
Ogni vita un racconto / Bergamo Città
Mercoledì 18 Giugno 2025
Fornaio, il sapore autentico del mestiere più «buono»
Senza impastatrici né furgoni, ogni casa profumava di pane fresco. La luce calda del forno e il croccante gusto raccontano una tradizione di fornai, orgogliosamente tramandata di padre in figlio.

Quando il silenzio invadeva le strade e la notte calava, una luce risplendeva proveniente dai forni della provincia. Era un chiarore che illuminava un lavoro e una tradizione che, per lo più, si tramandava tra generazioni. Con le mani nella farina, numerosi panettieri bergamaschi hanno infatti impastato, nei decenni scorsi, molto più che del semplice pane. Hanno nutrito le nostre comunità, hanno costruito legami e hanno scandito il tempo della vita quotidiana con semplici sorrisi e gesti autentici. Oggi omaggiamo la memoria di alcuni uomini che hanno fatto del loro mestiere una missione. «Una lunga vita esemplare di lavoro e di sacrificio» come quella di Giuseppe Colotti, una delle figure che in Almé è stata tra le più famose del secolo scorso. Colotti moriva il 24 gennaio 1971 all’età di 87 anni. Nato ad Onore e penultimo di otto fratelli di una famiglia di contadini, a soli 8 anni andò a Venezia a lavorare come garzone in una bottega di fornaio: qui conobbe e Cardinale Giuseppe Melchiorre Sarto, poi Papa Pio X, di cui fu chierichetto. Dopo il servizio militare aprì un forno proprio a Mologno di Casazza e, dopo aver combattuto per la Grande Guerra, «tornò alla sua vecchia professione, aprendo un negozio di fornaio ad Almè che gestì per trent’anni. Nel 1942, per motivi di salute, lo diede in affitto, ma un anno dopo tornò a fare il pane a Trescore. Colotti aiutò molte famiglie bisognose che, grazie al suo buon cuore, poterono avere del pane per sfamarsi».
Sempre in valle, ma a Berbenno, «ol fornér» fu Bonaventura Zois, «fornaio per tradizione e per mai sopita vocazione personale». Zois, morto il 16 agosto 1985, «veniva da una famiglia che da tempo immemorabile si passava il mestiere di fornaio – confermarono le cronache del tempo –. La famiglia Zois, panettieri di lungo corso nell’albero genealogico, si era sempre fatta apprezzare proprio per la qualità del pane, cotto al punto giusto, con sapori antichi e fragranza inalterata. Bonaventura Zois, l’ultimo della dinastia, aveva un talento particolare nel fare il pane. Il primo ingrediente di questa ricetta di successo era l’attaccamento mai allentatosi al mestiere, al “suo” forno». Dopo gli anni al fronte per la Prima guerra mondiale, Bonaventura tornò a casa e il forno si ampliò a misura «della famiglia che cresceva». «Tutti erano mobilitati per il pane, che poi era da distribuire, da portare nei paesi vicini – proseguiva il pezzo pubblicato su L’Eco di Bergamo – Tutto a mano: allora non c’erano ancora macchine, impastatrici e non c’erano nemmeno auto o furgoni per il trasporto. Il giorno più amaro per Bonaventura Zois è stato quello della chiusura del suo forno, perché non c’era più nessuno a raccoglierne l’eredità di gesti e di esempi».
A inizio anni Ottanta la comunità bergamasca pianse anche la scomparsa di due fratelli – Franco e Dario Minuscoli, il cui padre Elia fu un mugnaio di Nembro – che, con le loro attività, lasciarono un segno profondo in tanti paesi. Franco morì a 49 anni il 3 febbraio 1981. Ad Ardesio gestì una panetteria, poi passò a Torre Boldone e, infine a Casazza. Dario morì meno di quaranta giorni dopo il fratello, il 14 marzo 1981 a Grumello del Monte a 48 anni. A Grumello gestì con passione e dedizione un negozio di salumi e una panetteria.
A Caravaggio invece grande dolore provocò la scomparsa il 15 agosto 1988 a 85 anni di Francesco Bacchetta, conosciuto da tutti come «Cecchino», che proseguì la tradizione paterna di panificatore, «nella quale eccelse con un ottimo pane, da tutti conosciuto, ma apprezzato soprattutto dagli abitanti del quartiere di Santa Liberata». Oltre alla professione, fu stimato da molti per il suo impegno civico. Francesco fu infatti assessore per la DC dal 1946 al 1977 e sindaco di Caravaggio nel 1977. Divenne socio della Cassa Rurale ed Artigiana nel 1935 e, dopo la guerra, fu uno dei più impegnati artefici della rinascita dell’Istituto, come consigliere dal 1950 e vice presidente dal 1975 al 1983. «Fu fondatore, a Caravaggio, del Centro Sportivo Italiano – descrissero al tempo – e fu direttore tecnico della prima squadra calcistica del dopoguerra: la gloriosa Olimpia, che raggiunse significativi traguardi. Fu vicino ai giocatori, in gran parte caravaggini, più come fratello maggiore che come dirigente sportivo».
Giovanni Carcano: Azzano San Paolo e il suo panettiere
Grande dolore ha suscitato nella comunità di Azzano San Paolo la scomparsa di Giovanni Carcano, deceduto improvvisamente nella mattina del 19 maggio 1971. Il giovane, che aveva da poco compiuto 36 anni, era nato a Marcaria nel Mantovano e negli ultimi sei anni ha vissuto con la famiglia alle porte di Bergamo. «Di carattere aperto, godeva della generale stima e simpatia – ricordarono le cronache del tempo –. Con i sacrifici della sua attività di panettiere portava avanti con dignità la vita di una famiglia numerosa, composta dalla moglie Maria e da cinque figlioli. Era un bravo ragazzo, onesto e generoso. Ha lasciato un vuoto incolmabile fra i suoi cari e un profondo rimpianto in chi ebbe modo di conoscerlo». Giovanni lasciò nel dolore anche il fratello Mario, vigile del fuoco presso il comando di via Codussi.
Raffaele Frosio: a S. Omobono il profumo del pane era solo «il suo»
Si spegneva a 66 anni il 10 giugno 1971, Raffaele Frosio, storico panettiere di Sant’Omobono Terme. Raffaele dedicò tutta la vita al suo forno e alla sua famiglia, composta dalla moglie Ester e dai figli Sandra, Gigino, Mari e Raffaella. «Aveva tenacemente lavorato sino a pochissimi giorni prima della morte e nulla lasciava presagire una fine tanto ribelle – scrisse L’Eco di Bergamo nell’edizione dell’11 giugno 1971 –. Persona molto conosciuta e benvoluta in Valle Imagna, Raffaele aiutò parecchie famiglie bisognose, specialmente durante i duri periodi dell’ultima guerra, quando, con spirito altruistico, si adoperò per sfamare gli indigenti e le famiglie più sfortunate». Durante quel periodo Frosio «subì anche la prigione, perché fu sorpreso ad aiutare i partigiani che, rivolgendosi a lui, sapevano di poter contare su un vero amico».
Achille Cancelli amava aiutare il padre nel negozio di famiglia
Sabato 21 ottobre 1972 la comunità di Credaro salutò per l’ultima volta il giovane Achille Cancelli, stroncato due giorni prima da una «malattia subito risultata ribelle ad ogni cura». Il 24 enne, che lasciò la moglie Maria, la mamma Rosa, il papà Pier Luigi, il fratello Leonardo e la nonna Annunciata, «era un giovane molto stimato e benvoluto in paese – si può leggere nell’articolo pubblicato sul nostro quotidiano in occasione dei funerali –. Dopo aver frequentato le scuole medie presso il collegio S. Defendente di Romano e fatto il servizio militare come paracadutista, si occupava nel negozio di panettiere del padre». Achille, appassionato di sport automobilistico, fu anche presidente della squadra di calcio del paese, un ruolo che gli permise di «farsi apprezzare per il suo buon senso e per la cordiale bontà».
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