Variante indiana, dopo lo stop d’ingresso preoccupazione nell’agricoltura orobica

Sono alcune centinaia i lavoratori del Paese asiatico nelle nostre campagne. Impiegati in orticoltura e zootecnia, le associazioni: «Molti per fortuna risiedono stabilmente»

A causa della grave emergenza sanitaria in India, l’Italia ha vietato l’ingresso a tutti coloro che hanno soggiornato nel Paese asiatico negli ultimi 14 giorni. Una decisione che rischia di generare ripercussioni nel settore agricolo, visto che sono 35 mila i lavoratori indiani impegnati nelle campagne italiane, e diverse centinaia nella Bergamasca dove sono presenti su due filoni principali: zootecnia e quarta gamma con le produzioni orticole.

Le associazioni di categoria stanno monitorando la situazione, mentre fra gli operatori aleggia una certa preoccupazione. I consigli ai dipendenti sono quelli di evitare il rientro nel proprio Paese, ma la cosa certa è che per diverse settimane non arriveranno nuovi addetti.

«La presenza dei lavoratori indiani – spiega il presidente di Coldiretti Bergamo Alberto Brivio - è molto diffusa nel settore agricolo bergamasco, in particolare nel comparto orticolo e in quello zootecnico, dove svolgono tra l’altro l’attività specializzata di “bergamini” per la mungitura delle bovine da latte. Attualmente i dipendenti indiani che operano nelle aziende di Coldiretti Bergamo sono 390. Per il momento l’agricoltura bergamasca non dovrebbe risentire più di tanto del blocco da e verso l’India in quanto i lavoratori indiani sono quasi tutti dipendenti fissi e stabilmente residenti nel nostro Paese».

Chi è in Italia ha comunque parenti in India e ogni tanto rientra nel Paese d’origine per una vacanza. «In quasi tutte le unità lavorative che operano nel campo zootecnico e orticolo sono presenti operai indiani – afferma Roberto Valota, responsabile del settore lattiero-caseario di Confagricoltura Bergamo -. Spesso, quando si verificano casi di Covid-19 in azienda, ci si deve affidare alle cooperative che, manco a dirlo, hanno a disposizione quasi esclusivamente personale indiano per questi lavori. Oggi li troviamo non solo nelle grandi aziende ma anche nelle medio-piccole. La maggior parte ha iniziato con la mungitura, molti si sono poi riconvertiti alla coltivazione di ortaggi e insalata, diventando in qualche caso anche imprenditori».

Sul piano aziendale, si pensa a un piano vaccinale per limitare i rischi. In provincia di Bergamo esiste un distretto della quarta gamma, con una decina di aziende tra Albano, San Paolo d’Argon, Gorlago e Carobbio degli Angeli. «Si tratta di grandi lavoratori, disponibili anche il sabato e i festivi – commenta Cristian Bellina, socio di Orto Bellina srl, impresa molto conosciuta per l’insalata in busta, lanciata negli anni ‘90 -. La componente indiana rappresenta il 70% dei nostri 60 dipendenti e la loro disponibilità è fondamentale per il settore. Ci stiamo attivando per portare avanti un piano vaccini in azienda, con l’obiettivo di tutelarci da una recrudescenza dell’epidemia. Le continue chiusure e riaperture hanno generato un calo dei consumi, anche se la componente della grande distribuzione organizzata non è andata male. Ora attendiamo la vera ripresa con il ritorno alla piena attività di ristoranti e mercati, in modo da poterci risollevare da questa crisi. Non è il momento di avere problemi con il personale».

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