Campo largo diviso, il governo più stabile

ITALIA. Il resoconto che la presidente Giorgia Meloni ha fatto nell’aula del Senato alla vigilia del Consiglio europeo rispecchia le posizioni ormai stabilizzate del governo in politica estera e approfondisce quel solco di polemiche che divide maggioranza e opposizione su tematiche dove invece sarebbe giusto riscontrare una certa unità di orientamento dell’intero Parlamento nazionale.

Basta vedere che mentre il governo mantiene intatta la linea di sostegno anche militare all’Ucraina pur confermando che non invierà soldati sul campo, c’è un pezzo di opposizione (il M5S) che chiede perentoriamente di interrompere subito le forniture di armi a Kiev. Contemporaneamente il Pd, nel tentativo di tenere insieme tutte le anime interne, chiede a Meloni di non inseguire Trump che «sembra aver abbandonato Zelensky». Da notare che il campo largo ancora una volta non è riuscito a trovare una posizione univoca, sicché ogni partito ha presentato la propria mozione.

Era già successo quando la sinistra si divise sul piano Trump per la Palestina: «Siccome quel piano è stato accettato da tutti - ha detto Meloni -, a cominciare dai Paesi arabi, da Israele, dai palestinesi e dall’Europa, se ne deduce che se oggi fossero al governo i Cinque Stelle, l’Italia sarebbe l’unica a dire un no senza senso». Ma non basta, quando una senatrice grillina ha detto imprudentemente che «le piazze Pro Pal erano contro il governo», Meloni non si è lasciata sfuggire l’occasione: «Ecco la dimostrazione di come abbiate cinicamente strumentalizzato il dramma di un popolo per pura lotta politica interna». La stessa accusa rivolta ad Elly Schlein (non nominata), di «andare in giro per il mondo a gettare ombre sul proprio Paese quando non lo si governa nel tentativo di raggranellare qualche voto o, peggio ancora, di trovare un aiuto all’esterno per riuscire in ciò che non si è capaci di fare da soli». E il riferimento è all’intervento della segretaria del Pd all’assemblea del Pse in cui ha messo in relazione “il governo dell’estrema destra” con i pericoli della democrazia e addirittura con l’attentato della bomba a Sigfrido Ranucci.

Al di là di queste polemiche che appunto si sono incrudelite, la posizione più interessante di Meloni sul piano geopolitico è stata quando ha risposto al senatore a vita Mario Monti sulla collocazione dell’Italia nel confronto Usa-Ue. Posizione che in sintesi suona così: non si chieda al governo se «sta con Trump o con l’Europa» perché le sfide oggi coinvolgono l’intero Occidente che è forte solo quando è unito, e quando è stato possibile la presidente del Consiglio si è spesa per avvicinare le posizioni di Bruxelles e di Washington, come sul tema dei dazi. È dunque questo il modo con cui Meloni, con una certa abilità dialettica, si sottrae al dilemma in cui la vogliono costringere i suoi oppositori - o di qua o di là - e anzi intende stare sulla scena come mediatrice.

quello italiano è il governo più stabile d’Europa, la sua premier è l’unica che può contare su un vasto consenso elettorale e su una maggioranza che sa trovare la propria unità quando è necessario

È un impegno che in Europa non le viene riconosciuto apertamente ma che la premier intende testardamente implementare. Ha dalla sua un vantaggio obiettivo: quello italiano è il governo più stabile d’Europa, la sua premier è l’unica che può contare su un vasto consenso elettorale e su una maggioranza che sa trovare la propria unità quando è necessario. Basta guardarsi intorno per constatare che questo vantaggio tra i governi europei non l’ha nessun altro, ed è sulla base di questa semplice constatazione che Meloni può usare tutta la sua flessibilità (gli avversari lo definiscono opportunismo) per ricavarsi un ruolo non secondario.

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