
Cronaca / Isola e Valle San Martino
Martedì 19 Agosto 2025
Delitto di Sharon, la perizia non fa sconti a Sangare: «Narcisista, ma capace di intendere»
UN ANNO DOPO. Il trentenne è a processo per l’omicidio di Sharon Verzeni, di Terno d’Isola. La relazione del perito: i disturbi non hanno inciso sulla comprensione della realtà. Il 22 settembre sarà battaglia in aula.
Terno d’Isola
Era capace di intendere e di volere, Moussa Sangare, la notte del 30 luglio 2024 in cui è stata uccisa Sharon Verzeni mentre passeggiava nel centro di Terno d’Isola. Lo ha stabilito Giuseppina Paulillo, direttrice dell’Unità operativa complessa «Residenze psichiatriche e psicopatologia forense» dell’Ausl (Azienda unità sanitaria locale) di Parma, cui la Corte d’assise di Bergamo presieduta da Patrizia Ingrascì il 18 marzo scorso aveva affidato l’incarico nell’ambito del processo in corso per l’omicidio della barista 33enne.
L’imputato è il trentenne nato a Milano da genitori maliani, che nell’immediatezza dell’arresto aveva ammesso le proprie responsabilità, ma che si era poi presentato alla prima udienza del dibattimento proclamandosi innocente. È il secondo pronunciamento di questo tipo in poco più di un mese, dopo che Sangare a luglio era stato giudicato capace di intendere e di volere anche dalla psichiatra Valentina Stanga, nominata perito dal gup Maria Beatrice Parati nel corso del processo in abbreviato per i maltrattamenti ai danni della sorella e della madre conclusosi con una condanna in primo grado a tre anni e 8 mesi.
Un disturbo misto di personalità
La dottoressa Paulillo ha individuato nell’imputato un disturbo misto di personalità di tipo narcisistico e antisociale e un disturbo da uso di cannabinoid i. Ma questi disturbi, conclude la psichiatra, non sono andati a influire sulla comprensione della realtà. Non sono stati ravvisati disturbi della percezione né sintomi di comportamenti deliranti. Nella relazione, depositata nei giorni scorsi, Sangare è descritto come un soggetto alla ricerca di esperienze eccitanti e adrenaliniche, poco propenso a prendere in considerazione le conseguenza per sé e per gli altri e con difficoltà nell’adattarsi alle norme sociali. Un tipo anaffettivo, anche con madre e sorella (dei gravi problemi di salute accusati dalla prima non sembra essersi mai preoccupato), più concentrato sulla volontà di fare soldi, pur campando di lavoretti saltuari e poco redditizi e indulgendo spesso in comportamenti parassitari. Sangare, è il sunto della relazione, non ha mostrato sensi di colpa né rimorsi per quello che ha fatto, incapace com’è di riconoscere o di identificarsi con le necessità e i sentimenti altrui. Anzi, quando si va parlare della vicenda che lo ha condotto in carcere, il trentenne adotta una strategia che gli consente quasi di distrarsi. Fatuo e superficiale viene descritto il suo atteggiamento.
Davanti ai carabinieri e al pm Emanuele Marchisio, che erano riusciti ad arrestarlo dopo un mese di indagini, aveva ammesso le proprie responsabilità. Ma il 18 marzo scorso in aula aveva ritrattato, spiegando che contro di lui non c’erano prove, che era solo un testimone, fuggito per paura dopo quello a cui aveva assistito
Un percorso di rimozione
E, in controluce, si intravede un percorso di rimozione, ben evidenziato dall’inversione a «U» nella sua linea difensiva mostrata fin dalla prima udienza del processo, che aveva finito per spiazzare persino il suo legale, l’avvocato Giacomo Maj. Davanti ai carabinieri e al pm Emanuele Marchisio, che erano riusciti ad arrestarlo dopo un mese di indagini, aveva ammesso le proprie responsabilità. Ma il 18 marzo scorso in aula aveva ritrattato, spiegando che contro di lui non c’erano prove, che era solo un testimone, fuggito per paura dopo quello a cui aveva assistito. Si era tagliato i capelli e aveva gettato gli indumenti che quella sera indossava, è stata la versione che ha offerto ai giudici, perché aveva timore che quello che secondo lui è il vero assassino potesse rintracciarlo e metterlo a tacere. La confessione, aveva raccontato, era il frutto delle pressioni degli inquirenti: «Era tre giorni che non dormivo», «Mi sono uscite parole che non volevo dire», «In caserma tante parole sono state cambiate con altre parole» (ma la sua confessione è videoregistrata).
L’udienza del 22 settembre
Il cartone a forma di volto sequestrato a casa sua e usato come bersaglio per coltelli? Un modo per sfuggire alla noia, un po’ come quando si gioca alle freccette, ha detto Sangare. Che a uno dei colloqui con gli psichiatri si presentò con pezzi di carta igienica infilati nelle orecchie a mo’ di auricolari, spiegando che in carcere (dove in effetti c’è un non indifferente chiasso di sottofondo) lo aiutano a pensare alle sue cose.
Nell’udienza del 22 settembre la relazione della dottoressa Paulillo verrà discussa alla presenza dei consulenti delle parti: Sergio Monchieri per la Procura; Massimo Biza per le parti civili con l’avvocato Luigi Scudieri; Alessandro Calvo per la difesa, che aveva già avuto modo di contestare gli esiti e la metodologia della perizia psichiatrica effettuata durante il processo per i maltrattamenti.
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