Compromesso sui migranti, ma preoccupa l’economia

MONDO. L’accordo nel comitato degli ambasciatori Ue sul regolamento di crisi che riguarda l’ondata di migranti irregolari consente a Giorgia Meloni di segnare un punto a proprio favore: infatti il compromesso è stato raggiunto perché si è deciso di tralasciare nel testo (che ora deve passare al vaglio dei Capi di Stato e di governo e poi del Parlamento europeo, e non sarà una passeggiata) la questione delle ong.

L’Italia non voleva che le organizzazioni presenti nel Mediterraneo fossero citate come elemento positivo per affrontare la crisi migratoria. Tantopiù il tema si era avvelenato con la polemica tra Roma e Berlino sui finanziamenti di quest’ultima alle ong che operano in Italia («Solidali con i confini altrui» è stata l’espressione sarcastica di Meloni). Per questa ragione Palazzo Chigi aveva imposto uno stop alle trattative che sono riprese solo grazie alla cancellazione della questione.

Ora il governo italiano può cantare vittoria mentre il testo del compromesso (bocciato da Polonia e Ungheria, con l’astensione di Cechia, Slovacchia, Austria) provoca identiche proteste sia da sinistra che da destra. Per le prime si tratta di una normativa fatta su misura per contentare i più accaniti oppositori dell’accoglienza, per le seconde si è invece lasciata sin troppo aperta la porta. Viceversa i suoi estensori lo considerano un giusto mix tra solidarietà e responsabilità. Certo, come fanno osservare in diversi, manca l’obbligatorietà del ricollocamento degli immigrati (quindi la solidarietà resta facoltativa) anche se si stabilisce che il cittadino extracomunitario può lasciare il Paese di primo approdo per andarsene in un’altra nazione della Ue. Viene da chiedersi: e il confine di Ventimiglia?

Vista dall’interno della politica italiana, il centrodestra può dire di aver colto un importante risultato (provvisorio) lungo la strada della responsabilizzazione di tutti i partner sull’emergenza migranti. C’è però chi osserva maliziosamente che, così facendo, a Meloni viene meno un importante tema polemico sempre utile in campagna elettorale: l’egoismo dell’Europa contro un’Italia lasciata sola a sbrigarsela. Può essere come dicevamo una malizia, anche perché di «avversari» non mancano: c’è già un altro caso giudiziario che rovescia le linee guida del governo dopo che la magistrata di Catania non ha convalidato l’espulsione di tre tunisini. Per quest’ultima ci saranno il ricorso del Viminale e l’interessamento del ministero della Giustizia, per il nuovo caso si attendono reazioni. Certo la magistratura di sinistra (che peraltro con la sinistra si riunisce a convegno) resta un classico degli obiettivi polemici di Fratelli d’Italia, di Forza Italia e, ora, soprattutto della Lega.

Tre partiti che però sono alle prese con un’altra emergenza, quella economica: gli interessi dei Btp che salgono tolgono altra benzina alla manovra che il ministro Giorgetti sta preparando, sottraendo risorse alle promesse elettorali che sono state fatte. Si pensa che si potrà quasi solo prorogare ciò che è stato già deciso (taglio del cuneo fiscale per i redditi fino a 35mila euro) ma questo non farà lievitare di un solo centesimo le buste paga del 2024. E non bisogna dimenticare che in primavera si voterà per le elezioni europee. Da questo punto di vista i tre partiti alleati sono decisamente già in piena campagna elettorale. Ma se manca lo spunto polemico dell’Europa e se non si riesce a trovare le risorse per mantenere le promesse elettorali dell’anno scorso, il compito si fa arduo per Meloni, Salvini e Tajani. Ciò non toglie che i sondaggi sono ancora assai favorevoli a FdI e alla leadership della premier mentre le divisioni delle opposizioni e le polemiche tra Pd e M5S costituiscono un’autentica assicurazione sulla vita per la coalizione di maggioranza.

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