possibilità di creare un museo «che potrebbe avere successo. Ci vorrebbe un interlocutore molto motivato, sostenuto dalla città, per dare nuova evidenza a un artista che oggi è poco popolare. Andrebbe istituito un comitato che possa fare leva sulle autorità locali e nazionali perché il progetto prenda vita», suggerisce Sgarbi. Un’iniziativa che parta dalla città, «una fondazione o un museo privato, che possa poi essere sostenuto dal ministero». Quella di un museo dedicato a Manzù è un’idea di cui si parla da tempo a Bergamo, ma che stenta a decollare. Forse per il vecchio adagio che nessuno è profeta in patria. Certo, la presenza di un museo ricco di opere ma fuori mano, ad Ardea, sulla costa laziale, dove Manzù aveva scelto di vivere e lavorare, non ha aiutato.

«Un museo voluto dallo stesso Manzù e nato sotto l’egida dello Stato, ricco di opere ma scomodo da raggiungere, a un’ora di pullman da Roma, e questo ne limita la fruibilità», dice Maria Cristina Rodeschini, già responsabile di Gamec prima di passare alla direzione dell’Accademia Carrara. Anche lei è dell’opinione che «aprire e gestire un museo non è facile, e a Bergamo – sottolinea – i musei sono già tanti. Meglio sarebbe creare un centro studi e attivare un tavolo intorno al quale i soggetti interessati all’operazione si ritrovino stabilendo un indirizzo comune». Alla valorizzazione della figura di Manzù e delle sue opere hanno già lavorato, in questi anni, la Provincia, l’Università di Bergamo, la Fondazione Manzù e la Fondazione della Banca Popolare di Bergamo, al tavolo dovrebbe sedere anche Gamec, che nella nuova sede potrà dedicare più spazio alle opere dello scultore bergamasco già in suo possesso. «Occorre avviare una discussione seria, anche con l’aiuto del Ministero, non è il caso di avventurarsi in progetti sterili», chiosa Maria Cristina Rodeschini.

I dubbi di Gori

Tra i più convinti sostenitori della necessità di dare «il giusto riconoscimento allo scultore bergamasco» c’è l’ex rettore dell’Università degli studi di Bergamo Remo Morzenti Pellegrini, chiamato a far parte del comitato tecnico scientifico del ministero della Cultura che si occupa proprio dei musei. Il professore sottolinea che «la vendita della casa di Aprilia, con annesso laboratorio e fonderia, finirà con l’accrescere la dispersione del patrimonio del Maestro. Un luogo dove tutto parla di lui, solo lì è possibile comprendere lo spirito che animava Manzù». L’auspicio sarebbe che gli attrezzi, gli oggetti e le opere rimasti in quel luogo potessero arrivare in città, in un nascente museo dedicato allo scultore. «Bergamo già possiede una cospicua collezione di pezzi straordinari, sculture e opere grafiche di Manzù, sarebbe un vero peccato non valorizzarla a dovere», dice l’ex rettore, cui si deve il trasferimento della «Carrozza con Giulia e Mileto» dal cortile della Gamec nella sede dell’Università in via Pignolo, «dove l’opera è ammirata ogni giorno da centinaia di studenti».

Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori ritiene difficile che in città possa nascere un nuovo museo dedicato a Manzù. E che dai luoghi dove il Maestro trascorse i suoi ultimi anni possano arrivare opere in grado di arricchire la raccolta bergamasca. «Il Museo Manzù di Ardea è di proprietà dello Stato e fa parte del polo museale di Roma. La vendita della villa e dei laboratori sul Colle Manzù non rappresenta un fatto rilevante ai fini della possibile nascita di un Museo Manzù a Bergamo». Una possibilità non esclusa – commenta il primo cittadino – «ma, vista l’attuale titolarità delle opere, continua a sembrarmi piuttosto remota». Il che significa che un eventuale museo cittadino dovrebbe prescindere da nuovi arrivi e piuttosto contare sulle opere già presenti a Bergamo. Con la possibilità di avere prestiti per mostre temporanee, da collezioni private o da altri musei, a partire da quello di Ardea, se l’intesa siglata tre anni fa da Ministero dei Beni culturali, Provincia di Bergamo e lo stesso museo laziale venisse rinnovata.

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