I 17 Centri per tutte le età punti di sostegno al territorio

IN CITTA’. Hanno 5mila soci. Il coordinatore Cattaneo: non più solo svago e anziani. L’assessore Messina: «Investiamo sul welfare di comunità».

A Bergamo gli anziani sono una risorsa. Lo dimostrano i numeri dei Centri per tutte le età (Cte), realtà presenti in tutti i quartieri che oggi si aprono ad un pubblico più ampio rispetto al passato ma che sono animati prevalentemente da persone anziane che hanno ancora molte risorse e che decidono di spenderle a favore del proprio quartiere. I Centri sono 17, ognuno con caratteristiche diverse e peculiarità che rispondono ai bisogni della propria specifica zona, per un totale di più di 5mila soci.

Le esigenze emergenti

«Abbiamo alle spalle una storia di quarant’anni, che ci ha visto nascere prima come centri anziani e trasformarci agli inizi degli anni Novanta in Centri per la terza età - racconta Giancarlo Cattaneo, presidente del Cte Villaggio Sposi e referente del Coordinamento cittadino dei Cte -. Fino al 2018 le nostre attività erano prevalentemente dedicate allo svago e rivolte agli anziani, poi abbiamo iniziato a ripensare questo modello perché si rendeva necessario per rispondere alle esigenze che emergono oggi. Siamo dei punti di sostegno al territorio, dove chi ha competenze anche piccole può metterle a disposizione degli altri».

Queste realtà, infatti, dal 2018 ad oggi hanno affrontato un percorso di trasformazione, accompagnato sia dall’amministrazione comunale che da un team di operatori e dal Centro di servizio per il volontariato, che li sta portando oggi ad essere spazi comunali più aperti al quartiere, vere e proprie risorse per il territorio.

«Un lavoro che si inserisce nella scelta, che abbiamo portato avanti come amministrazione, di puntare sul welfare di comunità - racconta l’assessora alle Politiche sociali Marcella Messina -. Un modo nuovo di affrontare le politiche sociali, che richiede però di individuare in ogni quartiere dei punti di comunità. I Centri per tutte le età sono diventati questo, continuando ad avere un’attenzione particolare rivolta alle persone anziane ma con la possibilità di intercettare nuove fasce di popolazione». Nei quartieri stanno maturando esperienze interessanti, che hanno visto sia la nascita di nuove associazioni che la fusione di realtà apparentemente diverse tra loro che si sono messe insieme in forme di supporto reciproco che consentono di mantenere vivo un patrimonio della comunità, ma anche di attivare l’ingresso di nuove forze. «I presidenti hanno fatto un grande lavoro in questa trasformazione culturale, proponendo un’idea diversa di invecchiamento e rappresentando punti di riferimento sia per il territorio che per i cittadini – prosegue Messina -. Oggi i Cte sono capaci di orientare i cittadini rispetto ai loro bisogni e lavorano in stretta sinergia con le politiche sociali. La cosa più bella è che ogni quartiere si qualifica per la propria specificità e ogni Centro è attivo in modo diverso: perché sono le relazioni, le storie e le rete che si creano a caratterizzarlo».

Questo «cambio di pelle» ha richiesto, però, anche un cambio di forma, necessario per poter continuare a dialogare in modo corretto con l’ente pubblico dopo l’entrata in vigore del Codice del terzo settore. Ad accompagnare l’amministrazione e le associazioni in questo passaggio è stato il Csv, che ha avviato un lavoro di accompagnamento alla trasformazione delle forme associative, analizzando le attività di ciascun centro e capendo quale forma fosse più corretta per ciascuno.

Il nuovo statuto

Dei 17 Cte oggi già 11 hanno adottato il nuovo statuto e sono in via di iscrizione al Runts, 2 verranno gestiti da altrettante neonate associazioni, un’associazione era già iscritta al Registro, un altro centro fa riferimento ad una cooperativa e 2 Cte sono in fase di revisione. «Questo percorso ha permesso di sperimentare nel concreto quel rapporto tra pubblica amministrazione e enti del Terzo settore voluto dalla riforma – spiega Oscar Bianchi, presidente del Centro di servizio per il volontariato di Bergamo -. Ci dimostra anche che questo rapporto evocato dalla Riforma deve essere accompagnato. Serve soprattutto lavorare con le associazioni perché possano assumerlo in modo consapevole e coerente con la propria mission. La formazione e la consulenza che abbiamo messo a disposizione dei Cte va proprio nella direzione di ripensare le associazioni, a partire dagli inquadramenti giuridici, per attrezzarle a gestire al meglio il rapporto con la pubblica amministrazione».

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