Ristorazione, una ripresa lenta: in rimonta le imprese giovanili

IL REPORT ASCOM. Per tutti resta di grande attualità la carenza di personale. I locali stranieri, con meno costi fissi, hanno resistito meglio alla pandemia.

Quando si parla di ristorazione si intende oggi un settore complesso, variegato e frastagliato. Sono 8.048, delle quali 7.190 attive, le imprese orobiche che operano in un ecosistema composto da microsettori: questo è uno dei dati emersi alla presentazione del primo Osservatorio sui pubblici esercizi Ascom Bergamo. Nel 2022 si è contato un drammatico record di chiusure, dato ora in lenta ripresa soprattutto nel territorio bergamasco dove cresce meno il tasso di nuove aperture (+18,8%) ma si avvicina all’arresto quello delle cessazioni (+2%), con un calo delle sedi delle imprese di -0,2%, inferiore a quello lombardo (-1,1%) e italiano (– 0,8%).

Le imprese giovanili attive del settore nella Bergamasca sono 619: sono quelle che hanno sofferto di più l’ultimo anno ma che oggi esprimono il miglior differenziale sia nella crescita delle nuove iscrizioni sia nella riduzione delle cessazioni. I giovani hanno infatti una maggior spinta ad iniziare un progetto imprenditoriale, aumento riscontrato nell’intero settore terziario nel primo semestre.

L’assenza di personale

La pandemia ha rappresentato una tragedia per la ristorazione, oggi la spinta al consumo fuori casa e la crescita del turismo stanno risollevando in parte il settore, anche se a beneficiarne non è l’intera categoria. Salvo una minoranza di imprese di grandi dimensioni che aprono più punti vendita, riuscendo anche ad attirare più dipendenti, le altre stanno riducendo le dimensioni medie e faticano a produrre liquidità per nuovi investimenti. La maggiore criticità al momento risulta essere proprio l’assenza di personale: la domanda da parte delle imprese è alta, soprattutto tra i mesi di maggio e settembre, per nuovi dipendenti, e non riesce ad essere colmata. Anche Bergamo Capitale Italiana della Cultura non è riuscita a risollevare totalmente la situazione, andando a beneficiare gli esercizi del centro città a scapito di quelli di provincia.

Le imprese straniere sono quelle che hanno resistito maggiormente negli anni difficili della pandemia essendo di dimensione più piccole, con minori costi fissi e basati solo sul lavoro familiare. Sostenuti dai giovani, sull’onda delle nuove tendenze e i prezzi bassi, si stanno consolidando i ristoranti fusion e i Poke. Stabile il sushi tradizionale non solo grazie al prezzo conveniente, ma perché ormai entrato a far parte delle abitudini di consumo dei bergamaschi, come definitiva affermazione della cucina etnica.

Inversione di tendenza

Nella storia del settore, i bar e ristoranti sono sempre stati soggetti a cambi di gestione e ripartenze. Negli ultimi anni invece hanno iniziato a chiudere definitivamente, in particolar modo quelli delle zone montane. Il fenomeno tocca oggi anche la pianura dove il cambio di stile di consumi e la presenza di locali nuovi mette sotto scacco quelli più datati. Se dal 2003 al 2013 il numero di bar è molto aumentato a scapito dei ristoranti, assistiamo negli ultimi anni, in particolare a seguito della pandemia, ad un andamento opposto.

«Nei paesi montani e nelle frazioni, i bar, che spesso rappresentano l’unico presidio sociale, andrebbero sostenuti con contributi pubblici, puntando soprattutto sui prodotti di qualità a Km zero», sottolineano Oscar Fusini, direttore Ascom Bergamo, e Diego Rodeschini, presidente Gruppo bar, caffè e pasticcerie Ascom Confcommercio Bergamo. Altro tema di attualità e che necessita di ulteriori modifiche è quello della convivenza tra pubblici esercizi e quiete pubblica, esempio fra tutti quello di Sarnico in cui è stato stabilito un limite d’orario.

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