Addio al professore, da Grumello agli Usa solo per un cavallo

IL RICORDO. Il 17 novembre si è spento in California Mario Belotti, docente all’Università di Santa Clara. Economista di chiara fama, ha insegnato fino al 2020.

Si è spento nei giorni scorsi negli Stati Uniti, dove si era trasferito da molti anni, il professor Mario Belotti, originario di Grumello del Monte, dov’era nato 97 anni fa, nel 1926. Dal 1959, il professor Belotti ha insegnato Economia nei programmi graduate e undergraduate dell’Università di Santa Clara, nella Silicon Valley, in California. È stato preside del dipartimento di Economia dal 1962 al 1984 e direttore dell’istituto di Agribusiness dal 1988 al 1996. I suoi campi di interesse sono stati la teoria macroeconomica, la teoria monetaria, le politiche di sviluppo economico. Numerosissimi i suoi interventi in varie conferenze economiche negli Stati Uniti, è stato consulente delle società di Venture Capital nella Silicon Valley per molti anni. Di seguito lo ricorda l’ing. Andrea Moltrasio, già presidente di Confindustria Bergamo, che ha sempre mantenuto con il prof. Belotti un rapporto di grande amicizia.

Ci sono storie di persone che appartengono alla terra dove sono nate, anche se la vita le ha portate lontano. Una terra che tra le due guerre mondiali non offriva molto. Tutti abbiamo in mente le immagini del «L’albero degli zoccoli» di Ermanno Olmi per ricordare quella vita contadina in provincia di Bergamo, caratterizzata da una povertà vera, ma anche da una grande dignità e forza d’animo. La vita del professor Mario Belotti, che ci ha lasciato il 17 novembre scorso, inizia proprio in quel mondo, dove le difficoltà si intrecciavano con le albe e con i tramonti, con i raccolti poco remunerati e con le cene scarse.

«È stato tutto per amore di un cavallo»

Nella sua bellissima autobiografia ,«It was all for the love of a horse», «È stato tutto per amore di un cavallo», Mario Belotti ricorda come grazie ad un gioco del destino: l’aver venduto il cavallo Nino da parte del nonno aveva spinto il padre, che amava l’animale, ad abbandonare la mezzadria e ad allontanarsi da Grumello del Monte. Questo aveva permesso a Mario di continuare gli studi della scuola elementare in paesi dove era possibile frequentarla. Così gli studi progredirono fino a quando, diplomato alle medie superiori, ricevette un’offerta da una benestante signora del Texas, conoscente della famiglia Zavaritt, per andare negli Stati Uniti.

La vita: lavoro e famiglia

Il lavoro iniziale non era quello di contabile, come gli era stato prospettato dopo essere stato a Ellis Island come tanti migranti italiani, ma di cow boy. O meglio, i contabili in Texas contavano i capi di bestiame andando a cavallo. Non era il suo lavoro. Con qualche aiuto, ma soprattutto con determinazione e lavoro in cucina di ristoranti e pizzerie (si ricordava come leggere un libro mentre impastava la pizza), l’eredità del carattere bergamasco gli permise di superare Bachelor, Master fino al Ph.D in Economia a Austin, Texas.

Nel 1959 risponde ad una chiamata della Università di Santa Clara , gestita dai sempre brillanti gesuiti, e quindi a 32 anni inizia il suo percorso accademico. Nel frattempo cerca e trova la bella ed intelligente ragazza di Stella, paese natale del presidente Pertini, conosciuta sulla nave per l’America. Si incontrano, si innamorano, si sposano. Lei fantastica biologa laureata a Berkeley, lui professore di Economia.

Hanno tre figli e vivono a Saratoga, allora zona semi-agricola, oggi nel lusso delle ville della Silicon Valley. Cittadini americani, vivono il loro lavoro e la loro famiglia con grande passione. Belotti insegna e ricopre incarichi sempre più importanti in Università, è oratore richiesto nel mondo del business (famosi i suoi outlook di inizio anno per ben trenta anni), investitore capace, consulente. Le estati le passava nei Paesi in via di sviluppo appunto come consulente. Così in Brasile, Honduras, Sudan, Egitto, Iran, Uganda, Kenya, Tanzania, Tailandia, Bulgaria, Nepal, Eritrea. In genere per conto della Banca Mondiale. La sua forza? Era uno di loro, raccontava le sue origini e come riuscire a sconfiggere le avversità.

Nel gennaio 1983, quarant’anni fa, lo stesso gioco del destino me lo fa incontrare. Voglio fare un MBA, ho superato il Gmat (esame per essere ammessi), ma dovrei aspettare l’inizio dell’anno accademico (settembre ) per iniziare. Mio padre vede sfumare la successione aziendale e non è contentissimo. Inoltre mi voglio anche sposare. Per fortuna incontro in una sua visita a Seriate il professore che mi dice che a Santa Clara il Master inizia ad ogni trimestre e che il mio curriculum e punteggio di Gmat mi avrebbero fatto subito essere ammesso. Parto e vengo accolto da questa splendida famiglia che poi frequento per due anni intensi. Oltre che a parlare di economia, imparo a raccogliere i fichi, le fragole (in California la produzione è pazzesca), l’uva e la frutta. Con lui assisto alle partite della squadra di football americano «49’ers», tifoso quasi come quelli della curva nord dell’Atalanta. Partecipo a questi pranzi da lui organizzati con gli amici professori il 4 di luglio (giorno dell’indipendenza americana), con i loro racconti dell’american dream. Il vino auto-prodotto era così così, veniva allungato con il «Seven-up», da lui chiamato gazzosa, anzi gasosa.

Ritornato a Bergamo tengo caro il filo di questa amicizia. Viene a trovarci spesso a Bergamo, anch’io pochissime volte in California. È con noi in qualche ricorrenza, chiede delle mie attività con interesse sempre positivo. Il 15 maggio 2020 , in pieno Covid rilascia un’intervista ottimistica sull’economia, come di fatto successe.

Il suo insegnamento dell’economia, raffinato dalla semplicità del senso comune, era straordinario. In Italia i nostri economisti, chiusi nel linguaggio tecnico e astruso, non lo capivano troppo. A me e a mia moglie manca già molto. Al prossimo Natale non potremo scambiare gli auguri, sentire la sua gentilezza e vedere il suo sorriso. Quando ha lasciato l’insegnamento nel 2020 (a 93 anni) ricordavamo quanto ha scritto alla fine della sua autobiografia: «È stato un viaggio difficile, ma buono e avventuroso, in buona parte non pianificato e inimmaginabile. Considerando che sono alla fine, penso di avere avuto una vita bellissima. Sono felice del mio viaggio, e della mia storia». Noi siamo orgogliosi di averla conosciuta e oggi, seppur con infinita tristezza, ricordata.

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