«Formare prima di selezionare. Il talento non nasce mai pronto»

CAPITALE UMANO. Alessandro Profumo (ex Ceo Unicredit e Leonardo) ribalta il concetto di Talent Acquisition: non servono giovani perfetti, ma capi capaci di far crescere le persone e tecnologie che democratizzino la formazione.

Come è nel suo stile, evita gli slogan e va dritto al punto. Nella sesta puntata della video-intervista realizzata dall’ Osservatorio Delta Index , Alessandro Profumo (ex Ceo Unicredit e Leonardo) smonta una delle mode più diffuse nel linguaggio manageriale contemporaneo: la Talent Acquisition come caccia al «talento già pronto». Per Profumo, la retorica del talento rischia di creare aspettative irrealistiche sia per le imprese sia per i giovani. «Non siamo tutti talenti – osserva – e non possiamo pretendere che un ragazzo sia completo, rifinito, perfettamente aderente ai processi aziendali appena esce dalla formazione». La questione, quindi, non è cercare l’eccellenza perfetta, ma costruire contesti capaci di far emergere potenzialità diverse.

La leadership come asset critico

Il nodo organizzativo, nella lettura di Profumo, è molto chiaro: le persone devono essere gestite dai capi, non dagli uffici HR. Le risorse umane hanno un ruolo abilitante – forniscono metodi, sistemi, strumenti – ma la responsabilità ultima di crescita, motivazione, obiettivi e sviluppo resta nelle mani dei manager di linea. Sono loro il primo touchpoint con la forza lavoro, soprattutto con la Generazione Z, che valuta la qualità dell’ambiente attraverso la relazione quotidiana con il proprio responsabile.

Per Profumo questo è un punto dirimente: «Le persone sono il primo asset di qualsiasi azienda. Senza di loro, le organizzazioni non funzionano». Ecco perché occorre investire non solo nei processi, ma anche nella maturità manageriale: saper valorizzare, accompagnare, trattenere e assegnare obiettivi non solo numerici significa costruire un clima che l’under 27 percepisce immediatamente.

L’IA come leva per una formazione più democratica

La puntata entra poi nel merito dell’investimento di Profumo in Pack, una startup HR guidata da un gruppo di giovani imprenditori. La scelta incrocia tre fattori: la fiducia nelle nuove generazioni, l’interesse per l’innovazione digitale e l’attenzione per i modelli evoluti di gestione del personale. Sistemi di assessment, coaching e mentoring sostenuti da piattaforme IA permettono, per Profumo, di democratizzare lo sviluppo delle competenze, superando il modello verticale che concentra le attività formative sulle prime linee. Con strumenti scalabili, ogni azienda può osservare i punti di forza e le aree di miglioramento dei propri collaboratori, favorendo percorsi personalizzati. È una direzione che parla direttamente alle imprese che vogliono essere attrattive per la Generazione Z: offrire crescita reale, non solo slogan.

Dare forma alle persone, non inseguire miti

La conclusione della puntata è un invito a rimettere al centro la funzione manageriale come presidio della crescita. La differenza tra un giovane che diventa risorsa stabile e uno che si disinnesca nel giro di pochi mesi non sta nella selezione perfetta, ma nella qualità dell’accompagnamento. Un messaggio che pesa su un mercato del lavoro dove i giovani chiedono contesti che li facciano crescere, e le aziende - come ricorda Profumo - non possono permettersi di sprecarne il potenziale. «Il personale - conclude - è il patrimonio di qualsiasi azienda».

Per approfondire il tema del rapporto tra AZIENDE e GENERAZIONE Z collegarsi al sito dell’Osservatorio Delta Index e di Skillherz

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