Cronaca / Isola e Valle San Martino
Sabato 08 Novembre 2025
Crespi d’Adda, da 30 anni patrimonio Unesco: dal 2026 via al restyling
L’ANNIVERSARIO. La proprietà al lavoro per intervenire sui primi edifici: museo, coworking e spazi pubblici. E si punta a «un concetto di industria nuovo».
Capriate San Gervasio
È stato il primo – e a lungo l’unico – sito Unesco della Bergamasca. Tra meno di un mese, per la precisione il 5 dicembre, ricorreranno i 30 anni dell’iscrizione del villaggio di Crespi d’Adda nel Patrimonio mondiale. E novità importanti sono in arrivo per la sua fabbrica, per 125 anni «cuore pulsante» di questo luogo e ora chiusa dal 2003. Ormai da alcuni anni, allo studio c’è il rilancio dell’ex cotonificio «gioiello» da parte della proprietà, il Gruppo Percassi, che l’ha acquisito nel 2013 tramite la holding Odissea. Alla firma dell’accordo di programma di validità decennale con Regione, Provincia e Comune di Capriate si è arrivati nove anni dopo, nel 2022.
Dopo la messa in sicurezza, dal prossimo anno una prima «restituzione»
Finora i lavori della proprietà si sono concentrati principalmente sulla (già di per sè impegnativa) messa in sicurezza degli spazi: oltre al «saccheggio» subìto negli anni successivi alla chiusura, c’era da fare i conti con tetti cadenti, finestre malconce, spazi ammalorati che tuttavia non scalfiscono il fascino di questo luogo.
E il prossimo anno qualcosa inizierà a cambiare, con una prima «restituzione» alla collettività di una parte degli spazi. Le attenzioni si stanno infatti concentrando sulla prima porzione che si incontra arrivando a Crespi: la vecchia portineria, su cui la proprietà era già intervenuta e che oggi ospita un bel plastico dell’intero cotonificio, tutta la stecca retrostante fino all’Adda per circa duemila metri quadrati, la contigua struttura in plexiglass, l’edificio rosso «a cubo», che porta la firma di Alziro Bergonzo (e di cui per ora si sistemeranno le sole facciate esterne).
Il cancello da spostare
«Gli edifici sono molto belli, ma dalle analisi sta emergendo anche quanto siano in condizioni critiche»
La prima e più visibile «rivoluzione» sarà uno spostamento del cancello di ingresso, che porterà questi spazi all’esterno della recinzione della fabbrica, rendendoli accessibili e dando visibilità anche alla lunga «promenade» che corre tra gli edifici.
«Stiamo attendendo il parere della Soprintendenza, nel frattempo portiamo avanti le indagini strutturali – spiega il coordinatore del progetto per conto del Gruppo Percassi, Aldo Giacin –. Gli edifici sono molto belli, ma dalle analisi sta emergendo anche quanto siano in condizioni critiche. Il risanamento richiederà interventi impegnativi, tutelando nel contempo il valore storico».
Prima fase di sei: si pensa anche a un museo
L’idea, per sviluppare questa prima fase delle sei previste dall’accordo di programma, è che parte dell’edificio di ingresso ospiti un’ampia sala – che sarà ceduta al Comune – per l’associazione Crespi d’Adda, impegnata nel diffondere la conoscenza sulla storia del villaggio, anche tramite la gestione del centro per i visitatori. È inoltre in corso un confronto con il Parco Adda Nord, che potrebbe dar vita a uno spazio educativo su temi ambientali, e con un ente di formazione per attività legate a scuola e lavoro. In previsione anche spazi per il coworking e ristorazione-bar. L’attuale struttura in plexiglass, che non ha vincoli di tutela, dovrebbe essere demolita, lasciando spazio soltanto a una copertura che diventi un camminamento verso il retrostante fiume Adda.
Per il primo piano si pensa invece a un museo: «Stiamo ancora approfondendo, ma l’idea sarebbe di sviluppare un’esposizione legata alla storia dell’informatica e del personal computer», rivela Giacin. L’elemento della tecnologia e dell’innovazione, d’altra parte, vorrebbe essere il «sale» dell’intero recupero della fabbrica.
Niente spazi commerciali
L’obiettivo del privato, una volta ottenuti i «via libera» del caso, è di avviare questi interventi della «fase 1» entro la primavera, così da completare i lavori entro la fine del 2026: una parte della fabbrica dovrebbe così tornare, entro la fine del prossimo anno, fruibile dalla collettività. Tassello iniziale di un progetto ben più ampio e complesso.
«Vorremmo diventasse un centro di eccellenza, con un prodotto non più “materiale” come era per lo stabilimento tessile, bensì “intellettuale”»
Il riconoscimento Unesco metteva al centro il fatto che il villaggio fosse, ai tempi, ancora un luogo di lavoro, vissuto, non solo uno straordinario monumento. Così, anche per il futuro si sta ragionando di lavoro, in forme innovative. «Vorremmo diventasse un centro di eccellenza, con un prodotto non più “materiale” come era per lo stabilimento tessile, bensì “intellettuale” –, spiega Giacin – Abbiamo intavolato un dialogo con diverse realtà». Nell’accordo di programma le funzioni centrali sono terziario e servizi, mentre il Gruppo Percassi non è al momento intenzionato a sviluppare la pur limitata quota di commerciale prevista nel piano: «Ad oggi non è sul tavolo», conferma Giacin. Lo sguardo è invece a «un concetto di industria nuovo».
Un percorso tutt’altro che semplice: una superficie degli edifici di quasi 70mila metri quadrati (il comparto nel suo complesso supera i 125mila), e immobili protetti da vincolo monumentale, con la necessità di ragionare su funzioni adatte al contesto e sostenibili nel tempo.
L’aspetto dei collegamenti
Aspetto centrale sarà anche quello dei collegamenti. L’accordo di programma prevede intanto alcuni interventi stradali: dovrebbe partire a breve la riqualificazione di tre rotatorie della zona, cantiere da tre milioni di euro in capo alla Provincia, con fondi in gran parte regionali. Ma anche la stessa Odissea sta intervenendo, con i lavori già in corso per una nuova rotatoria tra la provinciale 184 e via Crespi. Prevista anche la realizzazione di un nuovo marciapiede e di due fermate dell’autobus.
«Il territorio sarà coinvolto»
Gli investimenti privati sul lungo periodo, per la rinascita della fabbrica, sono ipotizzati nell’ordine delle centinaia di milioni di euro, con «creazione di valore anche per il territorio. Alla base, un’idea di sharing economy», dice Giacin, con ricadute per la comunità, dall’indotto ai posti di lavoro, fino alla risonanza internazionale di un cantiere che prende forma all’interno di un sito Unesco. «Il territorio – assicura il coordinatore del progetto – sarà coinvolto nelle diverse fasi: un percorso condiviso è fondamentale per portare avanti grandi progetti come questo».
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