Stipendi, nel privato 914 euro in più l’anno: ma non bastano a fronteggiare il carovita

I DATI. L’aumento medio lordo (+3,5%), supera l’inflazione (+0,9%) Dal biennio precedente però prezzi alle stelle. I sindacati: «Rinnovare i contratti».

È un’accelerazione attesa, ma che non basta a recuperare il gap dei due anni precedenti. La corsa degli stipendi ha questo ritmo ormai noto: nel 2024 in Bergamasca la retribuzione media dei lavoratori del settore privato è aumentata del 3,5%, e dopo un biennio è finalmente riuscita a sorpassare l’inflazione (che nello stesso anno si era attestata al +0,9%). In concreto, una lieve ripresa del potere d’acquisto c’è stata, seppur incapace di «sanare» quanto patito invece tra 2022 e 2023.

I numeri

A tracciare lo scenario sono i nuovi dati dell’Inps. Lo scorso anno, appunto, in provincia di Bergamo i dipendenti del privato hanno guadagnato in media 27.001 euro lordi, in incremento di 914 euro rispetto al 2023. A livello nazionale, la terra orobica si colloca al decimo posto tra le province italiane (in testa c’è Milano con 35.670 euro, +3,8%) e resta decisamente al di sopra della media italiana (che è pari a 24.486 euro, +3,4% in dodici mesi). È soprattutto la Lombardia la capitale dei guadagni: nella top-ten, oltre a Milano e Bergamo, ci sono anche Monza (2a, con 29.576 euro), Lecco (6a, con 27.788 euro) e Varese (9a, con 27.030 euro). A seconda dell’inquadramento, l’ultimo miglio degli stipendi ha avuto una progressione differente, e anzi torna ad allargarsi la forbice. Sempre in Bergamasca, ad esempio, la retribuzione di un operaio è cresciuta solo del 3,1% (+665 euro, ora si attesta a 22.325 euro), al +3,5% viaggiano quelle di impiegati (pari a 29.387 euro, +1.001) e quadri (74.631 euro, +2.555 euro), mentre il balzo più consistente è il +4,3% maturato dai dirigenti (remunerati in media 160.285 euro, +6.652 euro). Chiaramente, il responso finale sui salari è determinato da più fattori, legati sia alla «quantità» di lavoro (full time o part time, tempo indeterminato o determinato) sia alla «qualità» (la tipologia contrattuale, il livello). Nell’analisi dei sindacati, la spiegazione generale più ricorrente sulla buona performance si spiega soprattutto con la ripresa della stagione dei rinnovi dei contratti collettivi.

I contratti rinnovati

«Bisogna invece estendere la contrattazione ai pochi non ancora inclusi, agevolarla operativamente e defiscalizzarla come proposto in manovra, e distribuire la ricchezza laddove si crea, anche attraverso la legge sulla partecipazione (approvata a maggio su iniziativa della Cisl»

Nel 2024, infatti, si è giunti alla firma – tra gli altri – degli accordi per il commercio, per le cooperative sociali, per gli studi professionali, per l’energia, solo per citarne alcuni. «La contrattazione e il rinnovo puntuale restano fondamentali per l’innalzamento delle retribuzioni – riflette Marco Toscano, segretario generale della Cgil Bergamo -. Anche per questo sarebbe fondamentale arrivare a una nuova legge sulla rappresentanza, contro il dumping contrattuale (l’applicazione dei cosiddetti contratti pirata, ndr), così come andrebbe ripresa la proposta del salario minimo». Un tema, quest’ultimo, su cui la frattura tra le sigle resta evidente: «Non è il salario minimo che risolve il problema del lavoro povero – ragiona Francesco Corna, segretario generale della Cisl Bergamo -: anche i contratti più bassi, nel nostro territorio, hanno una remunerazione reale superiore ai 9 euro orari della proposta. Bisogna invece estendere la contrattazione ai pochi non ancora inclusi, agevolarla operativamente e defiscalizzarla come proposto in manovra, e distribuire la ricchezza laddove si crea, anche attraverso la legge sulla partecipazione (approvata a maggio su iniziativa della Cisl, ndr)». Per Gianfranco Salvi, delegato alle Relazioni industriali della Uil Bergamo, «c’è un problema rilevante in Italia: sono più di novecento i contratti nazionali in vigore. Andrebbe fatta una riforma in funzione della rappresentatività minima dei soggetti che controfirmano questi accordi, perché in questa giungla si annidano i contratti pirata che portano lavoro povero e creano concorrenza sleale tra le aziende».

L’«eredità» dell’inflazione

Il rilancio del 2024 non è però sufficiente a rimpinguare le tasche dei lavoratori, fiaccati dal carovita. L’esplosione della bolla inflazionistica era stata fragorosa: nel 2022 l’inflazione annua in Bergamasca era stata del +6,8% e gli emolumenti del privato erano aumentati appena del 3,4%, nel 2023 i prezzi sono saliti del 4,9% e gli stipendi solo del 3,2%. I conti, se si allarga lo sguardo, ancora non tornano: «Continuare a migliorare i salari è decisivo per recuperare l’erosione del 2022 e del 2023 – rileva Corna -: là dove ci sono le condizioni economiche, bisogna fare qualcosa di più nell’ambito dei rinnovi contrattuali, e una leva ulteriore è la contrattazione decentrata. Occorre poi agire anche sul versante fiscale, come fatto recentemente con la rimodulazione dell’Irpef». Toscano aggiunge un ulteriore elemento: «Bisogna superare il fiscal drag (quell’effetto per cui l’aumento dei redditi ha portato anche un aumento della tassazione per il contribuente, vanificando il beneficio, ndr): per questo chiediamo al governo un impegno per restituire quanto tolto al contribuente e per prevenire meccanismi simili in futuro». E, guardando al futuro, Salvi ricorda che «ci sono ancora un’ottantina di contratti da rinnovare, a partire dai metalmeccanici ma non solo: serve tutelare pienamente il potere d’acquisto tenendo anche in considerazione quanto avvenuto nel 2022 e nel 2023».

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