
La Buona Domenica / Bergamo Città
Domenica 15 Giugno 2025
Si va in scena con mister Parkinson: «In gioco per superare i propri limiti»
LA STORIA. La storia di Luigina Glielmi e l’esperienza del gruppo «Teatro e tremore» per mettere in circolo sempre nuove energie.
«Il teatro - scrive Federico Garcia Lorca - è poesia, che esce da un libro per farsi umana». Nel caso di Luigina Glielmi, 79 anni, che da tempo convive con la malattia di Parkinson, è diventata un’occasione per dare una direzione diversa alla vita, con un pizzico di leggerezza, per trovare nuovi amici, regalare sorrisi, fare volontariato. «La prima volta che sono salita sul palcoscenico - racconta con un sorriso - è stato per uno spettacolo allestito dalle Suore Sacramentine, ai tempi della scuola, mi ricordo ancora il titolo “Un marito per Cleonice”. Mai avrei pensato di tornare a fare l’attrice alla mia età».
Ha interpretato Lisetta, una governante simpatica e chiacchierona, nello spettacolo «Un affare di famiglia», diretto da Francesco Laterza, andato in scena di recente al Teatro alle Grazie, in città, promosso dall’Associazione italiana Parkinsoniani di Bergamo, con una dedica speciale al Vescovo Francesco Beschi - presente alla rappresentazione - per il 50° anniversario di ordinazione sacerdotale.
Lo spettacolo
Ispirato a «Gli innamorati» di Carlo Goldoni, questo spettacolo, nella versione originale di «Teatro e tremore» racconta le vicende di una coppia «con i capelli grigi», che deve lottare contro i pregiudizi dei familiari per affermare il valore dell’amore e della felicità. È stato molto apprezzato dal pubblico, che l’ha trovato vivace, divertente e per certi versi vicino - nelle descrizioni e nei dialoghi - all’esperienza quotidiana di attori e spettatori.
«Ero un po’ perplessa, non mi sentivo all’altezza del compito, ma ho deciso di provare»
Entrare nel gruppo «Teatro e tremore» ha segnato una svolta importante nella vita di Luigina: «Era un periodo in cui mi sentivo annoiata e un po’ giù di morale - racconta - cercavo nuovi stimoli e qualcosa di diverso in cui impegnarmi, si è presentata questa opportunità che ho considerato provvidenziale. Mi sono detta: “perché non provare?”. Così mi sono buttata».
L’incontro con l’Aip
Ha incontrato l’Aip grazie alla figlia: «Mi ha proposto lei di frequentare questo gruppo, spiegandomi che avrei incontrato altre persone, che stavano affrontando la malattia di Parkinson e avrei potuto confrontarmi con loro. All’inizio non ne avevo molta voglia, ci sono andata perché lei ha insistito. Quando ho partecipato all’incontro di presentazione delle attività stavano cercando nuove reclute per il corso di teatro, perché non c’erano abbastanza attori per poter mettere in piedi uno spettacolo. Ero un po’ perplessa, non mi sentivo all’altezza del compito, ma ho deciso di provare».
La «molla» del teatro
L’attività teatrale è un prezioso «laboratorio di umanità» come spiega il regista Francesco Laterza: «I nostri incontri sono appuntamenti molto attesi da tutti i partecipanti, e consentono loro di sperimentarsi in una modalità diversa, più creativa, di recuperare un po’ di spensieratezza. Recitare con gli altri è una fonte di gioia e di energia. Nel nostro appuntamento settimanale, molto atteso da tutti, ci concentriamo anche su molti aspetti utili per loro come la coordinazione, il senso del ritmo, la memoria». Salire sul palcoscenico, presentarsi a un pubblico, è una molla formidabile: «Spinge a mettersi in gioco e a superare i propri limiti - osserva Francesco -, ed è un impegno che fa bene, tanto che adesso il gruppo non vorrebbe sospendere l’attività durante l’estate».
Per Luigina questo è già il terzo spettacolo: «Ci ho preso gusto - sorride - e mi ha divertito interpretare la parte di questa domestica un po’ curiosa che crea una speciale complicità con il pubblico, intercettando i messaggi che si scambiano i protagonisti e rivelandone i segreti».
La necessità di adattarsi
Le ha permesso di mettere da parte le preoccupazioni: «La diagnosi della malattia di Parkinson è arrivata qualche anno fa - spiega -. C’è stato qualche segnale che inizialmente ho trascurato, un leggero tremore alle mani, un po’ di rigidità nei movimenti, di notte mi era capitato di cadere dal letto, avevo capito che c’era qualcosa che non andava. Ne ho parlato con il medico di base che mi ha indirizzato in ospedale per accertamenti e dopo una serie di esami è arrivata la diagnosi. All’inizio ero molto preoccupata, le immagini associate a questa malattia non sono rassicuranti, è un nome che fa paura. Poi ho iniziato le terapie e fortunatamente il mio corpo ha reagito abbastanza bene. La cosa che mi è pesata più di tutto è stata non poter più guidare la mia auto, perché tengo molto a essere autonoma negli spostamenti. Ho dovuto adattarmi: abito in città, per spostarmi mi sono di nuovo abituata a usare i mezzi pubblici oppure, se non è possibile, chiedo aiuto a parenti e amici».
«Nel gruppo ci sono persone di età e condizioni diverse, ma quando stiamo insieme è come una magia»
Coraggio e tenacia non le mancano: «Adesso viene riconosciuto in modo più esplicito il ruolo dei caregiver, riferito alle persone che si prendono cura dei propri cari con patologie, io l’ho fatto per tanti anni senza averne chiara consapevolezza seguendo i miei familiari che hanno lottato contro un cancro: mio figlio, che purtroppo è morto quando aveva solo 21 anni, mio marito e mio fratello. Stare accanto a loro mi ha mostrato quanto sia importante convivere con la malattia senza lasciare che ti rubi tutto ciò a cui tieni, facendosi coraggio, senza arrendersi mai».
La recitazione diventata passione
Sono già tre anni che frequenta il gruppo di teatro: «Mi è piaciuto poter di nuovo fare qualcosa per me. I miei nipoti sono grandi, mia figlia lavora, le mie giornate da sola erano lunghe e rischiavo di farmi prendere da un po’ di depressione, che è uno degli effetti legati alla malattia. Nel gruppo ci sono persone di età e condizioni diverse, ma quando stiamo insieme è come una magia: ognuno dà il meglio di sé, ci dimentichiamo per un momento di essere malati, pensiamo solo ai nostri personaggi e allo spettacolo, è come entrare in un altro mondo. Anche il copione è frutto di un lavoro comune: il regista ci propone una traccia, e poi ci lavoriamo insieme, facciamo delle proposte, ognuno aggiunge le proprie osservazioni, così alla fine lo sentiamo davvero nostro». Luigina ci ha preso gusto, tanto che quando un’amica le ha proposto di entrare anche in un secondo gruppo di teatro, ha accettato con entusiasmo: «Non c’è rivalità tra le due iniziative - spiega -, che si svolgono in giorni diversi e sono entrambe molto belle. Grazie a un’amica ho iniziato a frequentare anche il percorso di teatro sociale, che si svolge a Orio con altre signore: siamo tutte anziane, più o meno della mia età, molte anche oltre gli 80 anni. Mettiamo in comune i nostri ricordi, le canzoni della nostra giovinezza. Abbiamo messo in scena uno spettacolo “Le signore dello Stall”, molto semplice ma coinvolgente, che ha avuto un successo inaspettato, tanto che l’abbiamo portato nelle case di riposo, e abbiamo un sacco di richieste per replicarlo. Quando andiamo in scena anche il pubblico partecipa e canta, e a volte ci suggerisce e intona i brani che preferisce ascoltare, che appartengono al repertorio delle canzoni popolari bergamasche».
A Orio il teatro sociale
L’iniziativa, messa in atto dai servizi sociali del Comune di Orio al Serio con la Cooperativa Generazioni Fa, è nata con l’obiettivo di creare momenti di aggregazione e di ritrovo con le persone del paese, ma poi si è allargata anche oltre, coinvolgendo le partecipanti in una «tournée» nelle Rsa della provincia: «È stata una soddisfazione - osserva Luigina - scoprire che altri anziani si divertono ad ascoltarci e a partecipare ai nostri spettacoli. Mi sono sentita di nuovo gratificata e utile, questo mi permette di superare più facilmente i momenti di tristezza e di fatica, che purtroppo ogni tanto capitano. Ho trovato un’attività adatta a me, che mi permette di affrontare la vita con uno spirito diverso».
Amicizie e nuove energie
Entrambe le esperienze teatrali le hanno permesso di mettere in circolo nuove energie: «Ho fatto tante nuove amicizie, ho scoperto che sul palco si riescono a superare ostacoli prima inimmaginabili. Il giorno prima del debutto dello spettacolo di ”Teatro e tremore” di quest’anno, per esempio, eravamo tutti molto preoccupati: alcuni degli attori non si sentivano in grande forma fisica, il nostro regista si era messo le mani nei capelli, eppure quando si sono spente le luci e si è aperto il sipario è cambiato tutto e ognuno ha dato il meglio di sé, come se ci fosse una specie di interruttore segreto che fa andare tutti i tasselli al loro posto, senza fare più gli errori che capitavano durante le prove. Sarà la presenza del pubblico in sala che ci dà la spinta giusta. È bello poter regalare qualche momento di buonumore ad altre persone, che magari hanno la nostra stessa malattia, farle ridere e divertire. Così la vita diventa di nuovo piena di soddisfazioni e di speranza, nonostante l’età e i limiti fisici, in fondo basta poco».
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