Via Novelli, parla Alessandro Patelli: «Mi sono spaventato e ho reagito d’istinto per difendermi»

Il processo. Il giovane giardiniere non trattiene le lacrime nel raccontare la sua versione di quanto accadde il giorno dell’omicidio.

«Volevo dire solo questo: non voglio giustificarmi per quello che ho fatto, ma non volevo fare del male a nessuno. Mi sono spaventato e ho reagito d’istinto per difendermi. Ho fatto un danno, ho rovinato due famiglie e questo non me lo perdonerò mai». Alessandro Patelli prende la parola alla fine dell’udienza che chiude ufficialmente l’istruttoria dibattimentale del processo che lo vede imputato per l’omicidio del tunisino Marwen Tayari, avvenuto l’8 agosto 2021 in via Novelli a Bergamo. Lo fa per rendere dichiarazioni spontanee. Non si sottopone all’esame «perché non mi sento sicuro di rispondere alle domande del pubblico ministero, perché quando mi interrogò io gli dissi tutto ma mi sembrò che a lui non interessasse».

Il giovane giardiniere non trattiene le lacrime nel raccontare la sua versione di quanto accadde il giorno dell’omicidio. La voce a tratti si fa tremula. «Scesi a prendere il motorino perché dovevo recarmi a Trescore nel nostro castagneto, ma mi accorsi di aver dimenticato il casco. Parcheggiai il motorino un attimo vicino all’ingresso con l’intenzione di tornare su. Avevo visto delle persone sedute sui gradini di casa ma non avevo fatto caso. Vidi quel signore venirmi incontro. Non capii subito quello che mi disse perché avevo le cuffiette - ha raccontato -. “Perché cammini veloce?” Mi diceva e io non capivo il senso delle domande».

Leggi anche
Leggi anche

Tayari, è stato ricostruito, si lamentava del fatto che Patelli nel rientrare in casa avesse urtato una delle figlie. «Salii a prendere il casco e tornai giù con il casco indossato perché è un’abitudine che avevo da quando facevo il pony pizza. Mi venne incontro di nuovo, in mano aveva una grande bottiglia di birra. Pensai che mi volesse rompere la bottiglia in testa. Ebbi paura. Misi una mano in tasca per abbassare il volume della musica nelle cuffiette e sentii di avere il coltellino. Lo estrassi e gli dissi “stai lontano, ho un coltello”. Rispose che non aveva paura del mio coltello, sollevò la maglietta per mostrarmi le sue cicatrici e io ebbi ancora più paura. Mi disse “togli il casco” e io risposi “così mi spaccherai la bottiglia in testa?”. Lui appoggiò la bottiglia ed ebbi un sospiro di sollievo, pensai fosse finita, invece si girò di colpo e mi buttò per terra. Pensai di stare per morire e non volevo, così reagii senza riflettere e preso dal panico iniziai a dare coltellate. Lui riuscì a prendere la lama e girarla verso di me, io mi liberai e lo colpii ancora. Lui si rialzò, raccolse la bottiglia e mi venne incontro, poi all’altezza delle scale si accasciò, sentii la bottiglia rompersi. Io ero immobile e non sapevo cosa fare, non avevo capito la gravità della situazione».

Patelli piange ancora: «Poi in caserma fui colto da attacco di panico, non riuscivo più a muovere le braccia. Mi portarono in ospedale, mi diedero delle gocce. Poi ricordo la cella in caserma, la prigione». E aggiunge: «Volevo dire solo questo: non voglio giustificarmi per quello che ho fatto, ma non volevo fare del male a nessuno. Mi sono spaventato e ho reagito d’istinto per difendermi. Ho fatto un danno, ho rovinato due famiglie e questo non me lo perdonerò mai».

Leggi anche
Leggi anche

Nel corso dell’udienza sono intervenuti anche diversi testimoni citati dalla difesa retta dall’avvocato Enrico Pelillo. Ex datori di lavoro, amici e il fratello dell’imputato hanno sostenuto che mai, prima, Alessandro Patelli avesse avuto reazioni inconsulte o fosse stato protagonista di litigi o episodi di violenza, sottolineandone anzi il carattere introverso. Il 4 novembre le conclusioni delle parti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA