
Il piacere di leggere / Bergamo Città
Giovedì 02 Ottobre 2025
La gestione del potere fra cinismo e irrazionalità
IL ROMANZO. Don Ciccio era il capo famiglia, il riferimento assoluto per tutta l’organizzazione.
L’uomo che presiedeva ogni scelta ed ogni gesto, a lui bisognava chiedere e a lui bisognava rispondere. Ora dopo la sua morte il testimone deve passare a Salvo, uno dei suoi tanti figli da anni in soggiorno obbligato in una città del Nord. La partita è aperta e questo è solo il preludio del romanzo, intenso e acuto di Alessandro Zaccuri, «Le ombre» (Marsilio), che dopo quasi dieci anni torna a raccontare alcuni dei personaggi al centro del suo precedente romanzo, «Lo spregio» del 2016. Zaccuri condisce la narrazione con gli ingredienti tipici del noir e in parte anche del cosiddetto «romanzo criminale» del Sud, fatto di grandi famiglie criminali, codici non scritti e leggi di sangue.
Ma il cuore de «Le ombre» va oltre i codici del noir ed è pienamente e fortemente un romanzo - attualissimo - che si pone l’obiettivo - raggiungendolo - di raccontare le dinamiche spesso assurde che regolano la gestione del potere. Una pratica attraversata da non poca irrazionalità e guidata da una presunta più che reale convenienza, che ha al suo cuore un agire tanto cinico quanto enormemente tragico.
Con «Le ombre» Alessandro Zaccuri offre la migliore sintesi della sua letteratura capace di dare corpo e trama a personaggi mai stereotipati o piatti, ma anzi capaci di rivelare un’antropologia stratificata di caratteri e dinamiche che agiscono spesso furiosamente all’interno di un palinsesto che ricorda in parte proprio il meglio del cinema di denuncia. Un cinema politico e capace d’intervenire e dare forma a un dibattito pubblico, come lo fu quello di Francesco Rosi.
Non un genere, ma grande narrazione, non semplicemente un racconto di denuncia, ma la capacità di inserire anche i fatti più evidentemente criminali in un campo largo, non certo per giustificarli, ma per comprenderli all’interno di una contemporaneità velocissima e in mutazione rapidissima. Lo spazio definito non è più solo quello del Sud Italia, ma del Paese intero e in parte dell’Europa come orizzonte e le donne non sono più le ancelle di un potere, ma una possibile nuova interpretazione a tratti più abile e a tratti più feroce.
E questo in fondo rappresenta la figura di Agata: al tempo stesso una possibilità diversa di salvezza, un’opportunità altra di condanna. Tra incidenti che nascondono agguati e relazioni che si sciolgono nella memoria e nella violenza, Zaccuri ritrae un Paese confuso e desolato dentro al quale le migliori energie sembrano più dedite a infrangere che a mantenere le regole.
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