Bergamo, con le e-bike a 60km all’ora: «Così facciamo più consegne»

IL FENOMENO. Alcuni disattivano il limitatore di velocità dei mezzi: «Riusciamo a fare il doppio in una serata». L’allarme sicurezza in strada.

Le vedi sfrecciare accanto alle automobili a velocità impressionante, a volte superandole, oppure avventurarsi in spericolati slalom tra i veicoli bloccati nel traffico cittadino. Sono le e-bike truccate, un fenomeno oggi più che mai diffuso, con numeri in continua ascesa sia a livello nazionale sia sul territorio. A guidarle sono soprattutto riders di famose piattaforme di food delivery.

Come funziona

Anche se risulta difficile stimare con precisione la portata di questa tendenza in città, basta scendere in strada e percorrere la zona della stazione e di viale Papa Giovanni XXIII, per capire che non si tratta di pochi casi isolati, ma di una «moda» pericolosa, che si sta consolidando. I numeri forniti dell’Associazione nazionale ciclo motociclo accessori (Ancma), ci dicono che in Italia nel 2024 sono state vendute 1.354.000 biciclette. Di queste, oltre 274mila elettriche, circa il 20%. Rispetto al 2019 per le bici tradizionali c’è stata una diminuzione del 29%, mentre per quelle a pedalata assistita, si è registrato un incremento del 40%. Un boom dietro cui si nasconde purtroppo un numero considerevole di bici modificate.

Fino a 60 km/h

Proprio lungo il viale che collega la stazione a largo Porta Nuova, se ne possono trovare molte. O anche tra via Tiraboschi e via Ghislanzoni. I riders maneggiano biciclette sbloccate, trasformate a tutti gli effetti in veri e propri motorini, con velocità che possono toccare i 50-60 km/h. L’alta densità di ristoranti nella zona, permette di trovare molti riders seduti sulle panchine a lato della strada, anche lontano dagli orari di pranzo e cena, quando invece iniziano le folli corse «per fare più consegne possibili».

Il racconto

A raccontarlo, in forma anonima, un fattorino di una delle piattaforme più famose, che ha ammesso di avere utilizzato in passato una bicicletta truccata, ma che ora ha deciso di «riportarla a norma di legge - con una velocità massima di 25 km/h quindi - per paura di ricevere sanzioni pesanti dalle autorità, che hanno rafforzato i controlli». Si parla di multe che superano facilmente il migliaio di euro e prevedono anche il sequestro del mezzo.

«Nel nostro lavoro, con una bicicletta sbloccata, riesci a fare quasi il doppio delle consegne in una serata»

«L’hub di distribuzione di queste biciclette “sportive”, quasi tutte di fabbricazione cinese, si trova a Milano, nella zona di Porta Garibaldi», spiega il rider, che a fine chiacchierata rivela senza troppi giri di parole: «Nel nostro lavoro, con una bicicletta sbloccata, riesci a fare quasi il doppio delle consegne in una serata». Una testimonianza che mette in luce un ulteriore lato dello sfruttamento di questa categoria di lavoratori, già penalizzata da poche tutele contrattuali e guadagni esigui. Dietro alle bici truccate si nasconde quindi una logica di maggior ritorno economico, che apre però a molti interrogativi sul tema della sicurezza, per tutti gli utenti della strada e anche per questi lavoratori, che sfrecciano su mezzi non omologati, senza nemmeno usare il casco.

Come un motorino

Osservandole da vicino, si nota che a molte sono stati addirittura tolti i pedali. «L’accelerazione è regolata da una manopola presente sul manubrio, collegata tramite un cavo al motore centrale e alle batterie ausiliare installate in un secondo momento, che danno quell’“extra boost” di potenza al mezzo, fino a tre o quattro volte il limite consentito». A spiegarlo un rivenditore di bici specializzato, che ha affermato di tenersi «alla larga da questo business, per non incappare in sanzioni e problemi legali». Scrupolo che non si fanno tanti altri meccanici, che le potenziano a costi non troppo alti, che si sommano a un prezzo di partenza per bici simili attorno ai 1.500-2.000 euro.

«Introdurre un’assicurazione»

Le incognite sulla sicurezza e sulla tutela degli utenti della strada e di questi lavoratori, fanno emergere la necessità di regolarizzare questi bolidi, anche a livello assicurativo. «Introdurre una legge che prevede l’assicurazione per questa tipologia di veicolo sarebbe opportuno – sottolinea il presidente della sezione bergamasca del Sindacato nazionale agenti di assicurazione, Nicola Lesina –. Nonostante ci siano tante biciclette investite e poche che investono, si potrebbe pensare di introdurre per legge una polizza obbligatoria diffusa con responsabilità civile, che si attesterebbe sotto i 100 euro l’anno» C’è infatti il rischio concreto - per coloro che subiscono danni negli incidenti causati da questi mezzi - di non vedersi riconosciuto alcun risarcimento, data l’assenza di un’ assicurazione.

Sarebbe però cruciale, secondo Lesina, «attuare una campagna capillare di controlli da parte delle forze dell’ordine, per verificare le posizioni assicurative di questi veicoli, affinché tutti si mettano in regola. Tutto dipende dalla volontà politica, anche se al momento mi sembra di percepire una certa mancanza di sensibilità sul tema».

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