Ricevute dal Papa le famiglie afghane accolte a Bergamo

Le 14 persone fuggite in aereo da Kabul hanno trovato rifugio grazie a Fondazione Meet Human. Sorrisi e commozione durante l’incontro con Francesco. Una donna gli ha donato il suo anello, il pontefice: «Ora è mio, ma lo tenga e ne abbia cura».

Il dolore e la speranza s’impastano in un legame inscindibile. La tragedia afghana ha l’àncora della fede e della solidarietà, in un lungo filo ideale che si dipana da Kabul sino all’Italia. E fino a Bergamo, attraverso i luoghi più simbolici di Roma. Nello scrigno di storie annodate attorno al dramma di un conflitto mai davvero esaurito, ce n’è una che tiene unite tre famiglie di cristiani afghani che da Kabul hanno trovato accoglienza appunto in terra orobica, e che ieri – prima dell’udienza generale del mercoledì – hanno potuto incontrare Papa Francesco in Vaticano. In Bergamasca queste tre famiglie afghane, che hanno lasciato Kabul ad agosto mentre i talebani se ne riappropriavano con la violenza e con le armi, hanno trovato nuova casa grazie alla rete intessuta dalla Fondazione Meet Human, fondata e presieduta da Davide Nembrini e legata al solco tracciato dalla Fondazione San Michele Arcangelo: un’esperienza di accoglienza, quella per le tre famiglie cristiane afghane (14 persone in tutto, 8 donne e 6 uomini, compresi sette minori), nata dalla lettura di un appello online lanciato dallo scrittore Alì Ehsani, fuggito a sua volta anni fa dall’Afghanistan, e che ha messo in campo un lavoro a cavallo tra la diplomazia – nel corso delle ultime settimane, l’interlocuzione si è svolta col ministero degli Esteri, col ministero della Difesa e con le prefetture – e la solidarietà.

Ieri, appunto, è stato il momento del sentimento. Papa Francesco ha appreso di questa drammatica storia durante l’ultimo viaggio tra Ungheria e Slovacchia, manifestando la volontà di incontrare le famiglie. Così è stato, come raccontato anche dall’Osservatore Romano. E quando Pary Gul – 57enne afghana che non ha più notizie del marito, inghiottito dal buio talebano – ha incrociato il pontefice, ha voluto consegnare a Francesco il suo anello, il ricordo del marito scomparso in quei giorni di terrore d’agosto. Francesco ha sorriso, ha ringraziato e ha regalato una frase delle sue: «Io posso portare solo l’anello pastorale, ma facciamo così – la sintesi delle parole del Papa rivolte alla donna -: l’anello che vuole regalarmi ora è mio, ma lo terrà lei. Lo conservi, ne abbia cura». Lacrime di commozione hanno rigato il volto di Pary, carezzata sul capo dal Papa. «È stato un attimo di grandissima partecipazione e umanità - racconta Francesco Napoli, responsabile delle relazioni istituzionali della Fondazione Meet Human -. C’è stata l’occasione di raccontare questa storia profonda e di vivere un’emozione intensa». Per Francesco, i piccoli bambini afghani hanno preparato dei disegni.

La memoria di quel che s’è vissuto è la linfa che alimenta il percorso di accoglienza che prenderà forma in terra bergamasca: «Fondazione Meet Human nasce come Ong impegnata su progetti di cooperazione internazionale. Quest’ultima esperienza, nello specifico, è sorta leggendo in rete l’appello di Alì Ehsani e in tempi rapidissimi s’è avviato il lavoro di accoglienza. Sono stati messi a disposizione gli appartamenti, sono stati raccolti abiti, libri, giochi per i bambini – prosegue Napoli -. Ora inizia il percorso di inserimento nel nostro territorio, partendo da una base di alfabetizzazione: con i nostri maestri, perché Fondazione Meet Human è legata a Fondazione Ikaros, costruiremo un progetto di introduzione al lavoro per gli adulti e percorsi scolastici per i bambini».

Le tre famiglie sono arrivate in Italia attorno al 20 agosto, con uno degli ultimi voli partiti dalla Kabul assediata dai talebani; hanno trovato dapprima ospitalità a Roma, svolgendo la quarantena presso la Fraternità di San Carlo Borromeo. Il bimbo più piccolo, di poco più di un anno, è stato anche ricoverato per alcuni giorni all’arrivo in Italia, a causa di una brutta infezione. Ma ora stanno tutti bene, l’incontro con Francesco ha lasciato sorrisi e commozione. «Il tentativo cui vogliamo dar vita – conclude Napoli – è quello di rimettere in mano a loro il proprio destino. Desideriamo che possano riappropriarsi dell’esperienza cristiana, dell’esperienza di vita e che possano essere felici dopo ciò che hanno vissuto».

© RIPRODUZIONE RISERVATA