L’Osservatorio Cisl sui salari: alle donne il 30% in meno

I dati dei 730: aumenta la disparità con le retribuzioni degli uomini. Il segretario Corna: «Interventi per sostenere le politiche di conciliazione vita-lavoro»

Anche nell’anno della pandemia una delle discrepanze più gravi del sistema Italia, continua ad imperversare, anche in provincia di Bergamo. Continua infatti ad allargarsi anche in provincia la forbice dei redditi da lavoro tra uomini e donne: in media, secondo i dati riferiti al Caf di via Carnovali elaborati dall’Osservatorio Cisl, risulta che lo stipendio femminile sia del 30% circa più povero di quello maschile. Ma non solo, secondo il campione preso in esame dalla Cisl, in media «la retribuzione maschile è cresciuta più di quella delle colleghe». Una profonda disparità salariale, che sembra non trovare mai, nonostante i tanti proclami degli ultimi anni, una soluzione.

Lo studio ha analizzato i modelli 730 presentati lo scorso anno nei vari punti di raccolta che il Caf Cisl dispone su tutto il territorio provinciale. Si tratta di un campione di 42 mila dichiarazioni presentate da lavoratori dipendenti (erano 46 mila l’anno precedente), e da queste emerge che nel 2020 il reddito medio delle lavoratrici bergamasche dipendenti, infatti, è stato di 22.017 euro, mentre quello dei lavoratori ha superato i 30 mila euro (30.473 per l’esattezza). Sono quindi 8.456 euro, in media, a distanziare lo stipendio maschile da quello femminile, e in un anno la differenza è ulteriormente cresciuta di 177 euro, sempre a sfavore del genere femminile, che rispetto allo scorso anno ha avuto un aumento medio di 367 euro contro i 544 euro che hanno arricchito la busta paga dei colleghi uomini. Anche in quest’anno così critico, dunque, il gap salariale tra i generi si è ampliato.

Dolenti note pure dalle pensioni
L’indagine dell’Osservatorio Cisl sui dati Caf, fa il paio con quella recente, sempre portata avanti da Fnp-Cisl sull’importo delle pensioni. Anche in quel caso balzava subito all’occhio il divario economico uomo-donna. Secondo gli ultimi dati infatti, le donne ricevono meno della metà: in media 812 euro contro 1.700. Una situazione che si ribalta solo nel caso specifico della reversibilità che però lascia alle vedove assegni, in media, di 760 euro. I motivi sono facili da individuare: le donne incontrano più difficoltà nel fare carriera, hanno stipendi mediamente più bassi rispetto agli uomini. E soprattutto devono conciliare, più dei mariti, vita (in particolare l’educazione dei figli) e lavoro.

Part time «obbligato» per la cura della famiglia; mansioni meno qualificate; interruzioni di carriere per le maternità; la grande maggioranza di donne tra i contratti precari: le cause di una disparità che da ogni parte si vuole combattere sono tante, e la situazione sembra che non riesca mai a cambiare.

«Servono interventi e misure sia a livello nazionale che locale per sostenere le politiche di conciliazione vita-lavoro per non penalizzare soprattutto le donne – spiega Francesco Corna, segretario generale della Cisl di Bergamo -. Va nella giusta direzione il Family Act che prevede, tra le altre cose, un assegno mensile universale per tutti i figli fino all’età adulta, sconti per gli asili, agevolazioni per gli affitti delle coppie composte da under 35, detrazioni fiscali delle spese dell’affitto per i figli maggiorenni iscritti a un corso universitario».

«Contrattazione necessaria»
Secondo il segretario della Cisl bergamasca, è inoltre «positivo pure l’incremento delle risorse per la conciliazione che si deve perseguire anche attraverso la contrattazione ad ogni livello; inoltre è necessario utilizzare gli aiuti economici dell’Unione Europea per strutturare i servizi per le famiglie, come hanno fatto in altri paesi europei, altrimenti senza questi interventi le disparità non potranno essere eliminate».

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