Oltre 500 persone hanno partecipato al terzo pellegrinaggio diocesano notturno che, da Sotto Il Monte, ha raggiunto il santuario della Cornabusa. Un percorso di 30 chilometri sulle orme di San Giovanni XXIII che sta coinvolgendo sempre più persone soprattutto giovani. Sono stati loro i protagonisti del cammino e della messa che ha concluso il gesto.
A precederli una croce portata, per alcuni tratti, anche da tre ragazzi che frequentano il seminario. Alle 7 di mattina nella grotta insieme ad altri 500 pellegrini arrivati dalle valle Imagna per la festa, è stata celebrata una messa presieduta dal vicario generale monsignor Davide Pelucci e concelebrata, tra gli altri, anche da don Gianluca Salvi direttore dell’Ufficio Diocesano Pellegrinaggi (che ha organizzato il pellegrinaggio) e don Cristiano Re direttore dell’Ufficio della Pastorale Sociale e del Lavoro.
«Non si tratta di un viaggio ma di un pellegrinaggio – ha detto monsignor Pelucchi nell’omelia - siete passati da un giardino ad una grotta: non è stato un viaggio quello fatto questa notte perchè se fosse stato un viaggio avrebbe un punto in cui finisce. Il pellegrinaggio a differenza di un viaggio che possono fare tutti gli uomini di tutte le culture e religioni, non finisce perchè non cammina verso un punto, ma verso un ideale, un valore, un orizzonte. Potevamo terminare in un parcheggio, un bar, davanti a un falò o un cammino, invece si termina in una grotta. Ma non è un posto chiuso che ci isola dalla realtà in cui viviamo: siamo qui non per scappare dalla paure, ma per andare in profondità, perchè cerchiamo l’intimità con Colui che da un senso a ogni nostro viaggio. Siete passati da un giardino a una grotta, dall’aperto al chiuso, ma non finisce qui il pellegrinaggio – ha concluso il vicario generale - i viaggi finiscono, i pellegrinaggi no. Torneremmo dopo la messa nel giardino della vita con il desiderio per trasformare le nostre famiglie e le nostre parrocchie in giardini sempre più fioriti».
Luigi Residori
Oltre 500 persone hanno partecipato al terzo pellegrinaggio diocesano notturno che, da Sotto Il Monte, ha raggiunto il santuario della Cornabusa. Un percorso di 30 chilometri sulle orme di San Giovanni XXIII che sta coinvolgendo sempre più persone soprattutto giovani. Sono stati loro i protagonisti del cammino e della messa che ha concluso il gesto.
A precederli una croce portata, per alcuni tratti, anche da tre ragazzi che frequentano il seminario. Alle 7 di mattina nella grotta insieme ad altri 500 pellegrini arrivati dalle valle Imagna per la festa, è stata celebrata una messa presieduta dal vicario generale monsignor Davide Pelucci e concelebrata, tra gli altri, anche da don Gianluca Salvi direttore dell’Ufficio Diocesano Pellegrinaggi (che ha organizzato il pellegrinaggio) e don Cristiano Re direttore dell’Ufficio della Pastorale Sociale e del Lavoro.
«Non si tratta di un viaggio ma di un pellegrinaggio – ha detto monsignor Pelucchi nell’omelia - siete passati da un giardino ad una grotta: non è stato un viaggio quello fatto questa notte perchè se fosse stato un viaggio avrebbe un punto in cui finisce. Il pellegrinaggio a differenza di un viaggio che possono fare tutti gli uomini di tutte le culture e religioni, non finisce perchè non cammina verso un punto, ma verso un ideale, un valore, un orizzonte. Potevamo terminare in un parcheggio, un bar, davanti a un falò o un cammino, invece si termina in una grotta. Ma non è un posto chiuso che ci isola dalla realtà in cui viviamo: siamo qui non per scappare dalla paure, ma per andare in profondità, perchè cerchiamo l’intimità con Colui che da un senso a ogni nostro viaggio. Siete passati da un giardino a una grotta, dall’aperto al chiuso, ma non finisce qui il pellegrinaggio – ha concluso il vicario generale - i viaggi finiscono, i pellegrinaggi no. Torneremmo dopo la messa nel giardino della vita con il desiderio per trasformare le nostre famiglie e le nostre parrocchie in giardini sempre più fioriti».
Luigi Residori