La psichiatra sull’omicidio di Treviglio: «L’offesa vissuta come oltraggio insopportabile»

L’intervista Tre vite spezzate in 10 giorni, ma l’affinità territoriale «è solo una coincidenza». Le immagini del delitto circolate in Rete? «Un potere dannoso soprattutto per i più fragili».

Tre omicidi efferati commessi nell’arco di dieci giorni, tre vite spezzate per mano di chi vive nel raggio di qualche decina di chilometri. Dietro alle tragedie di Fara Gera d’Adda, Grumello del Monte e Treviglio, può essere intravista una matrice comune, un denominatore specifico, magari anche territoriale? All’interrogativo che accomuna una buona fetta della comunità bergamasca in queste ore prova a rispondere Emi Bondi, psichiatra, direttrice del dipartimento di Salute mentale dell’Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo.

Dottoressa, c’è una matrice comune dietro a questi tre omicidi?

«Sì, ma non è nulla di specificatamente territoriale. Il denominatore di questi casi, che all’apparenza possono sembrarci diversi - un uxoricidio, l’assassinio di un mancato suocero, l’uccisione di un vicino di casa - è semmai l’assoluta incapacità di reggere la frustrazione. Con ogni probabilità chi ha commesso questi delitti non ha saputo, per via di una spiccata fragilità, tollerare quello che, ai loro occhi, sembrava un diritto inalienabile: l’amore della convivente, un bene tanto banale come una macchina che evidentemente era stata caricata di un’elevata importanza simbolica, la propria casa».

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Storie di fragilità, quindi?

«Sì, storie singole, ciascuna con le proprie specificità, che però sembrano rivelare un comune disturbo di personalità narcistica. Si tratta di disturbi tipici della società odierna, vittima del cosiddetto delirio di onnipotenza: si rivendicano diritti, libertà, pretese, si sente come dovuto anche ciò che dovuto non è. E chi è particolarmente fragile vive l’offesa a questi presunti diritti come un oltraggio insopportabile: talmente insopportabile da scatenare gesti folli, gesti che rivelano un puro discontrollo degli impulsi».

Eppure la geografia di questi tre delitti ci dice che sono stati commessi nell’arco di una manciata di chilometri.

«Ma la caratterizzazione territoriale non c’è e non va trovata a tutti i costi: i disturbi di personalità sono effettivamente in aumento a Bergamo, e noi lo vediamo in ospedale, ma lo sono anche in tutta Italia. È lecito che ci colpisca e stupisca la vicinanza temporale e territoriale: ma non va oltre alla coincidenza».

Sull’aumento generalizzato di disturbi psichiatrici quanto pesano fattori esterni cruciali, come la pandemia e il recente conflitto in Ucraina?

«La pandemia ha certamente posto grosse limitazioni al nostro delirio di onnipotenza, facendoci sentire fortemente ridimensionati. Così come la guerra sta chiaramente acuendo un senso di tensione e ansia. Ma, ripeto, dietro a questa triste sequela di omicidi ci sono tre storie personali legate soltanto, a quel che si può vedere dall’esterno, da gravi fragilità e disturbi di personalità».

Poche ore dopo l’omicidio di Treviglio, in rete giravano già le immagini del delitto girate da un vicino di casa: che potere hanno queste immagini su chi le vede?

«Un potere assolutamente dannoso, e non solo perché – e lo vediamo bene con il triste fenomeno dei suicidi – può fornire a quelle persone particolarmente fragili che assistono attraverso uno schermo la forza per rompere un tabù, per emulare lo stesso gesto violento e disperato. Il potere dannoso di queste immagini sta soprattutto nella loro capacità di trasformare ancora una volta un fatto tragico in un evento spettacolo. Siamo persi in un cortocircuito che continua ad alimentarsi e che ci porta a non essere più in grado di distinguere la realtà dalla fiction».

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