Tavernola, congelare la frana costerà 11,1 milioni

Costerà 11 milioni e 100mila euro fermare la frana che dal monte Saresano a Tavernola - due milioni di metri cubi di roccia - minaccia ormai da un anno il lago d’Iseo.

Se tutto procede come previsto, l’obiettivo è di aprire il maxi cantiere nel corso del prossimo anno. Prima bisognerà però istruire il bando per l’assegnazione dei lavori, aspettare il suo iter e, soprattutto, confidare che il Governo decida di finanziarli.

I costi sono stati stimati nel bando di gara per la progettazione dell’intervento, pubblicato oggi in Gazzetta Ufficiale dopo che nei giorni scorsi era apparso su quella dell’Unione Europea e sulla piattaforma Sintel di Regione Lombardia. La stessa Regione ha messo i fondi - un milione e mezzo -, «girati» all’Autorità di bacino dei laghi d’Iseo, Endine e Moro che ha steso il bando.

Il bando prevede dunque «l’acquisizione dei servizi di ingegneria necessari per la progettazione dell’intervento di contenimento del corpo di frana». Nel testo ci sono le indicazioni per l’esecuzione dei lavori, elaborate sulla scorta dello studio di Nicola Casagli, Giovanni Crosta, Claudio di Prisco, i professori che hanno fornito i primi studi su incarico della Regione Lombardia.Chi vincerà la gara dovrà preparare un progetto di mitigazione «mediante l’uso di muri, setti e piastre di placcaggio con pre-tiranti e tiranti da infilare in fori di lunghezza elevata (fino a 60 metri) da ancorare con cemento nella parte sana della roccia e con il monitoraggio degli stessi».

Offerte entro il 25 marzo

Ora si parte con la prima fase del bando con le offerte dei professionisti, singoli e associati, che devono pervenire entro le 18 del 25 marzo. Tanti i profili professionali richiesti dal disciplinare: si cerca un pool di esperti in geotecnica, geologia, rilievi topografici, sistemi di monitoraggio e opere idrauliche. Toccherà alla commissione dell’Autorità di bacino scegliere i migliori sulla base di una tabella di valutazione. Il progetto esecutivo dovrà essere consegnato entro il 30 novembre; seguirà un secondo bando per trovare l’impresa - o le imprese - che aprirà il maxi cantiere, presumibilmente nella seconda metà del 2023.

«Con un buon lavoro di squadra siamo riusciti ad accelerare i tempi per il bando di progettazione. Abbiamo ricevuto il capitolato tecnico dei ricercatori il 12 gennaio e ci siamo messi subito al lavoro operando in sinergia con la Regione» spiega Gloria Rolfi, direttore dell’Autorità di bacino.

Nel frattempo, c’è la questione del cementificio Italsacci che coltiva la miniera di Cà Bianca in zona frana, dove l’escavazione è stata sospesa fino a data da destinarsi: il gruppo consiliare regionale della Lega - in maggioranza - ha presentato una mozione con cui impegna la Giunta a «mantenere un approccio prudenziale rispetto alla ripresa delle attività di estrazione, sospese, relative alla miniera Cà Bianca» e valutare altre modalità di coltivazione «escludendo il materiale esplodente», quindi le mine. E di «verificare con Italsacci le condizioni di sostenibilità di un eventuale processo di delocalizzazione delle attività e di riconversione delle stesse». Dunque, un passo «forte» dopo quello dei sindaci del G16 del lago.

Anche la parlamentare Leyla Ciagà (Pd) torna sulla stessa questione: «È una buona notizia la gara lanciata da Regione Lombardia. Si tratta ora di ottenere dal Governo lo stanziamento necessario per le opere di messa in sicurezza. Ci adopereremo per conseguire questo obiettivo. Detto ciò auspico che la Regione riesamini, come richiesto dai sindaci del lago, le autorizzazioni rilasciate al cementificio, per avviare poi un graduale processo di riconversione dell’impianto. Non sarebbe giusto spendere ingenti risorse pubbliche per la stabilizzazione della frana e poi consentire ancora lo svolgimento delle attività estrattive».

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