La diplomazia dal volto umano: coraggio e orgoglio per l’Italia

Il piagnisteo di una parte dell’opinione pubblica italiana secondo la quale viviamo in un Paese al disastro, dove niente funziona come dovrebbe e con una classe dirigente ladra e incapace, trova smentita nella realtà. In quella quotidiana per chi non ha lo sguardo annebbiato dal pessimismo ideologico, ma anche in vicende purtroppo tragiche. Durante la pandemia abbiamo misurato la professionalità e il coraggio di medici e infermieri, l’abnegazione del volontariato e la serietà di tanti amministratori.

Dalla guerra in Ucraina riceviamo la conferma della generosità e del valore delle associazioni non profit sostenute da tanti cittadini nell’inviare aiuti a chi è momentaneamente ospitato oltre i confini del proprio Stato sotto le bombe e nell’accoglienza di migliaia di profughi nel nostro Paese. Ma c’è una figura che è rimasta defilata e poco conosciuta: è quella dell’ambasciatore italiano a Kiev (da 14 mesi) Pierfrancesco Zazo, 63 anni, nato a Benevento, con alle spalle tra l’altro esperienze a Mosca come consigliere e nella cooperazione. Nella residenza della rappresentanza diplomatica dove abitava nella capitale, ha dato ospitalità per giorni a un centinaio di italiani in fuga dal conflitto con una ventina di neonati. Zazo è stato l’ultimo ambasciatore occidentale a lasciare Kiev: è accaduto il 2 marzo scorso. I nostri connazionali fuggiaschi erano su due pullman, diretti in Moldavia, il diplomatico invece sulla berlina d’ordinanza che lo avrebbe portato nella nuova sede a Leolopoli. Ma quando Zazo è salito sugli autobus per salutare le persone con le quali aveva convissuto nell’ambasciata, ha cambiato idea: ha deciso di accompagnarle fino al confine della salvezza, dicendo «non posso lasciarli soli».

La Farnesina da sempre è un’ottima scuola di diplomazia. In più nel carattere di molti italiani c’è un’umanità che li porta a fare più del proprio dovere. Un atteggiamento che è anche storia: a metà degli anni ’70, dopo il golpe di Augusto Pinochet, per mesi l’ambasciata italiana di Santiago del Cile divenne il rifugio per centinaia di oppositori che rischiavano la vita. Erano per lo più militanti di sinistra dei partiti che avevano appoggiato il governo Allende, ma anche tanti semplici cittadini che desideravano fuggire dal Cile. A gestire la drammatica situazione, insieme all’allora ambasciatore Tomaso de Vergottini, fu un giovane funzionario di nemmeno 35 anni, poi diventato a sua volta ambasciatore, Emilio Barbarani.

Ma anche la Segreteria di Stato della Santa Sede è una fucina di esperti in rapporti con gli altri Paesi, pure in luoghi pericolosi. Nel 2003 il cardinale Fernando Filoni, nunzio apostolico in Giordania e in Iraq, fu l’unico diplomatico a restare a Bagdad mentre sulla capitale piovevano le bombe angloamericane. E come non ricordare la bella figura umana di Luca Attanasio, ucciso a 44 anni il 22 febbraio 2021 in un agguato in Congo, dove era ambasciatore, sulla strada verso Goma insieme al carabiniere della sua scorta Vittorio Iacovacci e all’autista Mustapha Milambo? La Procura di Roma, che ha aperto un’inchiesta sul triplice delitto, ha indagato per omicidio colposo, tra gli altri, anche due funzionari del Pam (Programma alimentare mondiale). Il gruppo di banditi che assalì il convoglio, in viaggio senza auto blindate e privo delle minime condizioni di sicurezza imposte da quella missione proprio per conto del Pam, avrebbe chiesto 50mila dollari che nessuno aveva: da lì la reazione criminale. Come Zazo, l’ambasciatore italiano in Congo non si limitava ai suoi pur difficili compiti diplomatici in uno Stato in guerra, ma con la moglie promuoveva azioni di solidarietà per i bambini di strada. Un’attività che è stata incrementata dopo l’omicidio di Attanasio, trovando nuovi sostenitori. Il padre, Salvatore, non ha mai creduto al tentativo di sequestro o di rapina come movente del delitto, ma è convinto che si è trattato di «un’esecuzione e si devono scoprire gli eventuali mandanti». In attesa di giustizia, il figlio è entrato nella nostra memoria fra quei connazionali che ci rendono orgogliosi di essere cittadini italiani. Talvolta li scopriamo solo quando avvengono tragedie, ma sono tanti e operano nel silenzio della quotidianità.

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