Ago e filo, qui curiamo le ferite dell’anima creando insieme legami di solidarietà

Officine Tantemani Laboratorio pomeridiano «al femminile» della cooperativa sociale Patronato San Vincenzo.

Cucire è un atto che richiede lentezza, cura e precisione. Far passare il filo nella cruna dell’ago, tenderlo, annodarlo, mettere un punto nella stoffa. Avviene lo stesso con le ferite dell’anima: servono la stessa prudenza e tanta attenzione per suturarle. L’ingrediente segreto, però, è la vicinanza di altre persone, che compiono insieme lo stesso cammino. Anche questa è un’arte che si impara con pazienza, mettendo insieme le dita, i pensieri e le parole in un laboratorio pomeridiano «al femminile» delle Officine Tantemani, progetto della Cooperativa Sociale del Patronato San Vincenzo. «È un gruppo di donne - spiega Francesca Moroni, educatrice e responsabile di questa attività - con e senza fragilità. Alcune di loro hanno affrontato situazioni difficili come il carcere o periodi di ritiro sociale».

Si ritrovano per tre giorni alla settimana, martedì, mercoledì e giovedì. Si siedono intorno a un tavolo, si guardano negli occhi. Tagliano e cuciono i tessuti, e allo stesso tempo, incontrandosi, mettono nuovi punti nelle loro vite. Creano legami di solidarietà e fiducia reciproca, e grazie ad essi riescono a trasformare la loro porzione di mondo in un luogo più accogliente, sereno e luminoso, che - nonostante tutto - ha ancora qualcosa di buono da donare.

Cucire diventa un’azione creativa e delicata, simbolo potente di coraggio e di resistenza, che unisce vite e mondi lontani, e un punto alla volta li colora con le tinte pastello della speranza

È stato così per Dafne, 43 anni, di Bergamo. È entrata nelle stanze di Tantemani in punta di piedi un anno fa, per un tirocinio. Stava riemergendo da un periodo molto difficile della sua vita, da sempre segnata dalla fragilità. «Quando è morto mio nonno Emilio, due anni fa, - racconta - sono sprofondata nella tristezza. Avevo un legame speciale con lui, trascorrevamo molto tempo insieme. Andavo da lui ogni giorno per aiutarlo occupandomi della sua casa, tenendola pulita e in ordine. Ho ereditato da lui la passione per l’arte. Modellavamo insieme la creta, e lui amava molto dipingere, sia su stoffa sia su ceramica. Senza di lui mi sentivo smarrita, come se la sua mancanza mi avesse spezzata e non trovavo la forza di reagire».

È stato un duro colpo, che ha mandato in frantumi un equilibrio già incerto: Dafne ha perso la voglia di vivere e perfino il desiderio di uscire di casa. Ci sono voluti tempo e impegno per recuperare: «Vivo con i miei genitori, la mia famiglia mi è stata molto vicina, mi ha aiutata a risollevarmi». In cerca di nuove prospettive ha provato a cimentarsi in diverse esperienze: «In passato - racconta - avevo lavorato in una mensa scolastica. Dopo questo periodo buio ho provato a inserirmi in una cooperativa che si occupava di assemblaggio, ma i miei compiti erano troppo ripetitivi, mi sentivo demotivata e depressa. Così ho voluto tentare con qualcosa di diverso».

Quando è arrivata nelle stanze di Tantemani si occupava di tenere puliti e in ordine gli ambienti. «Ci incrociavamo di pomeriggio - dice Francesca -, quando lei faceva le pulizie, e ci siamo accorti che le attività dei nostri laboratori artistici la incuriosivano, così abbiamo provato a coinvolgerla. Col tempo, confrontandoci nello staff degli educatori, ci siamo resi conto che era importante per lei avere uno spazio di espressione e di socializzazione, e che questa era la strada giusta per lei, un’attività che offrisse anche contatto umano e la possibilità di interagire con altri». Così Dafne è entrata a far parte del gruppo: «Ho potuto sperimentare molte attività diverse - osserva - il lavoro all’uncinetto, per esempio, che non avevo mai provato prima. Ho ripreso a disegnare, un’attività che avevo abbandonato da tempo. Collaboro anche con la rivista di Tantemani Bandita; nell’ultimo numero ci siamo occupati di argomenti importanti come il carcere, la giustizia, i percorsi di riabilitazione. È stato interessante conoscere questa realtà, visitare l’ex carcere di Sant’Agata in Città Alta, ascoltare la sua storia».

Mondi diversi e lontani

Ha incontrato così mondi diversi e lontani: anche questo l’ha aiutata a comprendere in modo profondo, facendo tesoro per sé e per la propria vita quotidiana che nella vita capitano degli intoppi, ma si possono affrontare e superare. Realizza collane di stoffa riciclando ritagli avanzati da altri lavori, ne crea di bellissime dando il suo tocco personale. «Ogni giorno - continua - ci dedichiamo a qualcosa di diverso, così non ci si annoia mai. C’è sempre una componente di sorpresa. Arriviamo e le educatrici ci spiegano quali compiti ci toccano. Ho stretto nuove amicizie, mi trovo bene con le altre persone che frequentano il laboratorio e mi sento più serena da quando vengo qui. Quando finiamo facciamo sempre un tratto di strada insieme verso casa e a volte andiamo a prendere un caffè al bar per chiacchierare ancora un po’ tra noi».

«Ho scoperto che si possono “ricamare” le immagini, non l’avevo mai visto fare, e il risultato è molto bello. Stampiamo le fotografie, creiamo piccoli fori con un punteruolo e poi ci passiamo il filo colorato, creando dei decori»

Si dedica con passione al cucito: «Ho scoperto che si possono “ricamare” le immagini, non l’avevo mai visto fare, e il risultato è molto bello. Stampiamo le fotografie, creiamo piccoli fori con un punteruolo e poi ci passiamo il filo colorato, creando dei decori. Alla fine queste immagini hanno un aspetto completamente diverso. Ho dato vita in questo modo a tanti piccoli quadri, che ho donato alla mia famiglia e sono stati molto apprezzati. È una bella soddisfazione offrire un dono fatto da me. Per completarne uno ci vogliono almeno due pomeriggi. Ho lasciato qui, su una mensola, una di queste foto ricamate, perché mi piace l’idea che in questo ambiente ci sia anche un mio contributo. È stimolante lavorare con altre persone, prima soffrivo moltissimo la solitudine. Ora vorrei imparare a disegnare e a realizzare oggetti di ceramica dipinta, come faceva mio nonno».

Dafne, finalmente, può sentirsi fiera di sé, di ogni piccola conquista: «Anche i miei genitori e mia sorella sono molto contenti di questo lavoro. Ogni sera a cena ci scambiamo opinioni e li tengo al corrente delle novità». La famiglia e il suo compagno rappresentano un riferimento essenziale per lei, che li ha messi anche nella sua «Isola», un altro lavoro creativo di disegno e narrazione realizzato con i colleghi di Tantemani: «L’ho rappresentata come un luogo di pace e di serenità, attingendo ai miei ricordi d’infanzia».

«Stiamo realizzando alcune illustrazioni per un progetto sulle leggende bergamasche curato da una studentessa dell’Accademia Carrara. Ognuna di noi può sbizzarrirsi con libertà usando uno stile personale»

Col tempo ha imparato ad apprezzare alcuni lavori un po’ faticosi che altre donne svolgono malvolentieri, come stirare: «Mi rilassa e mi rasserena, mi aiuta a svuotare la mente dalle preoccupazioni» dice sorridendo, e si capisce che non è una frase di circostanza. Seduta al tavolo accanto c’è Alessandra - un’altra studentessa che svolge a Tantemani il suo tirocinio - intenta a disegnare: «Stiamo realizzando alcune illustrazioni - racconta - per un progetto sulle leggende bergamasche curato da una studentessa dell’Accademia Carrara. Sono storie curiose che non conoscevo. Ognuna di noi può sbizzarrirsi con libertà usando uno stile personale. A me piacciono i fumetti, soprattutto quelli giapponesi, e nelle mie tavole c’è sempre qualche particolare studiato per divertire i lettori».

Nella stanza ci sono tanti scampoli di stoffa dai colori vivaci: «Usiamo in modo creativo - spiega Francesca - i materiali che ci vengono donati, spesso avanzi di lavorazione». In questo momento stanno creando dei «cuscini per la meditazione»: bisogna preparare una federa interna, di colore neutro, da riempire con i semi di lino - che si possono raffreddare oppure scaldare - e una esterna, decorativa, per la quale si possono usare tessuti dalle fantasie sgargianti. «Abbiamo realizzato alcune sagome in cartone - spiega Andrea, studentessa della scuola agraria che sta svolgendo un tirocinio a Tantemani - che ci servono per prendere la misura. Poi disegniamo i contorni sulla stoffa e la ritagliamo». La seta scivola un po’: «Non è facile» sospira Andrea, al secondo tentativo. Alla fine però ce la fa, e ci regala un sorriso. Il laboratorio la sta aiutando a rafforzare la fiducia in se stessa.

Una volta tagliati i tessuti, arriva il momento di cucire, a mano oppure a macchina. Alcune operazioni di rifinitura richiedono maggiore precisione, per cui, spiega Francesca, «è meglio essere in due». La chiave di tutto questo lavoro sono le relazioni di collaborazione e di scambio: imparare una dall’altra, stare vicino a chi fa più fatica, a chi sta attraversando una brutta giornata. Per scoprire alla fine con un pizzico di meraviglia di aver realizzato qualcosa di bello, come spiega Silvia, mostrandoci con un pizzico d’orgoglio una tazza di ceramica dipinta con un decoro accattivante di gattini: «Ho dovuto restare a casa per qualche mese di convalescenza dopo un intervento, e ho sentito la mancanza del lavoro e delle amiche. Quando ho iniziato a partecipare al laboratorio mi sembrava tutto molto difficile, non credevo di essere capace, poi mi sono lasciata andare e ho scoperto di poter ottenere risultati positivi, al di là delle mie aspettative. Mi è tornata la passione per il disegno che avevo abbandonato quando ero piccola».

Anche l’artista Louise Bourgeois credeva nel potere di cucire e tessere come metafore per riparare vite sfilacciate: «Se rompi la tela di un ragno - scriveva - lui non si arrabbia, tesse e la ripara» proprio come faceva sua madre con gli antichi arazzi. Lei si era avvicinata così all’arte, con le cuciture, ripristinando i disegni mancanti nelle tele, scoprendo così che si trattava di un artigianato dignitoso e nobile, capace di trasformare la vita. Così, per le donne del laboratorio di Tantemani, cucire diventa un’azione creativa e delicata, simbolo potente di coraggio e di resistenza, che unisce vite e mondi lontani, e un punto alla volta li colora con le tinte pastello della speranza.

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