Ex terroristi, le motivazioni dei giudici francesi dopo il no all’estradizione:
«Servirebbe nuovo processo»

Depositate le motivazioni I magistrati francesi: nessuna certezza che gli ex terroristi condannati in contumacia avrebbero un nuovo equo giudizio in Italia. Tra loro anche il bergamasco Narciso Manenti.

Nessuna certezza che al rientro in Italia avrebbero un nuovo «equo» processo, e un intervallo di tempo troppo lungo, 40 anni, durante il quale è stata data loro la possibilità di ricostruirsi una vita e una famiglia. Sono queste le motivazioni della Chambre de l’Instruction francese, sul diniego all’estradizione dei 10 ex terroristi italiani per i quali la giustizia transalpina ha negato l’estradizione in Italia.

Tra di loro anche Narciso Manenti, ex militante dei Nuclei armati per il contropotere territoriale. Oggi 64 anni, nativo di Telgate e sposato con una cittadina francese, Manenti era stato condannato definitivamente all’ergastolo per aver ucciso, la sera del 13 marzo 1979 in Città Alta, l’appuntato dei carabinieri Giuseppe Gurrieri, 50 anni. Il militare dell’Arma venne freddato davanti al figlio Mauro di nove anni: quella sera il militare aveva accompagnato il bambino nell’ambulatorio del medico Sandro Gualteroni che, in quanto direttore sanitario del carcere di Bergamo, doveva essere il vero obiettivo dei due uomini del gruppo «Guerriglia Proletaria» che avevano fatto irruzione nello studio. Gurrieri era in sala d’attesa e non aveva esitato a intervenire, pur disarmato. Uno dei due terroristi aveva esploso cinque colpi di pistola calibro 7,65, tre dei quali uccisero Gurrieri.

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L’udienza in cui è stato pronunciato il diniego all’estradizione è stata mercoledì 29 giugno a Parigi. Le ragioni del «no» della Corte francese si intuivano già dal dispositivo, che richiamava in particolare due articoli (l’8 e il 6) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo relativi alla sentenze in contumacia e al rispetto della vita privata e familiare.

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Depositate le motivazioni

Sabato 1° luglio le motivazioni depositate dai giudici d’Oltralpe hanno confermato l’impianto decisionale. La presidente Belin e i consiglieri Berthe e Kenette hanno motivato la decisione sottolineando come le sentenze di condanna pronunciate in Italia nei confronti dei dieci ex terroristi sino state emesse quando gli imputati erano «latitanti e contumaci» e che sono stati «condannati al termine di una procedura alla quale non erano presenti». La giustizia italiana prevede infatti il processo in contumacia (e cioè senza imputato), cosa che secondo la Francia sarebbe contraria ai principi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. In Francia, ad esempio, se un criminale viene arrestato o si costituisce, ha diritto a un nuovo processo d’appello. In Italia questo non avviene.

Ergastolo nell’83

Manenti fu condannato all’ergastolo nel 1983 al termine del «processone» tenutosi nell’aula speciale del carcere di via Gleno. L’anno successivo l’appello del suo difensore venne giudicato inammissibile dalla Corte d’assise d’appello e la sentenza qualche giorno dopo divenne definitiva. Manenti riparò in Francia, dove grazie alla dottrina Mitterand ha potuto rifarsi una vita quasi tutta a piede libero.Tra gli altri ex terroristi coinvolti nella vicenda processuale figurano l’ex Br Marina Petrella, 67 anni, e uno dei fondatori di Lotta Continua, e Giorgio Pietrostefani, 78, da tempo malato, ritenuto il mandante dell’omicidio del commissario Calabresi.

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