Donazioni di organi, il consenso rallenta. Aido: «Serve più informazione per i cittadini»

I DATI. Nel 2025 in Lombardia opposizioni in crescita fino al 40%. Carnevali: «Pesano le opinioni anti scientifiche». Il problema di intercettare gli over 50. Il 4 ottobre il parco della Clementina sarà intitolato ai donatori, l’11 la Fluo Walk

L’Aido, Associazione Italiana Donatori Organi, nacque a Bergamo nel 1973. E ha scelto proprio la città natale, a suggello della Giornata nazionale per il «Sì» alla donazione di organi e tessuti, per l’evento conclusivo della sua campagna di quest’anno. Nell’aula consiliare di Palazzo Frizzoni, domenica, la riflessione sulla cultura della donazione e sulle prospettive dei trapianti ha preso la forma di una tavola rotonda. Vi hanno preso parte non solo i vertici dell’Aido stessa, ma anche i rappresentanti istituzionali di Bergamo, con la sindaca Elena Carnevali e l’assessore ai Servizi sociali Marcella Messina, e di altre province lombarde, alla presenza dei donatori di sangue dell’Avis (il presidente nazionale Oscar Bianchi), degli emodializzati dell’Aned (Paolo Nenci) e dei donatori di midollo osseo dell’Admo (Giuseppe Saponara).

Assenso alle donazioni in diminuzione

Sotto i riflettori è stato messo un problema emergente. La Lombardia ha una media storicamente virtuosa in fatto di assenso alla donazione post mortem: se si tiene conto dei numeri degli ultimi 25 anni, i sì sono circa il 70%, con le opposizioni a quota 30%. Il dato periodo per periodo, però, è diverso. Dall’anno scorso, a Bergamo e nelle altre province, c’è stata una crescita dei «no», che sono giunti a toccare il 40% di quest’anno. Il fenomeno riguarda anche le altre regioni. E meno «sì» significano meno donazioni e trapianti. Non solo. La stragrande maggioranza delle dichiarazioni di volontà si esprime all’anagrafe. Un’ottima opportunità, ma anche un’arma a doppio taglio: il cittadino, quando rinnova la carta d’identità, deve rispondere al quesito se sia o meno favorevole alla donazione, con il rischio di essere preso alla sprovvista se non è bene informato. I fronti aperti sono due: da un lato, occorre formare gli addetti all’anagrafe; dall’altro, informare i cittadini prima che debbano scegliere sui due piedi con un tratto di penna.

Le ipotesi del motivo della diminuzione

Sui perché dei «no» si fanno solo ipotesi. A pesare sarebbero «le opinioni anti-scientifiche che spesso offuscano i vantaggi della donazione», come ha sottolineato la sindaca Carnevali (ed Elena Buscemi, presidente del Consiglio comunale di Milano, ha toccato lo stesso tasto: «Dal Covid in avanti, la disinformazione scientifica è diventata un ostacolo insidioso»). Carnevali ha citato, accanto agli sforzi della sua amministrazione perché dall’anagrafe giungano informazioni corrette, anche altre criticità: come la difficoltà a raggiungere gli over 50 o «la possibile correlazione tra la sfiducia nel Servizio sanitario nazionale e l’opzione del “sì”».

Difficoltà di comunicazione

Ma l’ondata di «no» dipenderebbe anche dalla difficoltà di comunicazione con le comunità di stranieri sempre più numerose: l’addetto all’anagrafe assume quasi la responsabilità di mediatore culturale, come hanno sottolineato Beatrice Nardo, presidente della Commissione salute del Comune di Brescia («Un quarto dei residenti è di origine straniera, dobbiamo lavorare perché gli addetti all’anagrafe siano parte di questo processo evolutivo»), e Marialuisa D’Ambrosio del consiglio comunale di Cremona: «Nessuna religione, in linea di principio, ostacola la donazione. Ma è un fatto che la maggioranza dei “no” proviene da alcune comunità». Un servizio di vera e propria mediazione culturale e linguistica è stato invece già predisposto a Varese, come ha raccontato Nicoletta Zucchi, responsabile dell’anagrafe del capoluogo insubre, mentre la presidente nazionale di Aido, Flavia Petrin, ha toccato entrambi gli aspetti, lato Comune e lato società: «È molto importante il modo con cui si pone la domanda. Un conto è chiedere: “Vuoi essere donatore di organi post mortem?”, ben altro è chiedere: “Sei favorevole alla donazione di organi post mortem?”. È la stessa domanda, ma può dare esiti molto diversi». Quanto all’importanza delle campagne di informazione, Petrin ha aggiunto: «Noi, attraverso i canali digitali, abbiamo raggiunto il picco dei “sì” in aprile.

Il ruolo dell’Aido

In quel mese (l’11, ndr) c’era la giornata ministeriale per la donazione». C’è un generale problema di sensibilizzazione, dunque, come ha sottolineato «con preoccupazione» anche il dottor Giuseppe Piccolo, responsabile del Centro regionale dei trapianti, che ha elogiato i passi avanti della Lombardia ma, al contempo, sottolineato la tanta strada ancora da fare per allinearsi alle altre Regioni con un tasso ben superiore di donatori per milione di abitanti. Qualcosa forse si muoverà. In luglio, il Consiglio regionale ha approvato all’unanimità un ordine del giorno di Davide Casati (Pd): impegnava la giunta e l’assessore competente, cioè Guido Bertolaso, a promuovere campagne regionali di sensibilizzazione e a formare gli impiegati degli uffici comunali. «L’unica campagna di sensibilizzazione sulla donazione promossa da Regione Lombardia», si sottolinea nel documento, «risale al 2008». L’assessore Messina ha definito «potente» la mattinata, ricordando due prossimi appuntamenti: il 4 ottobre (intitolazione ai donatori di organi del parco alla Clementina, tra via Borgo Palazzo e via Gritti) e l’11 (Fluo Walk alla Trucca). «Se non ci fosse l’Aido», ha detto Antonio Sartor, presidente regionale dell’associazione, «la donazione sarebbe solo questione di numeri, e non etica. Siamo stati motore di un cambiamento». E ha annunciato la prossima campagna informativa: partirà dagli uffici comunali di Sondrio (rappresentata ieri dall’assessora Lorena Rossatti) e si intitola «Esprimi il tuo Sì alla donazione».

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