La magia del corpo e dell’acqua. «In piscina ci sentiamo più liberi»

Asd Omero. I racconti dei disabili visivi che partecipano ai corsi di acquagym organizzati a Redona.

«Sii come l’acqua - diceva Bruce Lee, attore e maestro d’arti marziali - che si fa strada attraverso le fessure. Non forzare, ma adattati all’ostacolo, e troverai un modo per aggirarlo o attraversarlo». Seguono lo stesso principio gli atleti ipovedenti e ciechi dell’associazione sportiva dilettantistica disabili visivi Omero di Bergamo, che sperimentano attività e discipline sempre nuove adattandole con intraprendenza alle proprie esigenze.

Accade, per esempio, con il corso di acquagym inclusiva nato su impulso di Monica Bonacina, volontaria di Unione Ciechi (Uici) e Omero, con Irma Bonalumi, consigliera di Asd Omero, in partnership con la piscina Blu Fit di Redona, grazie alla disponibilità di Edoardo Scaburri e Cristina Bortolotti. Lo spazio per le lezioni, che si svolgono a cadenza mensile, è stato messo a disposizione gratuitamente.

«All’inizio non volevo partecipare, poi mi sono aperta, ho stretto amicizie e ho imparato a fidarmi»

Sono coinvolte persone con e senza disabilità visiva, l’istruttore spiega nel dettaglio i movimenti anziché mostrarli, gli accompagnatori si assicurano che i partecipanti non entrino in collisione. Un’esperienza nuova e stra-ordinaria, in cui l’acqua compie la sua magia, sollevando e togliendo peso in senso fisico ma anche simbolico: «Nell’acqua - spiega con un sorriso Chiara Aldegani, 21 anni - mi sento libera e più leggera, per un’ora non devo più portare la zavorra della cecità».

Chiara ha perso la vista gradualmente a causa di una malattia genetica, e considera il corso come un’occasione per mettersi alla prova: «Fino all’anno scorso - racconta - lo sport era un mondo sconosciuto, anche se mio padre continuava a spronarmi a provare. Avevo undici anni quando la malattia ha iniziato a peggiorare e quando poi sono diventata cieca mi sono chiusa in me stessa: questa condizione mi pesa, faccio ancora un po’ fatica ad accettarla. Mi sento diversa, emarginata dai miei coetanei. Ho dovuto imparare tutto da capo, abituarmi a compiere ogni gesto in modo diverso. Ho sempre paura di non essere accettata, non voglio essere notata, proprio per questo evito il più possibile di usare il bastone».

Fare parte dell’associazione e trovare un lavoro mi ha cambiato la vita

La sua vita scolastica non è stata piacevole: «Spesso i compagni mi lasciavano sola. Non mi è mai piaciuto studiare, ma questa condizione di sicuro non mi ha reso il percorso più facile. Non vedevo l’ora di ottenere il diploma di maturità per poter lavorare. I miei mi sono stati sempre vicini e mi hanno aiutato a reagire, a cambiare atteggiamento, stimolandomi a trovare nuovi ambienti in cui potessi sentirmi a mio agio. All’inizio non volevo partecipare alle attività dell’associazione Omero, mi mettevo in un angolino e non parlavo con nessuno. Poi gradualmente mi sono aperta, ho stretto amicizie, ho imparato a fidarmi. Lavoro nel negozio di abbigliamento di famiglia e anche in quel contesto tutti hanno notato un grande cambiamento in me. Ne sono molto felice».

Un passo alla volta, Chiara ha avuto la possibilità di cimentarsi in sfide e avventure sempre diverse: «Ho partecipato al corso di sub proposto da Omero, ero curiosa di provare e poi mi sono appassionata. C’era un istruttore per ogni partecipante, perciò non avevo alcun timore. Ora proseguo frequentando lezioni di nuoto una volta alla settimana».

In seguito Chiara ha scoperto anche la bellezza dell’atletica leggera: «Mi sono innamorata della corsa, che pratico anche a livello agonistico. L’acquagym permette di muovere tutto il corpo, è un modo divertente e non troppo faticoso per mantenere l’allenamento e un’occasione per ritrovarsi insieme». Il valore aggiunto è la possibilità di intrecciare relazioni: «Dopo la lezione - sottolinea Chiara con un sorriso - andiamo in pizzeria per la cena, e trascorriamo la serata insieme». All’interno dell’associazione Omero si è formato poi anche un «gruppo giovani»: «Siamo una quindicina e ci ritroviamo anche al di fuori della palestra per cene, aperitivi, gite, camminate e tanto altro. Siamo diventati amici».

Fra loro c’è anche Nicole Zanchi, 23 anni, di Sedrina, che frequenta con lei il corso di acquagym: «Sono ipovedente - spiega -. Sono nata prematura, i miei problemi di vista sono iniziati così. Mi piace molto lo sport e ho iniziato a fare ginnastica in acqua fin da piccola con mia madre alla piscina di San Pellegrino. In seguito ho frequentato corsi di pallavolo e atletica. A farmi scoprire l’associazione Omero è stata la mia oculista, Flavia Fabiani, che purtroppo è morta nell’ottobre scorso ed è stata promotrice di tante iniziative per ipovedenti e ciechi, tanto che le è stato intitolato l’ambulatorio medico Iris Flavia Fabiani gestito dall’Unione Ciechi in via Diaz n. 14. Lavoro come centralinista in una ditta di Gorle attraverso la cooperativa “La sfida” dell’Unione Ciechi. Sono legatissima alle persone che fanno parte di Omero, sono la mia seconda famiglia, mi trovo benissimo con tutti, organizzano attività molto coinvolgenti, mi sento accettata e sempre a mio agio. Il corso di acquagym permette di muoversi a ritmo di musica, che è una delle mie più grandi passioni, ed è un peccato che si tenga soltanto una volta al mese, mi piacerebbe se ci fossero lezioni più ravvicinate. Siamo molto affiatati fra noi e ci divertiamo molto. Il mio lavoro è molto sedentario, perciò più mi muovo e meglio è. Lo sport rappresenta una parte bella della vita».

Avere un gruppo di amici e un punto di riferimento come l’associazione Omero è prezioso e compensa altri momenti di difficoltà: «Anch’io come Chiara ho attraversato periodi tristi, - continua Nicole - dai miei coetanei ho subito piccoli e grandi atti di bullismo, sono stata spesso esclusa e questo mi ha portato a ritirarmi per un lungo periodo dalla vita sociale. La mia disabilità è uno svantaggio, ma alla fine mi ha portato anche cose positive, come conoscere le persone speciali di questo gruppo, che mi hanno accolto e capito. Ora fanno parte della mia vita quotidiana e senza di loro non saprei proprio come fare. Facciamo tante cose insieme, dalle gite al pattinaggio. Con il gruppo giovani abbiamo perfino organizzato alcuni viaggi in giro per l’Italia. I nostri genitori all’inizio avevano qualche timore nel lasciarci andare, ma poi si sono dovuti ricredere, perché gli abbiamo dimostrato che siamo in grado di gestire questi spostamenti in modo autonomo senza esporci a rischi. Fare parte dell’associazione e trovare finalmente un lavoro mi ha cambiato completamente la vita. Sono diventata più allegra e solare, ho recuperato fiducia in me stessa e nel futuro». Ogni mattina Nicole si sposta in autobus da Sedrina a Gorle in modo autonomo: «Quando devo percorrere un nuovo itinerario per la prima volta in genere mi faccio accompagnare da una persona vedente, poi però una volta che ho individuato i miei punti di riferimento non ho difficoltà negli spostamenti. Certo la distanza è consistente, per essere al lavoro alle 8 devo alzarmi alle 5,30, mi piacerebbe in futuro andare a vivere da sola e poter trovare un appartamento in un posto più vicino a Bergamo, ma per adesso è ancora un sogno».

Anche per i volontari ogni incontro è una scoperta: «È la prima volta che faccio un’esperienza di questo genere - osserva Cristina Bortolotti - e la trovo bellissima, capace di cambiare il mio sguardo sulla vita, ispirata dall’entusiasmo di queste persone che hanno una disabilità ma non si identificano con essa, mentre a chi non ne ha accade a volte di identificarsi con i problemi che si presentano. La capacità di condividere e di creare comunità è una grande ricchezza».

Nel gruppo di acquagym ci sono persone di diverse età, e tra le generazioni l’energia scorre come l’acqua in un flusso circolare, perché il principio base è aiutarsi a vicenda. Lo racconta Giuseppe Villa, 58 anni, di Torre Boldone: «Sono entrato nel gruppo di Omero da circa un anno, mi sono avvicinato come volontario ma sono affetto da una maculopatia degenerativa, e ormai sono ipovedente. La prima persona cieca che ho conosciuto è Giambattista Flaccadori, presidente regionale dell’Unione ciechi e insegnante di musica. Con lui ho fatto parte per diciotto anni di un coro, ma allora non sospettavo che un giorno mi sarei trovato anch’io nel mondo dei non vedenti. Ho iniziato a vedere il buio a 45 anni e ho reagito male, mi sono isolato. Quando sono entrato nell’associazione, però, ho trovato una straordinaria famiglia allargata. Nicole e Chiara mi hanno aiutato moltissimo, ribaltando i ruoli delle generazioni. Per ora sono ancora un accompagnatore, perché mi è rimasto un residuo visivo e posso ancora essere d’aiuto agli altri, ma sono consapevole che presto sarò io ad avere bisogno d’aiuto».

Giuseppe si è meravigliato della vivacità e della forza che si respirano in questo ambiente: «È difficile immaginare dall’esterno quanto entusiasmo, passione e coraggio ci possano essere nel mondo dei non vedenti. Ci sono tante attività, dallo sport alla musica, percorsi tattili studiati appositamente perché anche le persone non vedenti possano apprezzare mostre, musei e chiese. Ho scoperto posti straordinari come la biblioteca con testi in Braille. Ho accompagnato tanti non vedenti e mi sono accorto che a volte mancano rispetto e comprensione per loro. Usare il bastone è complicato, spesso si trovano sui marciapiedi ostacoli inaspettati come i monopattini abbandonati. So che un giorno perderò del tutto la vista e mi conforta sapere che continuerò a essere circondato da persone meravigliose. Anche l’acquagym è un punto di partenza, un modo per muoversi e fare amicizia. Dopo 42 anni trascorsi lavorando in un magazzino, la disabilità mi ha portato un’invalidità dell’80%. In un momento complicato, l’associazione Omero mi ha aiutato ad aprire nuovi orizzonti e ad acquisire una nuova prospettiva sulla vita».

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