«Fui accoltellata da mio marito: mi rivedo in Pamela»

LA STORIA. Eva ha voluto presenziare ai funerali di Pamela Genini, uccisa a coltellate dall’ex compagno. La donna, anche lei valdimagnina, fu accoltellata nel sonno dal marito nel 2001. Ora vive in una casa protetta.

«Mi sono rivista in quello che è successo a Pamela Genini, per questo ho deciso di venire oggi (ieri per chi legge, 24 ottobre ndr)». Eva Semenzi, 48 anni, lo dice a margine del suo intervento, fatto leggere a un’amica di Strozza durante la cerimonia al cimitero, prima che il feretro della 29enne uccisa a coltellate dall’ex compagno venisse tumulato. «Hanno spento il tuo sorriso, il tuo essere donna, ma non la tua luce - è il testo della lettera di Eva, che ha riscosso applausi –. Adesso dobbiamo aiutare gli uomini a crescere, a capire perché siamo arrivati a questo punto».

«Hanno spento il tuo sorriso, il tuo essere donna, ma non la tua luce - è il testo della lettera di Eva, che ha riscosso applausi –. Adesso dobbiamo aiutare gli uomini a crescere, a capire perché siamo arrivati a questo punto».

Eva vive fuori provinca, in una comunità protetta per donne che hanno subìto soprusi. Quello di ieri per lei è stato un ritorno nella sua terra d’origine, dove era stata vittima di un’esperienza drammatica. È la donna che nel 2001 il marito aveva accoltellato nel sonno nella abitazione di Sant’Omobono. Eva mostra la cicatrice sul collo, in zona carotide. «Urlavo mentre lui mi colpiva, fortunatamente un parente che abitava sotto di noi mi ha sentito e ha avvertito i carabinieri, che hanno sfondato la porta e mi hanno salvata – racconta –. Lui mi ha sferrato 24 coltellate, sono stata sottoposta a diversi interventi e ancora adesso fatico a camminare. Pamela l’avevo conosciuta nel periodo in cui abitavo e lavoravo a Milano. Quando nei giorni scorsi la mia mamma mi ha chiamato per dirmi cosa era successo a Pamela, ho rivissuto il mio dramma».

«La morte di Pamela rappresenta una ferita profonda e un interrogativo:cosa possiamo fare di più per aiutare le donne a uscire da situazioni di pericolo prima che sia troppo tardi?»

Tremava la mano che reggeva il foglio a Gianbattista Brioschi, presidente dell’Ambito territoriale sociale, mentre leggeva le parole dell’intervento fatto anche a nome dei sindaci della Valle Imagna e Brembana che hanno preso parte ai funerali e della Rete antiviolenza Penelope. «Per chi come noi, sia a livello professionale che politico, è impegnato nel contrasto alla violenza sulle donne, la morte di Pamela rappresenta una ferita profonda e un interrogativo: cosa possiamo fare di più per aiutare le donne a uscire da situazioni di pericolo prima che sia troppo tardi? – s’è chiesto –. Sappiamo bene che la responsabilità non ricade sulle donne vittime di violenza. La responsabilità è sociale, collettiva, è anche la nostra, nel senso di riuscire a trasmettere sempre quel senso di fiducia, accoglienza e assenza di giudizio di cui una donna ha bisogno per sentirsi al sicuro».

Alex Cuter, vice sindaco di Strozza e coetaneo Pamela, aveva la voce rotta. «Non avremmo mai voluto trovarci in questa situazione – ha affermato intervenendo pubblicamente durante la cerimonia al cimitero –. In paese potete trovare due panchine rosse, che non sono state messe a caso in questi ultimi anni. Vi invito a sedervi e a riflettere su quanto abbiamo accettato come società che la violenza entri nel nostro quotidiano». «Ciao Pamela – ha concluso tra gli applausi –, Strozza non ti dimenticherà».

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