Ludo e la ricerca del padre tra i classici e in metrò

DA NON PERDERE. Dopo oltre vent’anni dalla sua prima uscita ritorna nelle librerie anche italiane «L’ultimo samurai» di Helen Dewitt (Einaudi, nella rivista e sempre accurata traduzione di Elena Dal Pra, che firma anche una bellissima nota introduttiva).

Il romanzo era uscito nel 2000 ed era stato salutato con buone valutazioni da parte della critica e un discreto riscontro da parte dei lettori. Tuttavia, come spesso capita, il romanzo era poi frettolosamente finito nel dimenticatoio, sia dei lettori che delle librerie. Dopo un mese le novità diventano solo libri vecchi e scompaiono dalle vetrine, ma anche dagli scaffali. Ora, invece, grazie anche al «New York Times» che evidentemente conserva ancora un’autorevolezza globale, il romanzo ritorna con l’aura di un classico contemporaneo e la fa con tutta la forza di una trama potente e di un’idea narrativa semplice quanto evidentemente efficace. Scritto da una classicista, figlia di un diplomatico ma che ha dovuto per anni accantonare le proprie ambizioni letterarie lavorando in un importante studio legale, «L’ultimo samurai» è la storia di una madre e di un figlio, di una relazione a tratti ossessiva, ma più che altro segnata da una forma di corrispondente protezione, un amore non solo madre e figlio, ma un rapporto di difesa rispetto a un mondo che già 25 anni fa mostrava le crepe di una tragedia incombente.

Ludo e Londra

Ludo, questo il nome del figlio, viene educato dalla madre fin dai tre anni alla lettura dei grandi poemi classici a partire dall’Odissea. Ludo studia però anche il giapponese e con la madre vive a Londra. Altra vera protagonista del romanzo è infatti la capitale inglese, con la sua circle line, la metropolitana che circonda tutta la città e che Ludo e la madre percorrono quotidianamente in rilassante osservazione del mondo che si para loro davanti. Unica mancanza per Ludo è quella del padre, che la madre prova a compensare con la visione de «I sette samurai» di Akira Kurosawa, che ormai Ludo ha imparato a memoria. I riferimenti del piccolo Ludo sono così scrittori e avventurieri, scienziati e appunto samurai, ma anche linguisti e letterati. Ognuno di loro incuriosisce Ludo in quella ostinata ricerca che lo porta a inseguire un padre mai conosciuto, un padre da cercare. «L’ultimo samurai» ha la forza della tenerezza, a tratti ricorda un film di Wes Anderson, ma anche l’armonia di una realtà possibile diversa. Un modo di vivere che attraverso i grandi classici può portare a una forma di pace molto vicina alla felicità.

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