Preso nei Grigioni, a Bergamo entro Natale: finita sul bus la fuga solitaria del pakistano

IL DELITTO DI COVO. Khadim Hussain è in cella in Svizzera, dov’è stato catturato grazie al segnale del suo smartphone. Forse diretto in Germania: sugli abiti macchie di sangue. Introvabile il coltello. Settimana prossima l’autopsia di Sajid.

Nel Cantone svizzero dei Grigioni, a 250 chilometri e tre ore di distanza da Covo: lì si è conclusa la fuga – del tutto solitaria – di Khadim Hussain, il pakistano trentenne sospettato di aver ammazzato con almeno due coltellate il connazionale di 29 anni Sajid Ahmad, domenica pomeriggio nell’appartamento che condividevano nel paese della Bassa. Hussain è stato rintracciato grazie al segnale del suo smartphone, che domenica notte, poche ore dopo l’omicidio, era stato riacceso nell’Hinterland di Milano e poi il telefonino aveva agganciato diverse celle lungo l’A8 Milano-Laghi e, infine, era stato localizzato in Svizzera, nel Cantone dei Grigioni.

Arrestato sul pullman

Lì, su un autobus diretto in Germania – dove il trentenne pakistano aveva lavorato come cuoco, dal 2018 al 2020, e dove forse si sarebbe voluto dirigere quando è salito sul pullman a Milano – il trentenne è stato trovato con gli abiti ancora sporchi di sangue: preso in carico dalla polizia svizzera, è stato portato in una cella locale. L’arresto è dunque scattato già nella notte successiva al delitto, ma era stato tenuto il riserbo degli inquirenti impegnati in altri accertamenti. Nei prossimi giorni – e sicuramente entro Natale – verrà riaccompagnato in Italia, dove potrà essere interrogato dal giudice per le indagini preliminari. L’accusa di chi indaga – i carabinieri del Reparto operativo di Bergamo e della Compagnia di Treviglio, coordinati dal sostituto procuratore Giampiero Golluccio – è di omicidio volontario. Ancora poco chiare le cause della lite culminata con l’uccisione a coltellate di Sajid Ahmad, che da qualche tempo viveva nell’appartamento condiviso con Khadim Hussain e altri connazionali pur risultando ancora formalmente residente al «Cara», il Centro accoglienza richiedenti asilo «Sant’Anna» di Isola di Capo Rizzuto, nel Crotonese, in Calabria.

L’allarme scattato con il ritorno a casa degli altri inquilini

Il ventinovenne era giunto nella Bassa per cercare lavoro nel settore della logistica e aveva trovato ospitalità in un appartamento di una palazzina al civico 2 di via Pradone, poco fuori dal centro di Covo, dove ha trovato la morte nella maniera più cruenta. I due connazionali avrebbero litigato – forse per dissidi religiosi – attorno all’ora di pranzo, ma il corpo ormai senza vita sul pavimento del salotto in una pozza di sangue viene scoperto soltanto attorno alle 16 dagli altri coinquilini, che chiamano il 112.

Per Sajid Ahmad non c’è più niente da fare: è morto già da ore. Letali sarebbero state le due coltellate all’addome, ma i dettagli sulle cause e sull’ora precisa della morte emergeranno dall’autopsia, che non è stata ancora fissata: sarà eseguita verosimilmente a metà della prossima settimana, quando Khadim Hussain sarà stato rimpatriato e potrà nominare, tramite il suo legale, un perito che possa partecipare all’esame qualora dovessero essere eseguiti i cosiddetti accertamenti irripetibili. Esami che, se non effettuati in contraddittorio con le parti in causa, rischiano poi di essere dichiarati nulli in sede processuale. La salma di Sajid Ahmad si trova sotto sequestro all’obitorio dell’ospedale «Papa Giovanni XXIII» di Bergamo, come disposto dalla Procura. Si tratta comunque di dettagli tecnici: ciò che conta è che il presunto assassino del ventinovenne sia stato rintracciato e arrestato prima che facesse definitivamente perdere le proprie tracce. Ai giudici in Italia potrà chiarire eventualmente la sua versione dei fatti e spiegare come sia avvenuto l’omicidio. E anche indicare dove si è liberato dell’arma del delitto: dovrebbe trattarsi di un coltello da cucina, ma nell’appartamento teatro dell’omicidio e nei dintorni i carabinieri non l’hanno trovato. Khadim Hussain potrebbe essersene disfatto durante le sua fuga prima verso Milano e poi verso la Svizzera.

«Ha fatto tutto da solo»

Addosso non l’aveva più, a differenza dei vestiti che, nella concitazione della fuga, non aveva fatto in tempo a cambiare. Non sarebbe stato inoltre aiutato da nessuno nel raggiungere il capoluogo lombardo e poi il Cantone dei Grigioni. Non si cercano dunque eventuali favoreggiatori.

La vittima in Bergamasca per cercare lavoro

Quanto alla vittima, Sajid Ahmad non aveva alcun parente in Italia: nato il 18 giugno del 1994, era infatti giunto di recente nel nostro Paese e dalla Calabria si era spostato verso la Lombardia per cercare un posto di lavoro. Gli inquirenti si sono dovuti mettere in contatto con i famigliari tramite l’ambasciata italiana in Pakistan, che sta seguendo il caso.

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