La Buona Domenica / Bergamo Città
Domenica 23 Novembre 2025
«Una briciola di casa e un sorriso per i bambini ricoverati in ospedale»
AMICI DELLA PEDIATRIA. Una storia di volontariato, presenza discreta, impegno e amore che prosegue da 35 anni.
«Noi entriamo piano, con delicatezza, quasi in punta di piedi. Portiamo una briciola di casa in un posto per sua natura difficile come l’ospedale. A volte basta stare lì, senza domande. È un modo semplice di dire a ogni bambino, a ogni famiglia: non sei solo».
Inizia così la storia che l’associazione Amici della Pediatria scrive da 35 anni nei corridoi e nelle stanze dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo (e ancora prima agli Ospedali Riuniti). Così i volontari raccontano che cosa significhi aprire una porta, affacciarsi a un letto, e mettersi a disposizione di un piccolo paziente e della sua famiglia. Non cercano effetti speciali: costruiscono spazi e confini nuovi, in cui il dolore non cancella la possibilità di un sorriso. Trentacinque anni di gesti delicati, presenza discreta, con l’abilità di trasformare l’ordinario in straordinario: una lettura, un gioco diventano momenti in cui il cuore respira, prende coraggio e un po’ di leggerezza.
Le storie di tre volontarie
Ce lo raccontano tre donne, tre storie che intrecciano il volontariato con la quotidianità: Milena Lazzaroni, presidente dell’associazione, Stefania Madaschi e Mariella Raffaini, entrambe volontarie «storiche», impegnate da più di vent’anni. Ognuna porta un diverso modo di vivere il reparto, eppure le loro parole si compongono in un unico quadro, quello di un impegno fatto di empatia, attenzione e cura.
Milena racconta l’inizio di una «rivoluzione gentile» negli anni ’90. «Il professor Federico Bergonzi - spiega -, allora primario di Pediatria, ha intuito una necessità semplice, fino a quel momento mai considerata: un genitore deve poter restare accanto al proprio figlio 24 ore su 24. L’associazione, allora agli esordi e con risorse limitate, ha deciso quindi di investire nei letti per genitori. Un gesto concreto, che ha inaugurato un nuovo modo di vivere la cura, non solo tecniche e terapie ma presenza, conforto, vicinanza».
La crescita dell’associazione
Nel tempo sono cresciuti i progetti e le anime dell’associazione: «È iniziato un percorso articolato - continua Milena - con tante attività e progetti orientati a migliorare la vita dei bambini ricoverati e dei loro genitori».
Questo si è tradotto in attrezzature, spazi, impegno per una cura senza dolore. L’associazione sostiene l’ospedale con macchinari e strumenti medici all’avanguardia, arredi per rendere gli ambienti più accoglienti, nuovi spazi dedicati al gioco, alla creatività e alla relazione. «Ogni investimento - aggiunge Milena - è pensato per mettere al centro il bambino, la sua sicurezza e la sua serenità».
Le attività, una rete di gesti concreti
Le attività quotidiane dell’associazione costruiscono una rete di gesti concreti. «Amici della Pediatria - continua Milena - è una vera comunità che sostiene anche le famiglie nelle necessità primarie: alloggio, pasti, vestiario, trasporti e, nei casi più dolorosi, contributi per le spese funebri». Un servizio navetta collega casa, ospedale e le «Casette», inaugurate tre anni fa, che offrono ospitalità a chi arriva da lontano e deve fermarsi per periodi lunghi.
Anche la scuola in ospedale è un progetto importante: garantire il diritto all’istruzione significa mantenere un legame con la normalità e con il proprio percorso di crescita. Nel tempo sono stati curati gli ambienti: spazi ludici attrezzati, sale d’attesa pensate per i più piccoli e un parco esterno, il GiCoBe, che permette alle famiglie di condividere momenti di gioco all’aria aperta.
I cento volontari dell’associazione
Il cuore dell’associazione è costituito da un centinaio di volontari. Ognuno ha tempi e un ruolo ben definito, con una pianificazione attenta: leggere, giocare, accompagnare bambini e adolescenti, sostenere i genitori con discrezione e delicatezza.
«Un gioco o un’attività artistica - spiega Stefania - possono diventare uno spazio simbolico in cui un bambino può dire come si sente senza usare parole. Anche una semplice partita a carte può diventare un ponte con i piccoli che altrimenti si isolerebbero». Ogni gesto, ogni momento, è calibrato per rispondere a bisogni diversi. E dietro ogni scelta c’è l’attenzione di chi conosce la fatica, le paure e le speranze di chi è ricoverato.
Mariella racconta il suo primo incontro con il volontariato come una scommessa personale: non aveva figli, e il mondo dei bambini le sembrava distante. «Quando sono entrata in reparto per la prima volta, ero titubante - chiarisce -. Non sapevo se sarei stata in grado di affrontare certe situazioni. Ma mi sono bastati un sorriso e una richiesta di attenzione da parte di un bambino, per capire che avevo trovato il mio posto».
Da allora sono passati ventidue anni: è impegnata per due giorni alla settimana, tra il magazzino dei materiali destinati alle attività dei bambini e i turni in reparto. Il volontariato non le pesa: «Ricevo di più di quanto offro. Mi riempie il cuore, mi dà la forza di affrontare la vita con occhi diversi».
Ogni bambino un mondo
L’esperienza nelle corsie non è mai la stessa. Ogni bambino è un mondo, ogni reparto ha le sue dinamiche, ogni settimana porta incontri nuovi e imprevisti. «Il primo compito è esserci» spiega Stefania. Ci sono momenti di pura leggerezza - un disegno, un gioco, una storia - e altri più difficili e intensi, come quando bisogna accompagnare una mamma stanca o un bambino spaventato. Ogni gesto è scelto, calibrato, mai improvvisato, perché la delicatezza non può essere casuale.
Nel corso dei suoi trentacinque anni, l’associazione ha affrontato cambiamenti profondi: il passaggio dal vecchio ospedale al Papa Giovanni, la necessità di coordinarsi sempre meglio con il personale sanitario, l’uso della tecnologia per mantenere il contatto nei periodi di emergenza come la pandemia.
I momenti difficili del lockdown
Durante i mesi difficili del lockdown, i volontari hanno trovato modi creativi per restare vicini ai piccoli pazienti: videochiamate, laboratori online, kit di attività distribuiti nei reparti. «Abbiamo imparato - ricorda Stefania - che la distanza fisica non impedisce la vicinanza emotiva. È stato un periodo durissimo, ma ci ha spinto a crescere e ci ha insegnato molto».
Ciò che resta centrale nell’attività dell’associazione, al di là dei numerosi progetti e attività, è la relazione. Ogni incontro ha un peso, ogni gesto lascia un segno. «Una volta, al supermercato, - sorride Mariella - un giovane mi ha fermato e mi ha riconosciuto. Mi ha raccontato del suo ricovero in ospedale e del nostro incontro, avvenuto quando era piccolo. Il suo gesto di gratitudine mi ha fatto molto piacere, mi ha ricordato perché mi sono impegnata nel volontariato».
Il sorriso di una mamma nonostante la stanchezza, una bambina che torna a ridere dopo un lungo percorso di cura. Questi momenti diventano storie che si imprimono nel cuore e stimolano a continuare.
La formazione dei volontari
La dimensione educativa del volontariato è altrettanto importante: ogni volontario riceve formazione specifica, per conoscere i bisogni dei bambini, modulare l’approccio in base all’età e alle condizioni, gestire situazioni delicate.
«Non basta avere buona volontà - spiega Stefania -. Occorrono preparazione e sensibilità». La cura non è solo emotiva: è competenza, rispetto dei limiti, attenzione ai segnali invisibili.
Oggi, l’associazione è cresciuta, ma non ha perso la sua anima: entrare piano, portare una briciola di casa, creare legami senza invadere spazi. È una presenza discreta ma costante, un ponte tra la normalità della vita e l’ospedale, un modo di abitare il reparto senza sostituirsi ai genitori, ma diventando un punto di riferimento affidabile e rassicurante.
Ogni attività, dal laboratorio creativo alla lettura, dal gioco al supporto emotivo, è permeata da questa attenzione. Anche le piccole azioni diventano strumenti di sostegno: per i bambini, spesso, non c’è differenza tra gioco e terapia: «Ogni esperienza che li renda protagonisti, ascoltati, attivi - sottolinea Milena -, è parte di un percorso di cura».
La altre attività dell’associazione
L’associazione finanzia borse di studio per medici e infermieri e promuove la formazione di nuove figure professionali: psicologi, mediatori culturali, pedagogisti, psicomotricisti e logopedisti. Tutto questo per garantire un approccio sempre più completo e umano, capace di prendersi cura non solo della malattia ma di ogni singolo bambino nella sua globalità.
Oltre l’ospedale, l’associazione guarda alla comunità: «Laboratori, attività creative e progetti educativi - osserva Milena - cercano di lasciare un segno da portare poi anche nella vita quotidiana ordinaria dei bambini e delle famiglie, creando continuità tra il ricovero e la vita fuori dalle corsie». È un approccio che unisce empatia e concretezza, sensibilità e progettualità.
Stefania e Mariella concordano su ciò che serve per cimentarsi in questo tipo di volontariato: cuore, disponibilità, empatia, ma anche competenza e capacità di ascolto. «Bisogna essere presenti senza invadere - dice Stefania -, dare forza senza sostituirsi, accompagnare senza giudicare».
I progetti futuri
L’associazione continua a lavorare guardando al futuro. I progetti continueranno a crescere, la rete di volontari a rafforzarsi, le attività a innovarsi, ma l’essenza resterà la stessa: «Vogliamo dare strumenti - dice Milena - per sentire che chiedere aiuto non è una sconfitta, per affrontare anche i periodi più delicati con serenità e fiducia».
E così, ogni giorno, un volontario entra piano, con un respiro leggero, in una stanza d’ospedale dove un bambino, una famiglia attende. Gli Amici della Pediatria ricordano che il volontariato non è solo azione, ma cura, ascolto, presenza, con uno stile capace di trasformare la fragilità in umanità condivisa. Alla fine, restano i sorrisi, gli sguardi, le mani che si stringono e la certezza di un legame silenzioso e duraturo.
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