Strout e la democrazia allargata della narrabilità

LA RECENSIONE. Bob, personaggio di cui si racconta la storia nell’ultimo romanzo di Elizabeth Strout, «non crederebbe mai che nella sua vita ci sia qualcosa che vale la pena di essere raccontato. Invece è così; come per tutti noi».

«Raccontami tutto» («Tell me everything», Einaudi, pp. 280, euro 19,50) è il titolo, giustificatissimo, del libro, il cui motivo conduttore è proprio il racconto delle «vite ignorate», che non fanno notizia, eppure hanno inattese facoltà di sorprendere, colpire, trasmettere. Crosby, immaginaria cittadina del Maine, in cui la Strout è nata e cresciuta.

L’anziana Olive Kitteridge, protagonista eponima del romanzo che è valso alla Strout il Pulitzer nel 2009, invita la scrittrice Lucy Barton per raccontarle storie di vite ignorate che meritano di essere raccontate. La linea di equilibrio su cui la Strout virtuosisticamente si destreggia corre fra la constatazione che «la maggior parte della gente non è in grado di interessarsi «davvero» a esperienze non sue»; e la misteriosa empatia, partecipazione, legame che invece, per oscure chimiche del profondo, si stabilisce fra due persone, proprio all’atto del raccontare, del confidare. Bob, avvocato penalista, che da New York è tornato nel paesino del Maine, racconta a Lucy di quando da piccolo aveva detto a sua madre che il Natale non gli piaceva e lei era scoppiata a piangere. Il ricordo, per ragioni difficilmente sondabili, gli si è inciso nella memoria, ed ogni volta, ancora, lo turba, specie per non aver capito, bambino, «quanto la vita fosse dura per lei». Dalla reazione di Lucy, Bob «si rese conto. Che lo aveva ascoltato. Aveva assimilato quel suo racconto» come né l’una né l’altra delle donne che più gli erano state vicine era riuscita a fare. Il romanzo è una registrazione credibile, efficace, realistica, tra freddo e calore, di queste intermittenze di comprensione, vicinanza o lontananza, empatia o distacco, fra esseri umani. Tutto entro una sorta di democrazia allargata della narrabilità, del diritto di ciascuno ad essere oggetto di racconto. E il libro è tutto un sommarsi/intrecciarsi di racconti, che gli abitanti di Crosby, o della vicina Shirley Falls, fanno gli uni agli altri. Magari meravigliandosi di quanto la compagnia di qualcuno - che sia anche capace di ascoltare «davvero», come Lucy, scrittrice non per caso - procuri uno strano piacere, induca a cercare ancora chi ha significato una possibilità di evasione e condivisione.

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