Impariamo dai tedeschi a concretizzare i progetti per il nostro territorio

La decarbonizzazione impatterà fortemente su industrie, territori e persone. Ma senza una strategia adeguata non si potranno mettere a terra i grandi progetti

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C’è una buona prassi per la transizione ecologica in cui ti sei imbattuto viaggiando in Italia o in Europa? Oppure un’iniziativa che ha lanciato il paese in cui vivi e che pensi possa tracciare la strada?

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Una strategia integrata di trasformazione del territorio bergamasco

I profondi cambiamenti indotti dal processo di decarbonizzazione e dalla transizione energetica producono effetti di trasformazione strutturale a livello locale secondo tre principali vettori di cambiamento.

In primo luogo il vettore della trasformazione industriale, con gli impatti diretti sulle filiere produttive del territorio derivanti dalla crescita delle energie rinnovabili, dalla penetrazione delle reti intelligenti, dalla decarbonizzazione innanzitutto nei settori hard to abate, rilevanti nell’area bergamasca (siderurgia, cemento, chimica), ma anche nei settori meno critici come metalmeccanica e meccatronica, ICT e Data Centers, tessile-abbigliamento, agroalimentare, logistica e commercio.
In merito, è importante anche menzionare le potenzialità di sviluppo della filiera industriale dell’idrogeno green che, anche nel nostro territorio, ha già delle esemplificazioni interessanti. Infine, nell’ambito di questo vettore, occorre anche considerare il tema dell’impatto sui costi produttivi e sulla competitività del sistema industriale, che è integrato nei mercati e nelle catene globali del valore ed è quindi esposto a dinamiche concorrenziali extraterritoriali ed extranazionali.

In secondo luogo, il vettore di trasformazione indotto dalla necessità di rigenerazione del sistema territoriale, nella cui sfera vanno ricompresi temi di natura più fisica, come la riqualificazione sostenibile dell’ambiente costruito, la creazione di reti di infrastrutture verdi, l’adeguamento della matrice energetica, l’adozione di una mobilità intelligente e sostenibile e l’upgrading delle reti infrastrutturali, la rigenerazione dei quartieri urbani e delle aree dismesse, l’uso circolare delle risorse applicato ai differenti settori di attività, la valorizzazione dei terreni degradati da cave e miniere, la rigenerazione degli ecosistemi naturali e dei territori agricoli.

Infine, vi è un terzo vettore rilevante di trasformazione strutturale, nell’ambito del quale si articolano gli impatti della transizione sulla dimensione sociale e gli effetti socio-economici della transizione ecologica. Questo vettore è generalmente denominato Just Transition e normalmente non riceve un’attenzione significativa, anche perché richiede la valutazione di impatti critici e la messa in campo delle relative politiche attive di supporto in aree molto sensibili come il costo della vita e l’occupazione, particolarmente con riferimento alle categorie più sensibili, come i giovani, i NEETs, i migranti, la popolazione over 50 e i soggetti fragili.

A questo vettore si ricollega anche l’importante tema della riqualificazione del capitale umano fortemente impattato dalla trasformazione e quindi della formazione professionale, in una prospettiva di re-skilling e up-skilling, per l’acquisizione di nuove competenze e lo sviluppo di nuove professionalità.

La visione d’insieme delineata è necessaria per dare il senso di quanto siano ampi, profondi e trasversali gli impatti legati alla decarbonizzazione e alla transizione energetica e per comprendere quanto essi siano leve decisive e di traino per tutte le trasformazioni che interessano lo scenario attuale, sia a livello territoriale, sia a livello nazionale e globale.
Da come si interpretano e si affrontano queste transizioni e i loro impatti deriva in buona parte quello che il sistema locale potrà assimilare e produrre in termini di trasformazioni in campo territoriale, industriale e sociale. Perciò è fondamentale che l’impatto sul sistema bergamasco della decarbonizzazione e della transizione energetica siano considerate all’interno di una ampia agenda strategica multidimensionale che è stata fin qui molto carente.

Il sistema bergamasco si sta muovendo per accompagnare e accelerare questo processo di decarbonizzazione e la relativa transizione attraverso varie iniziative. Quella più rilevante è Bergamo “City Climate Neutral entro il 2030”.
Bergamo è infatti una delle oltre 100 città europee, di cui 9 in Italia - oltre a Bergamo: Roma, Milano, Torino, Padova, Parma, Bologna, Firenze, Prato - accolte dalla UE nella Mission “100 Climate-Neutral and Smart Cities by 2030” nell’ambito del Programma Horizon Europe. Queste città hanno in qualche modo l’opportunità di sviluppare in maniera preferenziale iniziative per diventare città neutre dal punto di vista delle emissioni di carbonio al 2030.

Dalla documentazione del Comune emerge che per raggiungere questo obiettivo vi sono essenzialmente 5 aree di intervento: le strategie di transizione climatica, il piano di governo del territorio, il piano di azione per l’energia sostenibile e il clima, il piano urbano della mobilità sostenibile e il tema dell’economia circolare.
L’iniziativa potrebbe essere ulteriormente valorizzata in riferimento, da un lato, alla scala territoriale, per ora limitata al confine amministrativo della sola città di Bergamo, dall’altro, alla considerazione di altri vettori di trasformazione strutturale, come quelli industriale, sociale e del capitale umano. Inoltre, il modello di governance potrebbe prevedere maggiormente il coinvolgimento degli attori privati, profit e non profit, che sono quelli che possono creare energie di sistema e catalizzare risorse economico-finanziare, umane e sociali, decisive per il successo stesso del processo di trasformazione.

Se dunque si intende allargare l’orizzonte, occorre farlo all’interno di una scala territoriale almeno provinciale, con un orizzonte strategico strutturato e articolato secondo i vettori di trasformazione illustrati e l’attivo coinvolgimento degli attori sistemici del territorio. Senza una tale strategia integrata, ogni iniziativa, pur apprezzabile in sé, difficilmente potrà avere degli impatti rilevanti di medio-lungo periodo sull’intero sistema territoriale. v1

L’avvio di un processo di pianificazione strategica, che assuma una ottica di medio-lungo periodo, deve poggiare su quattro pilastri collegati fra loro:
(i).
una visione di lungo periodo, che se è già presente nell’iniziativa del Comune, deve essere sostanzialmente integrata per tener conto di un’area territoriale più ampia, di una platea di stakeholders allargata al privato e al no profit e della natura multidimensionale delle trasformazioni attivate, includendo accanto alla dimensione territoriale anche quella industriale, sociale e del capitale umano;
(ii).
un insieme di obiettivi specifici condivisi dagli attori territoriali rilevanti pubblici e privati e un portafoglio progettuale ambizioso che concretizzi la visione e attui gli obiettivi concordati;
(iii).
una governance strategica e operativa che comprenda, oltre all’attore pubblico, gli attori sistemici del territorio bergamasco e eventualmente nuovi soggetti in partenariato pubblico-privato, prevedendo ad esempio la creazione di una Climate Foundation costituita allo scopo;
(iv). un insieme di strumenti abilitanti di pianificazione, gestione e di finanziamento, da individuare fin dall’inizio per un efficace accompagnamento dei percorsi realizzativi.

Dagli approfondimenti da noi condotti, è emerso un primo insieme di linee strategiche d’azione che declinano in concreto la visione illustrata. Le aree fondamentali identificate riguardano la rigenerazione urbana e le infrastrutture, la transizione energetica, lo sviluppo sociale e la salute, la sostenibilità del paesaggio fisico, la rigenerazione industriale e le catene di fornitura, il capitale umano e la connessa ricerca e sviluppo, la cooperazione internazionale.

Inoltre, nella disamina di casi studio significativi per metodologia e similitudine di configurazione e riguardanti esperienze già in atto in Europa, è stato individuato un benchmark estremamente interessante nell’IBA (in tedesco “Fiera della costruzione civile”).
Si tratta di un modello con più di 100 anni di storia, un orizzonte temporale definito in genere di 10 anni e già implementato in Germania, Svizzera, Olanda, Austria in modo molto efficace e in anni recenti.

Tra questi casi, un esempio particolarmente interessante è quello della Valle della Ruhr, che è stata ampiamente rigenerata, con un portafoglio di 120 progetti realizzati in 10 anni con una metodologia incentrata sui quattro pilastri menzionati.
Elemento centrale è la creazione ad hoc di un’istituzione indipendente a partecipazione pubblico-privata, fuori dalle logiche dei cicli politico-amministrativi in senso stretto e dotata di quella cruciale flessibilità caratteristica delle istituzioni privatistiche.

Una tale istituzione potrebbe costituire anche sul territorio bergamasco il pivot centrale di questo approccio integrato: nel contesto del nostro ordinamento, ad esempio, si potrebbe pensare alla creazione di una “Bergamo Climate Foundation”.

Una societa’ pubblico – privato ha fatto rinascere la Valle della Ruhr

Iba sta per «Internationale Bauausstellung» (esposizione internazionale di architettura), realtà ideata in Germania e utilizzata da oltre 100 anni. Il primo Iba fu nel 1901 a Darmstadt, e da allora (era un Salone per le novità in architettura ed edilizia) si è evoluto in uno strumento per lo sviluppo urbano e regionale, che è composto sia da attori pubblici, sia da privati e rappresentanti della società civile.

L’esempio più eclatante è quello della regione della Ruhr, per secoli il maggior distretto industriale del continente, il cuore della metallurgia grazie a immensi giacimenti di ferro e di carbone e al genio dei pionieri dell’industria tedesca. Nel Land più popoloso e tra i più ricchi della Germania, la crisi della siderurgia ha poi portato importanti sfide ecologiche, ambientali e sociali.

La svolta è avvenuta con l’istituzione da parte del land Renania Westfalia dell’IbaEmscher Park nella Valle della Ruhr, impostata nei suoi lineamenti principali nel decennio 1989-1999, e con la quale il luogo più inquinato d’Europa si è trasformato in un luogo simbolo del cambiamento .

Le progettualità più rilevanti: il Landschaftspark (Parco paesaggistico) Emscher, il recupero del canale Rhein-Herne e la rinaturalizzazione del sistema fluviale del bacino idrografico, la trasformazione di monumenti storici e di complessi minerari in centri per eventi e attività culturali, lo sviluppo di DuisPort, maggior terminale intermodale inland della Germania.

L’Iba ha compreso circa 120 progetti, identificati sulla base di un’analisi territoriale, mobilitando investimenti pubblici e privati per 7 miliardi di euro. Alla fine è divenuto il più importante intervento, a livello mondiale, di riqualificazione complessiva di una regione altamente industrializzata, localizzata lungo il fiume Emscher, il cui equilibrio era profondamente alterato ed avviato verso una massiccia dismissione di siti industriali contaminati, complessi minerari in esaurimento e aree urbane e infrastrutture sociali in decadenza.

Per affrontare queste complesse problematiche è sorto un organismo dedicato di intervento: l’Iba Emscher Park S.r.l.

La società ha giocato il ruolo fondamentale di coordinamento delle numerosissime parti sociali interessate dal progetto di recupero. L’obiettivo dei progetti era di mostrare come il rinnovamento economico, sociale e ambientale globale potesse essere avviato da progetti emblematici. Preservare la storia industriale di 150 anni della regione divenne la strategia di rinnovamento: le miniere di carbone di Zollverein o il Landschaftspark Emscher esemplificano come i brown field (siti ex industriali inquinati o abbandonati) possano essere riconvertiti in istituzioni culturali e in spazi verdi, aperti e interconnessi. L’immagine dell’area è così drasticamente cambiata, trasformando il distretto in un parco regionale che connette 17 comuni ed é percorribile in bicicletta (230 km), bonificando e rinaturalizzando centinaia di ettari, creando migliaia di nuovi posti di lavoro, invertendo il flusso migratorio e mantenendo la popolazione residente. E rendendo i cittadini consapevoli e orgogliosi del significato storico del processo: dall’innovazione nell’estrazione e trasformazione dell’acciaio all’innovazione della rigenerazione e nella partecipazione.

E’ uno strumento di pianificazione urbana unico al mondo: su un arco di 10 anni un Iba si occupa di ambienti di vita, abitazioni e edifici, in un modo da rispondere alle necessità di un luogo specifico, con costellazioni peculiari di attori locali, definendo standard di qualità e strumenti e formati progettuali innovativi. E prevede un importante impulso da parte di amministratori pubblici, imprese, università e società civile.

Altri esempi di Iba sono quelli di Thüringen, Heideberg e Stuttgart, sempre in Germania, e poi di Vienna (Austria), Parkstadt (Olanda) e Basilea (Svizzera).

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