
Il piacere di leggere / Bergamo Città
Mercoledì 19 Febbraio 2025
Storie di montagna, mondo arcaico nel cuore delle cose
LA RECENSIONE. Una storia che potrebbe apparire astrusa, balzana, assurda. Un uomo che scrive alle montagne. È «Onesto», protagonista eponimo dell’ultimo libro di Francesco Vidotto (Bompiani, pagine 252, euro 19).
Uno scrittore la cui vita ha, di per sé, qualcosa di romanzesco, se non, meglio, di fiabesco. Infanzia a Tai di Cadore, laurea in Economia a Ca’ Foscari, impiego alla Deloitte, una delle Big Four, le aziende di consulenza più importanti del mondo. Poi molla tutto e torna alle sue montagne, dove si dedica «alla natura e alla scrittura». A spronarlo a mandare a Carabba un suo manoscritto, il collega Mauro Corona, fratello dolomitico (Erto è a pochi chilometri da Tai). Entrambi hanno fatto di quelle montagne, del modo di vita semplice, povero, duro, che lì si è mantenuto per secoli, protagonisti assoluti della scrittura. La storia di Onesto appare assai meno stramba se si capisce che scrivere alle montagne è solo un espediente letterario per raccontare una vita, affidando voce e memoria a quelle presenze silenziose, sottratte alla implacabile edacità del Tempo.
«Non avevamo nulla ma lei era sempre contenta»
Una storia di un mondo antico, con poco superfluo, in cui i nonni hanno imparato da due guerre che «sprecare è una faccenda sempre sbagliata» (c’era bisogno di due guerre?), la mamma partorisce in cucina perché è l’unica stanza tiepida della casa, assistita solo da una levatrice, i bambini, a Natale, ricevono in dono dei mandarini (tre a testa), e li tengono in bocca il più a lungo possibile per gustarne il sapore, il protagonista ha le scarpe di due numeri più grandi perché comprate dal vicino a due lire. La mamma cuce, scambia i suoi lavori con carne, sale, farina. Il padre è partito per la guerra e non è più tornato. «Non avevamo nulla ma lei era sempre contenta». E bella, come quasi sempre le mamme agli occhi dei figli. E orgogliosa dei suoi due gemellini, Onesto e Santo. Che però, Jules et Jim in Cadore, si innamorano della stessa bambina, poi donna: Celeste, conosciuta rocambolescamente perché figlia del contadino a cui i due rubano i cavoli cappucci. Onesto rinuncia, perché anche il fratello, dichiaratosi per primo, è innamorato di lei. Difficile scacciare, ogni volta, come una tentazione sbagliata, gli affioramenti di quell’amore. La storia, che recupera questo mondo arcaico di montagna senza vip, si tinge di rosa, ma anche di giallo-nero, fra un amore soffocato, un rapimento, una brutta violenza di cui vittima sarà, proprio, Celeste.
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