Addio a Nelson Mandela
Il «vecchio leone» non ruggisce più

Nelson Mandela è morto nella tarda serata di giovedì 5 dicembre. Aveva 95 anni. L’ex presidente sudafricano e premio Nobel era malato da tempo ed era ricoverato in un ospedale di Pretoria per una infezione polmonare. SEGUI QUI TUTTI GLI AGGIORNAMENTI

Nelson Mandela è morto nella tarda serata di giovedì 5 dicembre. Aveva 95 anni. L’ex presidente sudafricano e premio Nobel era malato da tempo ed era ricoverato in un ospedale di Pretoria per una infezione polmonare.

Fu a lungo uno dei leader del movimento anti-apartheid ed ebbe un ruolo determinante nella caduta di tale regime, pur passando in carcere gran parte degli anni dell’attivismo anti-segregazionista.

L’annuncio è stato dato con un messaggio alla nazione dal presidente Zuma.

Nelson Mandela «avrà funerali di Stato». Lo ha annunciato il presidente sudafricano Jacob Zuma in un discorso televisivo. Le bandiere saranno a mezz’asta in tutto il Paese da venerdì al giorno delle esequie. «La sua anima riposi in pace. Dio benedica l’Africa», ha detto ancora Zuma.

Nelson Mandela, morto giovedì a Johannesburg a 95 anni, è stato il simbolo dell’ultima lotta dell’Africa nera contro l’estremo baluardo della dominazione bianca nel continente. Un uomo cresciuto nello spietato regime dell’apartheid razzista che oppresse il Sudafrica dal 1948 al 1994; un leader che ha abbracciato e guidato la lotta armata, ha trascorso quasi un terzo della vita in carcere e ne è uscito come un ’Gandhi nerò, che con il suo messaggio di perdono e riconciliazione ha saputo trattenere il suo Paese dal precipitare in un temuto baratro di vendetta e di sangue.

Nelson Rolihlahla («piantagrane») Mandela nasce il 18 luglio 1918 a Mvezo, villaggio del Transkei (sud-est) da una famiglia di sangue reale di etnia Xhosa. Dopo la scuola metodista si iscrive all’Università di Fort Hare per poi trasferirsi a Johannesburg, dove studia legge all’Università del Witwatersrand e frequenta militanti e dirigenti dell’African National Congress (Anc), il primo partito fondato nel 1912 dai neri in Sudafrica. Nel 1944 partecipa alla fondazione della Lega della Gioventù dell’Anc. Lo stesso anno sposa Evelyn Mase, da cui divorzierà nel 1957. La vittoria del razzista Fronte nazionale nelle elezioni del 1948 radicalizza le sue posizioni.

Nel 1952 apre uno studio legale insieme a Oliver Tambo nel centro di Johannesburg: il primo gestito da neri in Sudafrica.

Insieme ad altri 150, nel dicembre 1956 viene arrestato e accusato di tradimento in un processo che si concluderà nel 1961 con un’assoluzione generale. Nel 1957 conosce Winnie Madikizela, che sposa l’anno successivo. Nel 1961 fonda il braccio armato dell’Anc, l’MK (Umkhonto we Sizwe, ’Lancia della Nazionè), dedito ad azioni di sabotaggio, piani di guerriglia, addestramento paramilitare. Nel 1962 viene arrestato e condannato a 5 anni di carcere per attività sovversive ed espatrio illegale al rientro da una lunga missione in Africa e Europa. Nel 1964 è condannato ai lavori forzati a vita al processo di Rivonia, dal nome della località dove l’anno prima l’intero stato maggiore dell’Anc era stato catturato in una retata della polizia. Dal banco degli imputati, Mandela pronuncia un celebre discorso in difesa del diritto degli oppressi alla lotta armata come ultima risorsa contro la violenza degli oppressori. Proclama però anche il suo ideale di società non razzista con uguali diritti per bianchi e neri. Un ideale per cui proclama di essere pronto a morire.

Viene trasferito nel carcere di massima sicurezza di Robben Island, al largo di Cape Town, dove passa 18 dei suoi 27 anni di prigione. Si laurea in legge per corrispondenza alla University of London. In prigione la sua fama mondiale e popolarità aumentano, diventa simbolo della lotta al regime razzista. Nel 1982 viene trasferito nella prigione di Pollsmoor. Nel 1985 il presidente P. Botha gli offre la libertà in cambio alla rinuncia incondizionata alla violenza. Mandela rifiuta, tuttavia iniziano sporadici contatti con emissari del regime. Nel 1988 è trasferito nella prigione di Victor Verster, a nord di Cape Town, dove le condizioni di detenzione migliorano.

Nel 1989 Botha viene sostituito da Frederik de Klerk, che il 2 febbraio 1990 annuncia la liberazione di Mandela. L’11 febbraio una folla immensa accoglie il leader, che si presenta al mondo con un discorso che resterà nella storia, offrendo perdono e riconciliazione all’impaurita minoranza bianca.

Mandela è eletto presidente dell’Anc, inizia un difficile periodo di negoziato col governo di de Klerk, che prosegue per quattro anni. Tentativi eversivi di gruppi di estrema destra, sanguinose violenze tribali minacciano la strategia di riconciliazione di Madiba, come ormai tutti chiamano Mandela (titolo onorifico del suo clan). Nel 1993 riceve il Nobel per la Pace insieme a De Klerk e nel novembre 2009, l’Onu proclamerà il 18 luglio «Mandela Day».

Il 27 aprile 1994, alla fine, si vota. L’Anc vince col 62% le prime elezioni multirazziali nella storia del Paese, Mandela è il primo presidente nero del Sudafrica. De Klerk è vicepresidente. Per Mandela inizia un infaticabile lavoro di consolidamento del suo fragile edificio.

Nel 1996 divorzia da Winnie. Nel 1998 sposa Graca Machel, vedova del presidente del Mozambico, Samora Machel.

Al termine del mandato rifiuta di candidarsi di nuovo. Dopo il 1999 l’anziano leader continua per qualche anno a spendere le sue energie e il suo nome per numerose cause umanitarie.

Nel 2004 annuncia l’intenzione di ritirarsi dalla vita pubblica per dedicarsi alla famiglia. Compare sempre più di rado in pubblico e ogni volta appare più fragile e debole, come nella fugace apparizione a Johannesburg alla finale dei Mondiali di calcio, nel luglio 2010.

Negli ultimi anni ha passato la maggior parte del tempo a Qunu, il villaggio della sua famiglia. Dopo l’ultimo ricovero in ospedale si era trasferito nella sua abitazione di Johannesburg dove ha trascorso gli ultimi mesi di vita, circondato dall’affetto della famiglia e di un intero Paese. Oggi l’annuncio della fine.

Dei suoi 95 anni di vita, quasi un terzo - 27 anni - Nelson Mandela li ha trascorsi nelle carceri del regime razzista dell’apartheid. Il periodo più lungo e duro, 18 anni, a Robben Island, un’isoletta davanti a Cape Town; sei anni nel carcere di massima sicurezza di Pollsmoor, dove si creano le basi del dialogo con il regime; e l’ultimo nella prigione modello di Victor Vester.

* ROBBEN ISLAND, «L’UNIVERSITA»

Robben Island era conosciuta fra i militanti antiapartheid come «L’universita» sia perché i prigionieri potevano iscriversi a certi corsi di laurea per corrispondenza (Mandela si laureò in Legge con l’Università di Londra); sia perché il carcere divenne una formidabile scuola quadri della resistenza. Le condizioni sono molto dure. Celle minuscole, visite rare e brevi (a Mandela ne viene concessa una ogni sei mesi), cibo scarso, pessimo, sempre uguale. Il lavoro forzato estenuante: prima, a spaccare pietre nel cortile; poi, per 13 anni, a scavare in una cava di calce o raccogliere alghe fra gli scogli.

Nel carcere ci sono molti dirigenti delle organizzazioni antiapartheid, la discussione politica è intensa. A sollevare il morale, giungono dall’esterno le notizie della crescente solidarietà internazionale, della resistenza che riprende forza. Dal 1977, le condizioni di detenzione migliorano. Il lavoro forzato è abolito, Mandela può coltivare un suo orto.

Il suo cruccio maggiore è per la moglie Winnie e le figlie Zenani e Zindzi, perseguitate dal regime. Non può recarsi al funerale della madre, morta nel 1968; nè a quello del figlio Thembi, morto in un incidente stradale l’anno seguente.

* POLLSMOOR, IL LABORATORIO

Nel 1982 Mandela viene trasferito nel carcere di Pollsmoor, a sudest di Cape Town, insieme a Walter Sisulu e altri dirigenti Anc. Diventeràil laboratorio in cui si gettano le basi del negoziato. Il cibo è decente, le celle spaziose, le visite più facili e frequenti: per la prima volta in 21 anni può abbracciare Winnie. Fuori il confronto si fa più sanguinoso, ma entrambe le parti iniziano a pensare a una soluzione politica. Il 31 gennaio 1985 il presidente P.W. Botha offre la libertà a Madiba in cambio della rinuncia alla violenza. Mandela rifiuta. Lo stesso anno, dopo un’operazione alla prostata, Mandela ritorna a Pollsmooor ma in una cella diversa, separato dai compagni. Nel 1987 Botha nomina una commissione governativa che intavola con lui discussioni riservate. La nuova cella del leader Anc è spaziosa, ma umida. Si ammala di tubercolosi, viene ricoverato in ospedale, poi in una lussuosa clinica.

* VICTOR VESTER, LA «GABBIA DORATA»

Nel dicembre 1988, Mandela viene trasferito dalla clinica a Victor Verster, sempre vicino a Cape Town. La sua nuova prigione è un cottage fra gli alberi, con cuoco privato e piscina. All’arrivo, il ministro della Giustizia Kobie Coetsee gli porta una cassa di vino. Non ci sono sbarre o chiavistelli, Mandela può passeggiare nel parco, mangiare quello che vuole e quando vuole. La «gabbia dorata» come la chiama lui, è il luogo ideale per la fase finale dei colloqui con il regime. Incontra personalmente Botha, poi Frederik W. De Klerk, che nel settembre 1989 gli è subentrato alla presidenza. De Klerk a ottobre annuncia la liberazione di Sisulu e degli altri principali dirigenti dell’Anc. Il 2 febbraio 1990 annuncia la revoca dei principali pilastri dell’apartheid e la liberazione di Mandela. L’11 febbraio, l’eroe della lotta antiapartheid esce da Victor Vester una mano stretta a quella di Winnie, l’altra alzata a pugno, mentre cammina incontro a una folla di fotografi e di sostenitori che lo aspettano fuori dal carcere. E’ libero, finalmente.

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