Scritti e sovrascritti, alla Mai i segreti delle antiche pergamene

IN BIBLIOTECA. Un convegno e una mostra sulle «Parole invisibili» hanno svelato l’importanza storica dei manoscritti: strumenti di trasmissione del sapere ed esempi di tecnica del riciclo e riuso. I risultati nella ricerca coordinata dai docenti Paolo Buffo e Francesco Lo Monaco.

Parole sovrascritte ad altre parole. Testi resi illeggibili, a occhio nudo, dalla sovrapposizione di altri testi, in una sorta di economia circolare ante litteram, di artigianale tecnica del riciclo-riuso. È dedicata alle «Parole invisibili», quelle dei palinsesti manoscritti, qui perlopiù pergamenacei, il cui testo originario (scriptio inferior) sia stato cancellato (raschiato o lavato), per sovrascrivere un nuovo testo (scriptio superior)- una ricerca condotta dall’Università di Bergamo, coordinata da Paolo Buffo, ricercatore di Paleografia, e Francesco Lo Monaco, docente di Filologia latina medievale e umanistica, in stretta collaborazione con la Biblioteca Mai.

La giornata di studi

Il 3 dicembre, un convegno, nel Salone Furietti («I manoscritti palinsesti dall’analisi alla valorizzazione») e una mostra, in Casa Suardi («I manoscritti palinsesti della Biblioteca Mai») ha reso noti i frutti del lavoro in corso e mostrato al pubblico alcuni pezzi significativi, custoditi presso la Civica. La giornata di studi si è aperta con i saluti istituzionali, tra gli altri, di Cristiana Iommi, direttrice della Mai, e Vittorio Rodeschini, della Fondazione Mia, dai cui archivi, depositati alla Mai, provengono alcuni dei palinsesti studiati. Poi, i lavori sono divisi in due sezioni: la prima su contesti non bergamaschi, la seconda su palinsesti custoditi a Bergamo. Monsignor Cesare Pasini, prefetto emerito della Vaticana (ma, prima, un lungo, stimato servizio all’Ambrosiana) ha tracciato un excursus «Dalle tavolette cerate», primi supporti scrittorî oggetto di raschiatura e sovrascrittura, alle pergamene palinseste; «dai reagenti chimici», primi, spesso nefasti strumenti per leggere la scriptio inferior, danneggiando, a volte irreparabilmente, il supporto, alle assai meno invasive «indagini spettrali». Per un manoscritto pergamenaceo «di congruo numero di carte - ha spiegato Pasini - ci voleva la pelle di decine di animali, e un grande lavoro per ripulire lato pelo e lato carne. Ecco perché si riscriveva sulla stessa superficie, quando i manoscritti non servivano più. Non tanto per motivi ideologici, per distruggere la cultura pagana, come a lungo si è sostenuto, ma perché lo scritto inferiore era deteriorato, o non era più in uso».

Il recupero degli scritti

Nella carrellata sui sistemi per recuperare gli scritti nascosti, Pasini fa l’esempio di disastri causati dai reagenti chimici, impiegati nell’800 e primo ‘900, come il Plauto Ambrosiano «ridotto a una finestra». Nel ‘900, fortunatamente, si passa a lampada di Wood, raggi infrarossi e ultravioletti. Dopo le relazioni di Cristina Carbonetti e Carla Falluomini, Buffo ha illustrato «I manoscritti palinsesti della Mai». Per censire e riportare alla luce i testi scomparsi dei palinsesti di Bergamo si è dovuto «passare in rassegna tutti i manoscritti membranacei» ivi custoditi. «Molti ne abbiamo trovati alla Mai, ma certo non solo». Importantissimo, in queste operazioni di riuso di materiali, il ruolo dei notai. Tra i casi descritti, ed esposti in mostra, il Commento di Alberico da Rosciate alla Commedia, riscritto, nel 1402, su registri di imbreviature di notai duecenteschi. O un «Breviarium Romanum» costato la raschiatura di un «Lancelot» databile tra il Due e la prima metà del Trecento, e di un Trattato medico trecentesco.

Il catalogo e l’app

Prossima la pubblicazione di due cataloghi dei palinsesti bergamaschi: il primo, dedicato ai palinsesti della Civica, impegnerà tutto il numero del 2026 di «Bergomum». Il secondo, dedicato ai palinsesti, più latamente, bergamaschi, uscirà, nello stesso anno, in «Notariorum Itinera». «Vero Deus ex machina», sul piano tecnologico, del lavoro, Gianluca Poldi, che ha relazionato sugli aspetti tecnico-scientifici di queste «esperienze bergamasche», mentre Francesca Giupponi ha ripercorso le tappe della collaborazione Biblioteca-UniBg. Nella mostra, visitabile sino al 6 marzo, otto teche ospitano 16 manoscritti medievali e moderni. Stefano Brenna ha predisposto una app: inquadrando un QR code «dà accesso alla pagina del manoscritto sul cellulare, mostrando anche la scrittura nascosta».

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