Lavoro orticolo: è una piccola Onu
Serve un controllo e un codice etico

In Bergamasca sono oltre 5000 il numero delle persone, che provengono da quasi tutti i continenti, addette al settore dell’agroalimentare. Il rischio è che si crei una competizione difficilmente gestibile. I sindacati pensano a un organismo per favorire l’integrazione e il rispetto delle leggi.

In provincia di Bergamo si stima in oltre 5000 il numero delle persone addette al settore dell’agroalimentare: una vera e propria “piccola Onu”, dal momento che questi lavoratori provengono da quasi tutti i continenti.

Il rischio che il settore oggi attraversa, con le difficoltà innescate dalla crisi, è che si crei una competizione tra lavoratori difficilmente gestibile

Ecco perché i sindacati Fai, Flai e Uila di Bergamo, propongono di istituire a livello locale un organismo tripartito tra Servizio per l’Impiego, Dtl e Parti sociali (sindacato dei lavoratori e delle imprese), per il monitoraggio del mercato del lavoro agricolo al fine di favorire l’integrazione dei lavoratori stranieri e il rispetto delle leggi.

Il comunicato integrale dei sindacati

Il risveglio amaro nella mattina della tragedia di Chiuduno non ha certo rappresentato una sorpresa negli addetti ai lavori dell’agroalimentare bergamasco: l’esistenza di una rete fitta di illegalità, sfruttamento e caporalato sono note da tempo, nonostante l’ azione del sindacato bergamasco che, soprattutto nel settore agricolo, mira proprio alla eradicazione di comportamenti e atti lontani dalla condivisione e dalla solidarietà.

Il momento di grande crisi che sta attraversando la nostra provincia, che negli ultimi anni ha portato alla perdita di numerosi posti di lavoro, ha avvicinato al settore agroalimentare centinaia di persone alla ricerca di nuova occupazione.

Il settore ha vissuto in controtendenza rispetto al resto dell’economia locale, mantenendo un trend occupazionale positivo, frutto di una profonda trasformazione vissuta nei prima anni novanta con la crescita del settore orticolo.

Migliaia di persone, per lo più immigrate, hanno trovato in questo modo opportunità di lavoro, di vita e sopratutto di integrazione sociale. Oggi, in provincia di Bergamo si può facilmente stimare in oltre 5000 il numero delle persone addette al settore dell’agroalimentare: una vera e proprpia “piccola ONU”, dal momento che questi lavoratori provengono da quasi tutti i continenti.

Il rischio che il settore oggi attraversa, con le difficoltà innescate dalla crisi, è che si crei una competizione tra lavoratori difficilmente gestibile, dove forme di illegalità possono trovare terreno fertile di propagazione.

Situazione che può degenerare, fino a forme di sfruttamento e di caporalato, non più controllabili sia dalle aziende che dalle strutture preposte.

Tra le cause che sono alla base dei gravi fatti di Chiuduno dell’ 8 settembre 2013, sembra esserci una dinamica di sfruttamento del lavoro nel settore agricolo. “Questa situazione – racconta Danilo Mazzola, segretario genearale di FAI CISL di Bergamo - ha portato tutto il sindacato a condividere in modo deciso una posizione che ci permetta di governare al meglio questa fase complicata di cambiamento e di difficoltà”.

Nel riconfermare che il lavoro è lo strumento necessario per garantire dignità e una vita decorosa a ogni persona, infatti FAI, FLAI e UILA di Bergamo, ritengono utile dotarsi di un codice etico che impegni i propri iscritti e rigetti in modo categorico la diffusione di forme di illegalità, in particolare nella gestione del mercato del lavoro e dei permessi di soggiorno

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“Prima di dire agli altri cosa devono fare, la CISL è sempre stata abituata a mettersi in discussione e a darsi degli impegni precisi. Il documento “Per un lavoro etico nell’Agroalimenatre Bergamasco”, approvato oggi dai Direttivi Unitari di FAI, FLAI e UILA va in questa direzione.

È impensabile che in un momento di forte crisi economica, come quello che sta attraversando anche la nostra provincia, nascano nel settore situazioni di illegalità che nulla hanno a che fare con il buon lavoro e la buona impresa, ampiamente presenti a Bergamo.

Non si ha la presunzione di risolvere qualsiasi problema, in quanto il fenomeno è assai complesso, penso però, che il darci delle regoli comuni, come Sindacato, serva ad affrontare seriamente la problematica”.

Il codice di comportamento etico comprende iniziative, azioni e consigli “che si basano sulla centralità della persona, con finalità di pace , lealtà di relazione, collaborazione e sostegno del lavoro altrui in difesa dei diritti di tutti colleghi di lavoro, rifiutando ogni forma di illegalità”.

Per FAI, FLAI e UILA, “ogni lavoratore si impegna a far sì, che il frutto del proprio lavoro sia da contributo allo sviluppo proprio e della comunità in cui vive. Ogni lavoratore si riconosce in un modello sostenibile in cui gli obbiettivi economici vengono correlati al rispetto della natura, dell’ambiente, del territorio e dei diritti fondamentali dei consumatori.Ogni lavoratore si impegna a operare per garantire il diritto alla sicurezza alimentare, nel rispetto delle normative in atto”.

I sindacati dell’agroalimentare ritengono necessario favorire “la diffusione della legalità nella gestione di vertenze individuali e collettive; si impegnano a far emergere ogni forma di illegalità legata alla gestione del mercato del lavoro e dei permessi di soggiorno; invitano le Organizzazioni Datoriali a contrastare in modo deciso e determinante, ogni forma di lavoro irregolare e di caporalato.

Occorre una terapia d’urto duratura nel tempo con efficaci misure di prevenzione e di repressione, ma anche di tutela verso le aziende e i lavoratori che operano nella legalità.

Pertanto, Fai, Flai e Uila di Bergamo, propongono di istituire a livello locale un organismo tripartito tra Servizio per l’Impiego, Dtl e Parti sociali (sindacato dei lavoratori e delle imprese), per il monitoraggio del mercato del lavoro agricolo al fine di favorire l’integrazione dei lavoratori stranieri e il rispetto delle leggi”.

FAI, FLAI e UILA di Bergamo hanno terminato l’assemblea dei delagati confermando piena solidarietà e vicinanza ai familiari della Dottoressa Cantamessa, tragicamente scomparsa l’8 settembre scorso, intenta a soccorrere un giovane Indiano vittima di una violenta aggressione messa in atto da alcuni connazionali, invitando la magistratura e le forze dell’ordine a fare piena luce sui fatti.

“Il nobile esempio di rispetto e di accoglienza – hanno sottolineato -, messo in atto dai Genitori della Dottoressa Cantamessa, abbia permesso il mantenimento di un clima sociale sereno e abbia evitato derive razziste e strumentali.”

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