Orio, il rientro dei bergamaschi da Marrakech: gli abbracci dopo la paura del sisma - Foto e video

TERREMOTO IN MAROCCO. Familiari e amici accolgono i bergamaschi tornati nella tarda serata di domenica 10 settembre dalla città imperiale distrutta. «I muri cadevano, si alzava la polvere come se fosse nebbia». «Ho pensato che non avrei più rivisto i miei bimbi».

«Abbiamo sentito la terra muoversi e aprirsi sotto i nostri piedi. È stato agghiacciante, abbiamo avuto paura di morire e visto scene che non riusciremo mai a dimenticare». Sono drammatici i racconti dei bergamaschi che venerdì notte si trovavano in Marocco quando la terra ha iniziato a tremare, distruggendo intere comunità e lasciando sotto le macerie oltre 2mila morti. Il rientro ieri sera all’aeroporto di Orio al Serio con un volo da Marrakech atterrato intorno alle 20.40.

«Avevo paura che la terra si aprisse e mi ingoiasse, ho davvero visto la morte in faccia»

Il volto è ancora tirato quando varcano la soglia dell’uscita del terminal. La tensione si scarica in un lungo, fortissimo abbraccio con i familiari che li stavano aspettando. La voce è rotta dall’emozione, scende anche qualche lacrima, ma è grande la gioia di essere rientrati sani e salvi. «Avevo paura che la terra si aprisse e mi ingoiasse, ho davvero visto la morte in faccia». Mirella Scion vive ad Antegnate e si trovava a Marrakech insieme a una ventina di colleghe, quasi tutte bergamasche, arrivate in Marocco proprio la mattina del terremoto per un evento aziendale. Quando si è scatenata la furia del sisma, intorno alla mezzanotte locale, molte di loro si trovavano in piazza.

L’arrivo dei bergamaschi dal Marocco dopo il terremoto: gli abbracci a Orio. Video di Yuri Colleoni

«Abbiamo visto crollare anche una chiesa– dice ancora Mirella – e mentre i muri cadevano, si alzava in aria un terriccio che in pochi secondi ha ricoperto tutto. Sembrava che fosse calata la nebbia. Ci siamo strette tra le mani e siamo rimaste ferme, provando a controllare la paura, ma sono stati secondi interminabili».

«Abbiamo visto crollare anche una chiesa– dice ancora Mirella – e mentre i muri cadevano, si alzava in aria un terriccio che in pochi secondi ha ricoperto tutto. Sembrava che fosse calata la nebbia»

La musica, la gente per strada, «poi all’improvviso un boato», racconta Katrin Bertocchi, che in quel momento era al telefono con la figlia tredicenne (in Italia erano circa le 23). «Non abbiamo realizzato subito – dice –. La cosa davvero sconvolgente è stata sentire la terra muoversi. Ci sorreggevamo a vicenda perché non riuscivamo neppure a reggerci in piedi e avevamo paura di cadere». Di gente a terra, tra il fuggi fuggi generale, ce n’era ad ogni metro, secondo il racconto di altri testimoni.

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«Scappavano tutti – racconta Giuseppina Alborghetti di Seriate –. A un certo punto abbiamo visto cadere una mamma con la sua bambina; sono state schiacciate da gente che correva, poi qualcuno le ha prese in braccio e le ha portate via». Nonostante l’epicentro del terremoto fosse a circa 70 chilometri, le scene che raccontano i bergamaschi rientrati da Marrakech sono terrificanti.

«Sono stati attimi di terrore puro – è il ricordo di Elisabetta Birolini di Albino –, perché per qualche istante non capivamo davvero cosa stesse succedendo. Ed è stato ancora peggio vedere che anche le persone del posto scappavano in preda al panico. Sono stati giorni difficili, ma siamo felici di essere rientrati vivi».

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Claudia Borgogna di Milano pensa a chi è rimasto là: «Ci dispiace aver lasciato persone in grandissima difficoltà che hanno perso proprio tutto – dice –. Il panico di quei momenti non si può descrivere: ho pensato che non avrei più rivisto i miei bambini e il mio nipotino, che non avevo potuto salutare prima di partire». Fatima Medagri vive a Bergamo ed è di origini marocchine: «Per me il dolore è duplice – racconta –. Ho subito pensato ai miei cari qui in Italia, ma anche alla mia famiglia là. Abbiamo visto gente che pestava altra gente per fuggire e mettersi al riparo; è crollata anche la moschea e il pavimento tremava sotto i piedi. Abbiamo avuto una paura immensa». E dopo il panico del momento, i nostri connazionali hanno vissuto altri due giorni con il terrore che la terra potesse tornare a tremare: l’albergo in cui era alloggiato il gruppo di bergamaschi è rimasto agibile, ma la ferita lasciata dal sisma si misurava in una crepa lungo tutta l’altezza del muro: «Abbiamo preferito dormire all’aperto perché avevamo troppa paura di rientrare in camera – raccontano –. Abbiamo portato giù i materassi e per due notti ci siamo sistemati a bordo piscina».

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