
Economia / Bergamo Città
Sabato 20 Settembre 2025
Laureati in lettere ed economia: il tessile guarda ad altri settori
IL CORSO. Mancano periti, ma le figure «ibride» sono essenziali per innovare. In Università presentata la 10a edizione del master dedicato alla filiera.
Ci sono i laureati in lettere, ma c’è anche chi viene dal mondo dell’economia, del marketing, dell’ingegneristica e della comunicazione. In qualche modo queste figure entrano in contatto con aziende tessili più o meno grandi, oppure le fondano, acquisendo solo successivamente le competenze specifiche.
Il master a Bergamo
Lo conferma il professor Stefano Dotti, dell’Università di Bergamo, in occasione della chiusura della 9 edizione (e della presentazione della 10) del master in Tecnologie e processi della filiera tessile: «Chi partecipa al nostro corso è spesso una persona che già lavora nel settore ma che ci è arrivato da altri percorsi di studi e carriera, perciò le aziende hanno necessità di formarli su materiali e processi. Ed è sempre più così - conclude - ora che i percorsi scolastici da perito tessile ne diplomano sempre meno e non ci sono percorsi universitari dedicati le imprese devono attingere da altri bacini e formarli, perché la carenza di personale c’è e si sente».
Le figure «ibride»
La presenza di figure «ibride» è fondamentale anche per l’innovazione del settore, come confermano tutte le startup e le realtà di ricerca e sviluppo che l’Università ha chiamato venerdì 19 settembre a confrontarsi al campus di Ingegneria, regalando ai 14 che hanno concluso il master ed agli interessati, una lezione aperta sul tema dell’innovazione nel tessile. Giorgia Carissimi, responsabile innovazione e sostenibilità di Albini Next, spiega: «Per noi open innovation significa proprio contaminarci ed il team di lavoro su questi temi è stato creato da subito con persone provenienti da ambiti diversi e Paesi diversi. Non solo, a volte ci rendiamo conto che alcuni progetti che avviamo non sono magari utili per il business specifico di Albini, ma lo possono essere per altri. Eppure - conclude - in questi casi troviamo ancora tanta diffidenza ed è difficile avviare collaborazioni».
Tra stilisti e ingegneri
Chi invece ha lavorato con la realtà bergamasca è Pulvera, startup brianzola nata come spin off della Casati flock che da oltre trent’anni realizza questo particolare prodotto, vellutato al tatto, nato proprio dallo scarto dei tessuti. Per Eleonora Casati, ceo e co-fondatrice di Pulvera, guardare ad altri settori è fondamentale: «Noi polverizziamo lo scarto tessile e creiamo altri materiali, ma non torniamo più al filato, vendendo piuttosto per il packaging, l’edilizia o l’automotive». Dal settore bellico arriva invece l’innovazione della monzese Comftech, la cui ceo Alessia Moltani, spiega: «Produciamo smart textiles con funzioni di monitoraggio del corpo, inventati durante la guerra del Golfo. Li innoviamo per applicazione in ambito medico pediatrico e sportivo e questo significa che io passo le mie giornate divisa fra i professionisti della moda e gli ingegneri di nanotecnologie».
«Per noi il team è tutto. Siamo in 30, tutti giovani, tutti con la voglia di portare avanti un progetto e con competenze differenti» conclude Eva Cremaschi, product manager di Dalfilo, startup della Val Gandino specializzata nell’e-commerce di biancheria per la casa, cresciuta in tre anni da 10mila a 54mila ordini lavorando soprattutto con i terzisti del territorio.
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