Stipendi, Bergamo nella top 20 in Italia. Ma pesa l’inflazione

JP GEOGRAPHY INDEX. La nostra provincia al 16° posto con una retribuzione globale annua lorda di 32.963 euro. Milano rimane la provincia più ricca con 38.544 euro.

Bergamo si conferma tra le province italiane con le retribuzioni più alte, ma il dato resta offuscato dalla perdita di potere d’acquisto. Secondo il Geography Index Report 2025 dell’Osservatorio JobPricing, la Rga media (Retribuzione globale annua) nella nostra provincia si attesta a 32.963 euro, un livello che colloca Bergamo al 16° posto nazionale (migliorando di una posizione rispetto al 2023) e leggermente sopra la media italiana di 32.402 euro.

Ma la capacità di spesa scende

Se il salario medio appare competitivo, la capacità di spesa dei lavoratori bergamaschi si è però erosa. Dal 2015 al 2024 gli stipendi sono cresciuti del 9,5%, mentre l’inflazione nello stesso periodo è stata del 17,3%. Il saldo reale è quindi negativo e registra -7,8%. Una perdita meno grave rispetto a Milano (-12,5%) ma comunque significativa per famiglie e imprese locali.

Le famiglie devono fare i conti con rincari su casa, trasporti e beni di consumo, mentre le imprese sono chiamate a garantire retribuzioni più competitive senza perdere in produttività

Il dato locale racconta dunque una duplice realtà: da un lato la solidità di un sistema economico che colloca la provincia nella parte alta della graduatoria nazionale, dall’altro la difficoltà di mantenere intatto il reddito reale. Le famiglie devono fare i conti con rincari su casa, trasporti e beni di consumo, mentre le imprese sono chiamate a garantire retribuzioni più competitive senza perdere in produttività.

E lo stesso trend si replica in Lombardia che resta la regione con le retribuzioni più elevate d’Italia: 34.614 euro lordi annui, prima davanti a Lazio e Liguria. Tuttavia, anche in questo caso, la crescita salariale degli ultimi dieci anni (+6,9%) è stata nettamente inferiore all’inflazione (+19,5%). Il risultato è una perdita reale del 12,6%, peggiore della media nazionale (-11,3%).

Milano la più ricca

Milano rimane la provincia più ricca, con 38.544 euro medi annui: la presenza di distretti o di poli industriali ad alta specializzazione, o la maggiore diffusione di aziende di grandi dimensioni con logiche internazionali o multinazionali garantisce un’opportunità per professionalità di alto livello e, conseguentemente, mostra livelli retributivi più elevati. Ma anche qui l’erosione del potere d’acquisto è tra le più pesanti. Meglio hanno fatto altre province lombarde come Como, Brescia e appunto Bergamo, tutte nei primi posti della classifica nazionale per redditi medi, ma comunque in sofferenza rispetto al costo della vita crescente.

Il rapporto conferma poi l’Italia delle differenze, con un Nord che resta avanti: nel 2024 la Rga media è di 33.740 euro contro i 29.424 di Sud e Isole. Il divario si sta però riducendo: dal 2015 al 2024 le retribuzioni meridionali sono cresciute del 12,8%, contro il +9% del Nord. Il gap salariale si è così ridotto dal 18,6% al 14,7%.

Sempre con il nodo dell’inflazione. In dieci anni, a livello nazionale, i salari sono saliti del 9,5% contro un’inflazione del 20,8%. Solo tre province – Reggio Calabria, Campobasso e Potenza – non hanno perso potere d’acquisto. Tutte le altre, comprese quelle lombarde, hanno visto arretrare la capacità di spesa delle famiglie.

È in questo contesto che si collocano le preoccupazioni di Cgil, Cisl e Uil di Bergamo che concordano su un punto essenziale: la contrattazione collettiva nazionale e quella decentrata restano il pilastro per difendere il potere d’acquisto dei lavoratori. La prima garantisce una cornice uniforme, la seconda consente di adattare strumenti e misure alle esigenze specifiche dei territori. Oltre, ovviamente, a politiche fiscali e industriali capaci di valorizzare la produttività e sostenere i redditi da lavoro.

Francesco Corna, segretario Cisl Bergamo evidenzia che «servono una nuova politica della casa con investimenti nell’edilizia pubblica e un consolidamento della riduzione dell’Irpef sui salari bassi». Per il segretario Cgil Bergamo, Marco Toscano, «sarebbe stato utile approvare la legge sul salario minimo, che avrebbe fissato una soglia di tutela soprattutto per i settori più fragili e serve un piano industriale che crei lavoro qualificato nei comparti ad alto valore aggiunto». E, infine, Pasquale Papaianni, segretario Uil Bergamo insiste sulla necessità di «detassare gli aumenti contrattuali e rafforzare la contrattazione di secondo livello», strumenti immediati per riportare risorse nelle tasche di lavoratori e lavoratrici.

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