Tiziana Fausti: «Mai avuto un dubbio sulla scienza: solo uniti si può vincere»

L’imprenditrice bergamasca: «La pandemia ha cambiato il modo di lavorare, ma andare avanti è possibile».

«Nel novembre 2020 ho preso il Covid. In maniera molto leggera, ma con grande apprensione per me e i miei cari». Tiziana Fausti, la Signora della moda bergamasca, imprenditrice, buyer internazionale, ci mette la faccia e il cuore, parlando del vaccino e dell’importanza di «proteggere se stessi e gli altri».

Come ha vissuto il periodo della malattia?

«Mi sono isolata, ho vissuto 15 giorni in totale solitudine. Fortunatamente i sintomi del Covid sono stati leggeri e non è stato necessario andare in ospedale. Mi sono curata a casa, con i consigli dei medici, e fino a quando non sono risultata negativa, ho voluto che nessuno venisse a trovarmi. Ero preoccupata per i miei cari e volevo proteggerli».

Si è vaccinata subito?

«A giugno, mi sono vaccinata a Bergamo, alla Fiera. Ho dovuto attendere invece per la seconda dose: secondo i medici, e fatto tutti i controlli sierologici del caso, i miei anticorpi in questi mesi sono sempre stati molto alti. Ora la seconda dose è stata programmata a dicembre e farò la terza dose appena sarà fattibile, secondo le corrette tempistiche di somministrazione previste. Non ho dubbi sulla ricerca scientifica e credo fermamente nel nostro sistema sanitario».

Come valuta la campagna di vaccinazione?

«Vaccinarsi è un comportamento sociale, una forma di rispetto verso se stessi e gli altri. Ormai è molto chiaro quello che i medici e i virologi hanno spiegato: se non ci vacciniamo in maniera massiccia, permettiamo al virus di mutare, e se non costruiamo una solida barriera che ci protegge il virus mutato non può essere debellato. Chi non si vaccina causa delle profonde crepe nel sistema di protezione che con fatica la nostra società civile sta costruendo. Io non capisco proprio come questo non sia prioritario per tutti, nel rispetto di ciascuno e del nostro prossimo, con coscienza e consapevolezza».

Cosa ne pensa dei no-vax?

«Credo che prima di tutto chi non si vaccina è responsabile con il suo comportamento verso il prossimo: lo ritengo un grave atto di egoismo. Io sarei favorevole a rendere il vaccino anti-Covid obbligatorio, a livello governativo. Non sarebbe la prima volta: nel passato ci siamo vaccinati per molte altre malattie che hanno portato dolore, morte, depressione economica. Siamo un Paese civile, abbiamo il diritto e il dovere di vaccinare noi e i nostri figli».

C’è chi parla di diritto di scelta, di rispetto della libertà personale.

«Se questa prevarica la libertà dell’altro non è più libertà. E’ un comportamento incivile, da condannare perché mette in pericolo le persone, e in questo caso categorie spesso più deboli e indifese».

C’è chi ha dubbi sulle conseguenze del vaccino sulle giovani generazioni, in particolare a lungo termine.

«Io credo che la medicina stia lavorando per proteggerci e sono certa che ci possano essere dei dubbi, ma credo anche che sia necessario affidarsi alla ricerca, al mondo della scienza. Sempre più spesso c’è una non conoscenza dei temi trattati, ci sono notizie che non corrispondono alla realtà e troppa ignoranza su un tema così delicato e dai molteplici risvolti. Pensiamo ai vaccini che ci stanno salvando la vita da decenni, che sono obbligatori e che hanno protetto milioni di persone. L’anti-polio, per esempio, la stessa anti-influenzale così importante per gli anziani. La nuova guerra, quella della nostra epoca, è contro i virus, sempre più mutanti e pericolosi. Se il vaccino contro il Covid fosse stato obbligatorio da subito per tutti, io credo che non saremmo qui a parlare di nuova ondata: abbiamo perso l’opportunità di bloccare il virus, in maniera più incisiva».

Il suo lavoro da sempre la porta in giro per il mondo, per seguire la moda internazionale, con uno staff sempre in movimento. Il Covid ha cambiato inevitabilmente il suo modo di lavorare. Com’è questa nuova normalità?

«Dalla scrivania interagisco con le maison di moda, scelgo i capi di collezione. Ora la passerella o gli show-room li guardo da un grande monitor in ufficio, le call mi collegano con Parigi o New York, ma mi manca toccare i tessuti, capire dal vivo la vestibilità di un capo. L’esperienza in questi casi aiuta molto. Sicuramente il “sistema moda” ha modificato le tempistiche, il modo di fare relazione: è un settore che è molto attento alla normativa anti-Covid e al rispetto di essa e, dato che lavoriamo in ambito internazionale, l’emergenza sanitaria è ancora più evidente. L’importanza del vaccino è molto sentita».

Il suo staff cosa ne pensa?

«Ho avuto modo di confrontarmi con il gruppo di lavoro che sa molto bene la mia posizione a favore della vaccinazione e della tutela di tutta la mia squadra, non solo del singolo. Ovviamente ho lasciato scegliere a ciascuno di prendere la propria decisione. I controlli per il green pass in azienda sono sempre effettuati e chi non è vaccinato sa che deve fare il tampone come da normativa di legge».

E la terza dose?

«Anche domani, la farei subito. Dopo la seconda dose proseguo ovviamente come da indicazioni del nostro Sistema sanitario. L’Italia sta lavorando con coscienza, il vaccino è la nostra tutela e la nostra unica difesa. Quando sento e vedo chi contesta, penso ai nostri anziani a casa, ma mi preoccupo anche per i bambini. Sono una nostra responsabilità, il vaccino protegge anche loro».

Leggi le ragioni per dire sì di Alberto Mantovani, presidente della Fondazione Humanitas per la Ricerca.

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